Rosso, giallo, verde: te lo insegnano a scuola guida come funziona un semaforo. Da oltre un secolo è così e nessuno ha mai pensato di riscrivere le regole. Peccato (o fortuna) che il mondo vada avanti e con le ultime tecnologie anche il dispositivo è forse sul punto di cambiare. Nelle giungle urbane dette città, i veicoli sono mutati radicalmente e il vecchio codice rischia di apparire obsoleto, perciò alcuni ricercatori sono sul punto di introdurre una quarta luce, bianca.

Qual è il suo scopo

Se tutto è filato liscio fino ai giorni nostri, cosa spinge alla svolta? Un team di studiosi della North Carolina State Università, guidato da Ali Hajbabaie, crede nelle potenzialità della proposta, pubblicata su IEEE Transactions on Intelligent Transportation Systems. Tra le pagine viene spiegato come il sistema potrebbe adattarsi all’arrivo dei veicoli autonomi, rendendo il traffico più efficiente. Almeno in un primo momento, riguarderebbe unicamente l’America, tuttavia, in caso di risposte soddisfacenti, nessuno esclude che il concept possa essere esportato altrove, magari pure in Europa.

L’idea a monte è talmente semplice (sulla carta) da far chiedere perché nessuno ci abbia pensato prima: se le auto “intelligenti” sapranno comunicare tra loro in prossimità di un incrocio, potrebbero anche comunicare le loro intenzioni al semaforo, ed ecco l’intuizione della luce bianca. Che non vorrebbe dire né “fermati”, “vai” o “aspetta”, semmai rappresenterebbe un invito per i conducenti umani a seguire il mezzo davanti, in quanto sarà quest’ultimo a decidere.

La fase in questione, già ribattezzata “white phase”, lascia ai veicoli autonomi il compito di parlarsi, organizzarsi e coordinarsi come parte di un sistema distribuito. In una rete collettiva, i CAV (Connected Autonomous Vehicles) deciderebbero chi passa e quando, mentre i guidatori in carne e ossa dovrebbero giusto adeguarsi alle indicazioni.

I risultati dei test

In ottica reale, ci muoviamo nel campo delle suggestioni. Del resto, la messa in atto del lavoro non sembra una priorità, frenata dalla scarsa diffusione delle auto autonome e dall’infrastruttura vecchia. Se ci aggiungiamo le lungaggini legislative e burocratiche è piuttosto facile prevedere che serviranno anni prima di assistere a dei concreti sviluppi, nonostante Elon Musk scommetta parecchio sui robotaxi.

Ma i test virtuali dicono che funziona: la presenza del bianco riduce i tempi di attesa agli incroci tra il 3 e il 94% e il sistema nel complesso diventa quasi due volte più efficiente. Numeri enormi, in un contesto dove anche pochi secondi fanno la differenza. Il modello prevede anche un meccanismo flessibile, infatti, nel caso in cui i CAV non siano abbastanza, si tornerebbe subito alla modalità classica, ma non basta aggiornare il software delle auto: secondo i ricercatori, il 75% degli impianti andrebbe rifatto da zero. Un investimento enorme, difficile da giustificare in tempi brevi.

E poi sussiste una questione di fiducia. Spingere un automobilista a “seguire” una macchina senza pilota ha tutti i crismi dell’impresa con la mentalità attuale, forgiata da decenni al volante. Rosso, giallo, verde: la gente lo sa a memoria. Bianco? È un salto culturale prima ancora che tecnologico.