di
Salvatore Mannino

Il velivolo è stato individuato sul versante aretino, nei boschi di Badia Tedalda, in un canalone impervio. L’elicottero era scomparso dai radar domenica pomeriggio dopo un messaggio mandato da Paglicci alla figlia in cui parlava di avaria

È stato individuato nella mattinata l’elicottero disperso da domenica pomeriggio a bordo del quale viaggiavano Mario Paglicci, 77 anni, noto imprenditore orafo aretino, e Fulvio Casini, anche lui imprenditore ma di Sinalunga. 

Il relitto si trova in un canalone impervio nel comune di Badia Tedalda, nei pressi del lago di Montedoglio:  il velivolo è distrutto e bruciato.



















































Le squadre sono arrivate fino al relitto, ma prima di guardare dentro e vedere se ci sono i corpi dei due uoomini, stanno mettendo in sicurezza l’area intorno. Si tratta di una zona scoscesa, faticosa da raggiungere, quasi sulla vetta dell’Alpe della Luna, in comune di Badia Tedalda, poco lontano c’è un pianello. 

Non si capisce ancora se i due uomini che erano a bordo del velivolo, di cui si erano perse le tracce domenica, abbiano tentato di raggiungere un atterraggio di emergenza e siano caduti prima oppure se siano precipitati.

Sul posto due elicotteri dei vigili del fuoco e dell’aeronautica militare e le squadre di terra del 118, ancora dei vigili del fuoco, dei carabinieri e del Soccorso Alpino.

L’Agusta Westland 109, di proprietà di Paglicci e Casini, faceva base al centro di volo “Serristori” di Castiglion Fiorentino, un’aviosuperficie privata nella pianura della Valdichiana. Di là i due amici erano partiti domenica mattina per una puntata di piacere a Venezia, ma lì il velivolo non è mai rientrato, come da piano di volo che prevedeva l’atterraggio nel pomeriggio.

Intanto l’Agenzia nazionale per la sicurezza del volo ha avviato un’inchiesta di sicurezza  ed ha disposto l’invio, nella zona dell’incidente, di un proprio team investigativo per la raccolta di evidenze utili all’indagine.

L’allarme

Il primo allarme sui problemi in all’elicottero sarebbe partito dalla figlia di Paglicci: il padre le avrebbe inviato un messaggio in cui si parlava di un’avaria al motore che rendeva critico il volo dell’elicottero. 

Poi più niente, nessun contatto: l’ultimo sarebbe avvenuto mentre avveniva il sorvolo di Badia Tedalda, ultimo comune della provincia di Arezzo, ma il velivolo avrebbe poi proseguito il suo cammino per alcuni chilometri, fino ad entrare nelle Marche. 

A Borgo Pace alcuni testimoni raccontano di aver sentito nel buio un boato e di aver visto subito dopo un bagliore.

«Sono serena perché lo zio Mario è scomparso con il suo sogno: il suo amato elicottero. Adorava volare sempre più in alto nella vita e nel lavoro. È stato un maestro di vita. È ora nostro dovere morale proseguire a volare e sognare con lui», scrive in un nota Alessandra, la nipote di Mario Paglicci.  «Mio zio – continua la nipote – ha superato negli anni tante malattie molto gravi. Era attaccatissimo alla vita e le aveva sconfitte tutte con una forza indicibile. Ha deciso di lasciarci inviandoci un video in cui sorrideva dentro il suo elicottero con il pollice alzato mentre ripartiva da Venezia. Ci ha lasciato con il sorriso e l’ottimismo che solo un grande imprenditore può possedere».

Chi è l’imprenditore orafo Mario Paglicci

Un appassionato di volo a tutto tondo, uno che usava l’elicottero come un comune mortale va in auto, ma anche e soprattutto un pioniere dell’industria orafa aretina, la più importante d’Italia. Mario Paglicci, 77 anni, la gran parte dei quali dedicati all’azienda di famiglia, divenuto un gruppo di importanti dimensioni, è stato inghiottito dal silenzio mentre insieme all’amico e collega imprenditore Fulvio Casini, 67 anni, di Sinalunga, stava dando sfogo al suo hobby preferito, l’elicottero, quello precipitato sulle montagne fra Toscana e Marche.

Una tragedia che ha scosso il mondo degli orafi aretini, oltre mille aziende nel distretto dei gioielli più importante d’Italia e d’Europa, dei quali Mario Paglicci era uno degli esponenti principali. Classe 1948, aveva cominciato quando non aveva neppure vent’anni, fondando col fratello Giancarlo, la Gior, una delle tante sigle nate in quel periodo effervescente in cui le imprese del settore nascevano come funghi, quasi per gemmazione dalla capostipite, la UnoAerre, i cui uomini migliori tentavano la strada di mettersi in proprio.

Nei vent’anni successivi la Gior cresce e si afferma, sotto la guida dei fratelli Paglicci, imprenditori capaci e lungimiranti, fino a diventare nel 1985 la Gimet, primo passo di una holding, la Paglicci Group, che attualmente controlla quattro sigle industriali, la Gimet stessa, la Gimet Brass, specializzata nella bigiotteria, la Gidue e la Gimar. Inizialmente l’attività principale è la produzione di gioielli in oro e argento anche se poi è quest’ultimo a diventare l’oggetto principale di lavorazione. Con un fatturato di molte decine di milioni, il gruppo è ora uno dei principali del distretto ed è noto anche per la politica promozionale che l’ha portato a investire in sponsorizzazioni, anche nell’Arezzo calcio, squadra attualmente sulla cresta dell’onda e in lotta per la promozione in serie B.

Sposato due volte (la seconda per la morte della prima moglie), Mario Paglicci aveva da tempo ceduto la guida operativa dell’azienda ai figli Gianluca e Maria, col primo che dal padre ha ereditato la passione dei motori e del rischio: negli anni ’90 è stato un importante pilota di Formula 3 e Formula 3000, con prestigiosi risultati sportivi alle spalle.


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10 novembre 2025 ( modifica il 10 novembre 2025 | 17:09)