«La casa è allo stesso tempo rifugio e prigione, protezione e limite. La casa è un’immagine della nostra condizione: luogo del radicamento, ma anche soglia verso l’ignoto». Con una citazione di Octavio Paz da “Il labirinto della solitudine” Francesco Zanot introduce la settima biennale di Foto Industria, la manifestazione promossa da Fondazione Mast che sino al 14 dicembre invaderà pacificamente Bologna con dieci mostre (tutte a ingresso gratuito) sotto il titolo “Home”. E non poteva essere più attuale questa Biennale di fotografia affrontando una delle questioni più scottanti della cronaca, perché se avere un tetto sopra la testa è un diritto in realtà per molti è un lusso.

L’opera di Jeff Wall, “Volunteer”, 1996 (credit  Jeff Wall. Courtesy: Glenstone Museum)

L’opera di Jeff Wall, “Volunteer”, 1996 (credit  Jeff Wall. Courtesy: Glenstone Museum)

 

Foto Industria prende quindi il pubblico per mano e lo conduce in un viaggio lungo la storia, tra passato e presente, nelle grandi città e nei piccoli borghi per capire che la casa in fondo è il paradigma di noi stessi. «In queste mostre si parla naturalmente di architettura, del costruire perché la casa è innanzitutto uno spazio fisico ma questo è solo il punto di partenza perché le abitazioni sono anche un prolungamento del nostro corpo, sono uno spazio affettivo, un insieme di oggetti, ricordi, atmosfere – spiega Zanot – E ancora allargando ancora di più la visione la casa corrisponde al luogo a cui sentiamo di appartenere».

Al Mast la personale di Jeff Wall

Idealmente questo viaggio intorno al mondo può iniziare proprio al Mast che ospita la personale di Jeff Wall, “Living, working, surviving”, curata da Urs Stahel e aperta fino all’8 marzo. L’artista canadese in questa occasione propone una trentina di opere realizzate tra il 1980 e il 2021, tra le sue famose lightbox di grande formato e le più tradizionali stampe.

Possono apparire istantanee di vita quotidiana ma in realtà sono immagini costruite in maniera cinematografica dall’artista utilizzando comparse o attori. Il viaggio prosegue poi in diversi palazzi e musei del centro storico in un percorso in cui la fotografia di non essere solo un mezzo per documentare la realtà ma di essere un linguaggio che si adegua alla poetica dell’artista, diventando evocativo più che descrittivo, lasciandosi manipolare in montaggi e collage.

Le altre mostre

Alla Fondazione del Monte in via delle Donzelle, “Microcosmo Sinigo”, riporta l’indagine di Sisto Sisti, ferrarese di origini morto a Merano nel 1981, fotografo e operaio in un’epoca condizionata fortemente dal regime fascista.

Alla Pinacoteca si ripercorre l’opera di Ursula Schulz-Dornburg “Some homes” che riprende diverse tipologie abitative in paesi differenti, dall’Indonesia alla Turchia, dall’Azerbaijan alla Georgia. Al Mambo si vede la retrospettiva dedicata a Moira Ricci “Quarta casa” dove il tema dell’abitazione richiama memorie private e collettive.

Palazzo Bentivoglio ospita la personale di Matei Bejenaru, “Prut”, il fiume che separa la Romania dalla Moldavia sulle cui sponde il fotografo ha incontrato una società ancora fortemente radicata nella cultura rurale. In via Mascarella 2, a Palazzo Bentivoglio Lab, è allestita “Looking for Palestine” del collettivo Forensic Architecture che documenta l’allontanamento dei palestinesi dai loro villaggi tra il 1947 e il 1949.

E sono tre le mostre al Collegio Venturoli: “My Dream House is not a House” di Julia Gaisbacher, su un complesso residenziale di Graz; “Popihuise” del giovane Vuyo Mabheka che utilizza la tecnica del collage; “Södrakull Frösakull”, progetto di Mikael Olsson sull’architetto modernista Bruno Mathsson.

Infine Alchemilla a Palazzo Vizzani ospita “A Small Guide to Homeownership”?di Alejandro Cartagena, sulle trasformazioni della città di Monterrey, mentre a Palazzo Carbonesi Kelly O’Brien presenta il progetto “No Rest for the Wicked”, incentrato sulla vita della madre e della nonna. Info: mast.org.