di
Walter Riolfi
Le case di investimento guardano agli utili futuri, che ai tempi delle dotcom erano spesso inesistenti. E dicono che, finché i multipli non diventeranno troppo elevati, il mercato può continuare a tenere
Se diamo ascolto al britannico The Economist, l’America sarebbe prossima a una nuova bolla speculativa, «peggiore di quella che scoppiò nel 2000 con le dotcom», poiché potrebbe mandare in fumo 35 mila miliardi di ricchezza. La previsione è condivisa da un altro analista inglese, Julien Garran di MacroStrategy, secondo il quale la bolla sui titoli dell’intelligenza artificiale (Ai) sarebbe 17 volte più grande di quella di 25 anni fa e quattro volte più distruttiva di quella dei mutui subprime del 2008. Pur evitando toni apocalittici, le analisi della BoE e del Fmi concordano sul fatto che i titoli dell’Ai siano in bolla o quasi. Ma quando questa bolla sia prossima a scoppiare è questione senza risposta. Irrazionalmente alte le valutazioni possono restare a lungo, come hanno dimostrato le borse alla fine del secolo scorso. Più empirico è l’approccio degli economisti delle grandi banche d’investimento e delle società di gestione. Non siamo ancora in bolla, dice Goldman Sachs; oppure, le borse hanno ancora strada da fare, sintetizza Ubs.
Il paragone con le dotcom
Quanto lunga sia questa strada non è dato sapere, ma, seguendo il ragionamento, potremmo dire che Wall Street finirà in bolla quando le valutazioni cresceranno in maniera esorbitante, rispetto agli utili societari realizzati o semplicemente previsti. Prendiamo lo studio di Goldman dell’8 ottobre. Il paragone più appropriato resta la bolla delle dotcom. Il rapporto tra prezzo e azioni è alto dice Goldman, ma a 27 (quello dei Magnifici 7) è la metà di quanto esprimevano i sette titoli più in vista nel 2000 (52). Il cash flow è oggi nettamente superiore, come pure i margini reddituali, e molto più basso è l’indebitamento, cosicché il p/e rispetto al tasso di crescita degli utili è almeno doppio. Probabilmente siamo nelle fasi iniziali di una bolla, sostiene Goldman, ma, par di capire, il vero pericolo lo sperimenteremo solo se il Nasdaq dovesse raddoppiare in pochi mesi. Come avvenne tra agosto 1999 e marzo 2000. La svizzera Sarasin preferisce ragionare sull’indice S&P 500, poiché il p/e del Nasdaq nel 2000 (oltre 70 contro il 34 attuale) era gonfiato da una miriade di società poco redditizie.

I calcoli per arrivare vicini alla bolla
Ora l’S&P è valutato 23 volte gli utili dei prossimi 12 mesi, «non lontano dal multiplo di 25 registrato al tempo delle dotcom». A quel tempo l’economia era in condizioni decisamente migliori con il pil che cresceva oltre il 4%, contro il 2% attuale, ma il premio per il rischio azionario (Erp, ossia il rapporto tra il rendimento degli utili futuri e quello del Treasury a 10 anni) era finito parecchio sotto zero. Anche adesso è tornato a zero e lascia supporre un ritorno azionario «di appena il 4% annuo nel prossimo decennio». «Il mercato si sta muovendo verso una bolla, ma non significa che scoppierà immediatamente», conclude Sarasin. Sulla stessa linea, ma con una bella dose di ottimismo, si muove anche la svizzera Pictet. «Per portare l’indice S&P 500 a livelli di bolla speculativa sarebbe necessario un ulteriore aumento del multiplo prezzo/utili a 12 mesi oltre quota 27», sostiene. Proviamo a fare due conti. Immaginando che l’S&P cresca del 30%, a 8710, nei prossimi 9-12 mesi (ipotesi non assurda, visto che ha guadagnato il 35% negli ultimi sei mesi) e che i previsti utili dell’indice aumentino del 14% nei prossimi due anni, come suggeriscono le stime di Lseg, avremmo un p/e prospettico di 25,3, contro il 22 di oggi. Saremmo vicini alla bolla.
I tanti «se»
Ma, siccome gli utili previsti a un anno di distanza si sono sempre rivelati superiori di almeno quattro punti rispetto a quelli poi realizzati (per il 2025 sono oggi stimati in crescita del 10,9 contro il 15% dell’ottobre 2024), immaginiamo invece che migliorino solo del 10%. Fra un anno ci ritroveremmo con un p/e prospettico di 27, esattamente come nella bolla del 2000. Il limite di questi ragionamenti sta evidentemente nei troppi «se». Ma, oggi non si capisce se la crescita economica possa accelerare o ridursi nei prossimi mesi, se l’inflazione scenderà sotto il 3% (quella core è ora al 3,1%), se aumenterà la disoccupazione, se i colossali investimenti delle società Ai daranno i frutti sperati. Neppure si riesce a stimare l’effetto dei dazi, che dovrebbe farsi sentire nei prossimi mesi e, con lo shutdown americano, nemmeno abbiamo i numeri per capire come siano andate le cose nell’ultimo mese. I pochi e parziali dati che sono usciti lascerebbero intendere un lieve rallentamento della crescita, un modesto rialzo dei prezzi, meno occupati e una fiducia in leggero calo.
Utili, tasse e tassi
Ma, ancora una volta, gli utili trimestrali si stanno rivelando migliori delle attese, quantomeno quelle del mese precedente. Il Wall Street Journal nota come «l’esuberanza della borsa si fondi sull’idea che tagli alle tasse e tassi d’interesse in calo ridiano vigore all’economia». È l’idea del presidente Trump che pare esser stata calorosamente abbracciata dai piccoli investitori e in parte pure dai grandi. Ed è proprio quella che tanto preoccupa i gestori di Robeco, poiché l’ampiezza delle misure fiscali e monetarie, combinata con gli effetti negativi dei dazi (e con la turbolenza che già si nota sul mercato del credito, potremmo aggiungere) stanno creando «una pentola a pressione economica senza valvole di sfogo». Si concluderà con uno «scoppio, anche se non possiamo dire se sarà nel 2025, nel 2026 o più tardi». Nel dubbio è meglio restare investiti e cavalcare l’onda, ragiona la gran parte degli investitori: uscire troppo presto dal mercato significa rinunciare ai futuri guadagni. Vero, ma solo se c’è la presunzione di capire se la bolla sia davvero scoppiata ed essere in grado di vendere in tempo.
LEGGI ANCHE
-
Le azioni e i fondi per investire sull’intelligenza artificiale in Borsa: non solo Big tech per scommettere sul futurodi Pieremilio Gadda
-
Borse, perché sta tornando l’interesse per l’Europa: adesso i dazi americani fanno meno pauradi Walter Riolfi
-
Investire su Wall Street e le Borse europee: tre certezze e tre idee, da Big Tech ai «prezzi bassi» (e i bond)di Pieremilio Gadda e Gabriele Petrucciani
-
Wall Street corre, l’economia frena, la distanza non è mai stata così ampia: la bolla può scoppiare?di Walter Riolfi
-
Azioni, Btp, dazi, tassi, oro: sei domande e sei risposte per ripartire dopo la pausa estivadi Gabriele Petrucciani
-
Wall Street e le altre, perché le Borse continuano a salire dopo i dazi (ed è una vittoria di Trump)di Walter Riolfi
-
Wall Street corre ancora: così il mercato ignora (per adesso) le lettere e i numeri di Trumpdi Walter Riolfi
-
Wall Street oltre i dazi: da Nvidia fino alla «sorpresa» Netflix, i titoli e i fondi per correredi Francesca Monti
-
L’euforia spinge Wall Street ai massimi. Perché la corsa dei mercati non riflette l’economia reale?di Walter Riolfi
-
Wall Street verso i massimi storici: ma pesano le mille incognite del dollaro (sempre) più deboledi Walter Riolfi
10 novembre 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA
