Figlio d’arte, ma autore a pieno titolo: il regista trasforma il cinema in un’esperienza sensoriale e spirituale, sospesa tra dolore, silenzio e redenzione. Un gran bell’esordio
—————————-
Siete pronti per le offerte del Black Friday di Sentieri selvaggi?
O lo si ama o lo si odia. Anemone, l’attesa opera prima del figlio d’arte e talento ormai svelato Ronan Day-Lewis – scritta a quattro mani con il padre Daniel Day-Lewis – appartiene con merito a quella categoria di film non alla portata di tutti, bensì di pochi: capaci d’andare oltre la staticità, il ritmo compassato, il minuzioso (o maniacale) lavoro sull’immagine; Ronan è pittore, e lo sguardo generato dalla macchina da presa, lo dichiara fin dai primissimi minuti. Splendida in tal senso la fotografia di Ben Fordesman – e ancora lo sbilanciamento effettivo tra ciò che la scrittura rivela e ciò che invece i corpi e i volti degli interpreti in scena scelgono, talvolta, di ottenebrare, altrimenti di illuminare.
Così che le ferite della memoria e dei cuori possano realmente parlare da sé, in dialogo con gli elementi e i suoni della natura, indissolubilmente legati a un dolore dapprima individuale e intimo e solo in un secondo momento collettivo e nazionale. Di qui in avanti, i silenzi – mai superflui o tediosi, bensì necessari e opportunamente lancinanti – spie ultime d’una rabbia, un rimosso e una violenza, ormai prossima a deflagrare.
—————————-
L’organizzazione del set – corso online dall’11 novembre
Infatti, ben oltre la questione del conflitto nord irlandese, fiamma che tutt’oggi arde, seppur sopita o pacificata nella memoria e nell’immaginario di coloro che hanno lottato, o che ad ogni modo sono sopravvissuti al lascito dei reali combattenti, definiti a loro tempo dissidenti o, peggio, terroristi – prende piede un’indagine profonda, lacerante e mai fine a sé stessa, rispetto a tutto ciò che l’abbandono familiare può effettivamente causare, tanto nei giovani, quanto negli adulti.
—————————-
Corso online di sceneggiatura, dal 17 novembre
A partire dalle inevitabili complessità genitoriali: determinate forme di dolore non possono essere lenite dalla parola, né tantomeno dal ricorso alla terapia, ma solo ed esclusivamente dalla presenza di una figura simbolo che, una volta divenuta assenza, sprofonda ogni cosa nel silenzio e nella confusione identitaria e affettiva più totale. Ancora, i nodi irrisolti dell’una e dell’altra parte, e il trauma rimosso – dunque mai opportunamente discusso, né tantomeno elaborato. Ci concentriamo sul dolore dei figli, ma se quello dei padri o delle madri fosse effettivamente ingestibile e distruttivo a tal punto da far apparire la fuga come unica ipotesi possibile?
L’opera prima da regista di Ronan Day-Lewis, il cui titolo si apre fin da subito a una lettura ambivalente – un fiore, dunque, la cui bellezza è legata fin dal principio tanto ai concetti di fragilità e abbandono quanto a quelli di speranza e tenacia – non s’accontenta affatto di porre una lunga serie di complessi interrogativi al suo pubblico, sospesi sempre tra i luoghi del filosofico e quelli dell’esistenzialismo, conducendolo perfino, e senza introduzione alcuna, negli scenari remoti della perdizione, dell’isolamento cupo e dell’ascolto mancato (e forse, in ultima battuta, ritrovato?). Ascolto che non fa mai riferimento alle svariate forme del perdono – sia che si tratti di quello fideistico, armonioso e pacificato, sia che si tratti di una conversazione in famiglia, tra anime tormentate, respingenti eppure in profonda connessione – bensì allo sguardo.
—————————————————————–
Corso di Montaggio con DAVINCI dal 28 novembre online
Ray (Daniel Day-Lewis è tornato senza essersene mai andato) e Jem Stoker (Sean Bean, alla prova di carriera) sono due fratelli che, separati dal tempo, dal dramma individuale e dalle conseguenze della lotta politica irlandese, finiscono per ritrovarsi negli spazi di una natura incontaminata, distante dalla rabbia della civiltà, seppur non esente da quella dell’anima, rimasta fin troppo a lungo in sospeso, inascoltata o, peggio, maldestramente tenuta a bada. Perché Ray è fuggito? O meglio, perché Ray deve tornare? Meglio non svelare granché. In questo Ronan si rivela magistrale, seminando con cura e pazienza i frutti e gli elementi del suo sguardo e racconto, costringendoci in quanto spettatori ad una visione ed elaborazione, capace di rispettare le medesime regole, senza mai rigettarle.
Anemone, più che farsi cinema d’autore – lo è in tutto e per tutto, e la sua volontà di contrasto e di apparente respingimento di uno sguardo altrui impreparato o, ancor peggio, disinteressato, lo dimostra con grande efficacia – muta ben presto in esperienza catartica d’immagine e di suono, attorno all’attesa di un contatto venuto meno e, ancora, di un ascolto incompreso e rifiutato, ormai prossimo a ristabilirsi.
Segue la dolorosa messa in discussione di ciò che significa “mascolinità sana” – attenzione, non virilità tossica – potenzialmente rintracciabile dalle parti d’un diner notturno e una pinta di birra rimasta in sospeso. E ancora la ricostruzione paziente di una memoria e di un corpo andato in frantumi, ingenuamente fattosi tutt’uno con la terra e gli elementi della natura che, in quanto tali, non possono far altro che manifestarsi, svelando, nella potenza magnifica, violenta e biblica d’una grandinata fuori scala – in dialogo con i linguaggi dello sci-fi e del disaster movie – tutto ciò che occorre dire sulla distanza siderale che separa gli uomini dalle bestie.
Dopo la tempesta, il silenzio e la rabbia in sospeso: la quale può condurre all’addio, e ancora alle origini. Talvolta, per ritrovarsi, occorre perdersi. E così avere qualcuno che non smetta mai di cercare. Tra il Terrence Malick di Three of Life e il Nuri Bilge Ceylan di C’era una volta in Anatolia. Fin da ora, tra gli sguardi d’autore più interessanti e anomali degli ultimi anni di cinema. S’attende il prossimo.
Titolo originale: id.
Regia: Ronan Day-Lewis
Interpreti: Daniel Day-Lewis, Sean Bean, Samantha Morton, Samuel Bottomley, Adam Fogerty, Safia Oakley-Green, Paul Butterworth, JP Conway, Mark Holgate
Distribuzione: Universal Pictures
Durata: 121′
Origine: USA, UK 2025
La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
Il voto dei lettori
3.14
(7 voti)
Articoli Correlati:
—————————-
BORSE DI STUDIO per LAUREATI DAMS e Università similari per la Scuola di Cinema Sentieri selvaggi

—————————-
taggato con adam fogerty, anemone, daniel day-lewis, JP Conway, Mark Holgate, Paul Butterworth, ronan day-lewis, Safia Oakley-Green, samantha morton, Samuel Bottomley, Sean Bean, universal pictures
—————————————————————–
UNICINEMA scarica la Guida della Quadriennale/Triennale di Sentieri Selvaggi





