La grazia, l’eleganza, il buon gusto di Antonello Falqui. Sintetizzare l’opera di Antonello Falqui, che ha lavorato ininterrottamente in Rai dal 1953 al 1990, firmando 750 trasmissioni (se non di più) condensati, per la maggior parte, in 55 cicli di trasmissioni che hanno fatto epoca, dal «Musichiere», alle «Canzonissima», agli «Studio Uno» (compresa la Biblioteca!), a «Teatro 10», a «Milleluci» fino ad «Al Paradise» e all’ultimo «Cinema che follia», non è semplice (Rai1).
Ci ha provato Fabrizio Corallo con il documentario «Le mille luci di Antonello Falqui», il regista che ha trasformato il varietà televisivo in arte. Con preziosi materiali d’archivio e le testimonianze dirette di protagonisti e amici come Gianni Morandi, Christian De Sica, Carlo Verdone, Renzo Arbore e altri, Corallo ha tentato di restituirci il ritratto del più grande regista televisivo italiano (oggi che la regia non esiste più, o quasi), il primo a non credere che il linguaggio televisivo fosse un surrogato di quello teatrale o cinematografico.

Ha avuto la fortuna di attraversare quel momento aurorale in cui si inventano le cose, o in cui le cose accadono per la prima volta, ma ha anche avuto la bravura di inventarsi una grammatica costruita sulla leggerezza, sull’ironia e sull’eleganza.
Amava ripetere: «Odio tutto ciò che è casuale, fortuitamente lasciato agli eventi, fuori dell’orbita del pensiero. Accanto all’esigenza di accontentare il pubblico nei suoi desideri, ci deve essere anche una volontà di stimolo al buon gusto, a un minimo di senso critico». Il suo capolavoro è stato «Studio uno». Mentre Torino celebrava con «Italia 61» il centenario dell’unità d’Italia, gli italiani scoprivano le gemelle Kessler e il Dadaumpa. Falqui e Guido Sacerdote erano stati negli Usa, avevano visto spettacoli nuovi, volevano proporli in Italia.
Non c’era più bisogno di scenografie sfarzose, gli artisti si muovevano su fondali fatti di grandi spazi bianchi. La telecamera poteva così far risaltare meglio i corpi delle ballerine, degli ospiti, dei conduttori; si cominciava in questo modo a ragionare in termini di linguaggio televisivo.
La cosa più moderna, sconvolgente proposta dalla Rai.




















































10 novembre 2025