di
Giorgio Terruzzi
Entrambe le rosse costrette al ritiro, Charles senza colpe mentre per Lewis le responsabilità non mancano. E la classifica costruttori dice quarto posto…
Hanno vinto in tre. Norris, ovviamente e soprattutto, davanti a tutti per l’intero weekend brasiliano, in testa adesso con margine nel Mondiale. Più 24 su Piastri, con tre gare per chiudere una partita data per persa solo un mesetto fa. Poi Antonelli, secondo con testa e cuore; poi Verstappen, terzo dopo partenza dalla pit-lane, capace di smentirci ancora una volta perché dimentichiamo quanto sia mostruoso il suo talento. Una gara caotica, intensissima, con due sconfitti eccellenti: Piastri, solo quinto, penalizzato per una staccata kamikaze dopo la ripartenza dietro safety car che ha rischiato di buttar fuori il nostro Kimi, che ma messo k.o. Leclerc; la Ferrari, con entrambe le macchine ritirate, retrocessa al quarto posto nel Mondiale costruttori per una immagine di sapore opposto a quella fornita dalla rossa vincitrice del Mondiale Endurance, sabato.
«Ho ignorato tutti quelli che dicevano cavolate su di me», ha spiegato Lando alla fine di un weekend perfetto. Raccontando una mezza bugia perché lui, per primo, ha accennato ripetutamente ai propri imbarazzi emotivi lungo una stagione che l’aveva visto perdere spesso e male il confronto con un compagno più giovane, meno esperto, all’apparenza più attrezzato per sguazzare dentro piste ad alta tensione. Un dualismo ribaltato in questo finale, stracolmo di errori del ragazzo australiano i cui nervi sono umanissimi, altro che acciaio.
Antonelli. Beh, commovente perché tra tutti questi bambini da F1 è quello che più di altri conserva i tratti, i gesti, la semplicità dei bimbi. Ha 19 anni, è già una promessa mantenuta. A Interlagos ha rischiato grosso chiudendo troppo Piastri che tentava un sorpasso impossibile; ha avuto fortuna a uscire dal contatto con la sua Mercedes intatta che, nella collisione, è finita contro la Ferrari di Leclerc, pure lui all’attacco, stessa curva, all’esterno che non ha avuto dubbi nell’accusarlo: «Poteva lasciare più spazio, sono furibondo. La responsabilità in quell’episodio non è soltanto di Oscar, Kimi ha fatto la curva come se non ci fosse nessuno». Non solo: una resistenza nei confronti di Verstappen, nei giri finali, che esalterebbe una vecchia lenza, lo scaraventa al centro della scena nel posto più amato dal suo idolo, Senna.
Antonelli era andato a trovarlo, nel cimitero verdissimo di Morumbi, e Ayrton deve averlo ispirato, sostenuto dentro un giorno memorabile. Il suo sorriso è quello di un figlio da adottare all’istante, riempie di gioia noi tutti, appassionati italiani, in attesa permanente di analoghe soddisfazioni ferrariste: «Prima del via avevo le farfalle nello stomaco. Una gara che mi dà una bella carica per quelle che arriveranno. Sono riuscito a mantenere la calma, non so veramente da dove sbucasse Verstappen».
Max, beh, che dire. Gli esclamativi sono finiti ed è infinita la sua voglia, anche quando la situazione pare disperata. Un tritatutto che macina avversari, record sul giro, ogni avversità. È a -49 punti da Norris ma il migliore, non c’è verso, resta lui. In molti hanno brillato con macchine per nulla speciali: Bearman, l’altro baby placcato argento vivo, sesto con la Haas, Lawson, eroico con la Racing Bulls; sono scomparsi i nostri. Charles senza colpa; Hamilton con molte responsabilità. Partiva dietro, ha dato e preso un sacco di botte, con annessa penalità, si lamenta in continuazione. È che dopo 21 gare colme di parole e sprovviste di brio, diventa difficile evitare di lamentarci di lui. Lo diciamo con dispiacere. Ma insomma, c’è un campionissimo che non ce la fa a comportarsi da campione.
10 novembre 2025
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