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Dopo anni di lavori il Museum of Western African Art (Mowaa) di Benin City, in Nigeria, avrebbe dovuto aprire al pubblico martedì. Non succederà: domenica, durante un evento di presentazione a cui stavano partecipando giornalisti, finanziatori, diplomatici e turisti da varie parti del mondo, un gruppo di circa una ventina di uomini, alcuni armati con dei bastoni, ha iniziato a protestare costringendo la direzione del museo a cancellare l’evento e a posticipare l’inaugurazione a una data da definirsi.

Non è la prima volta che il Mowaa finisce al centro di proteste, anzi: il museo ha avuto problemi sin dalla sua ideazione, nel 2020, per una disputa complicata che riguarda il governo locale, un antico regno dell’odierna Nigeria, i paesi occidentali e centinaia di manufatti rubati.

Fortemente voluto dall’allora governatore dello stato nigeriano di Edo, Godwin Obaseki, il museo era stato pensato per ospitare i famosi bronzi del Benin, cioè una serie di opere d’arte di vario genere rubate dalle truppe britanniche durante il periodo coloniale e che in parte sono state riportate in Nigeria negli ultimi anni.

I cosiddetti “bronzi” – che in realtà sono placche, ornamenti, corna d’elefante, strumenti cerimoniali, e molto altro – appartenevano all’antico regno del Benin, che governò la Nigeria meridionale tra il Tredicesimo e il Diciannovesimo secolo (non ci sono legami con il Benin, lo stato a ovest della Nigeria). Vennero rubati dal palazzo presidenziale di Benin City nel 1897, quando i britannici invasero la città e la saccheggiarono per rappresaglia contro l’uccisione di alcuni coloni. Di fatto, quando vennero sottratti i manufatti erano di proprietà dell’Oba, cioè la figura politica più importante del regno del Benin, paragonabile a quella di un sovrano europeo.

Anche dopo la dichiarazione d’indipendenza della Nigeria dal Regno Unito, avvenuta nel 1960, il regno del Benin non è tornato a essere uno stato indipendente: l’Oba continua a ricoprire un ruolo istituzionale, simile a quello di consigliere del governo, ed è considerato rappresentante della popolazione Edo nel paese.

Dopo la razzia britannica i “bronzi” finirono sparsi nei musei e nelle collezioni private di vari paesi occidentali. La Nigeria provò a ottenerne la restituzione per decenni dopo l’indipendenza, a lungo senza risultati. La situazione si sbloccò solo nel 2020: un po’ perché in quel periodo il dibattito sulle responsabilità occidentali nel colonialismo aveva trovato nuova forza, un po’ proprio perché la Nigeria annunciò di voler costruire il Mowaa. Il progetto entusiasmò talmente che il Mowaa ricevette grosse donazioni da vari governi e istituzioni, tra cui il British Museum di Londra e i governi di Francia, Germania e Danimarca.

Alcuni pezzi rubati dai coloni britannici al regno del Benin, esposti al British Museum di Londra, 23 agosto 2023 (Photo by Leon Neal/Getty Images)

La restituzione dei bronzi, sebbene auspicata per decenni, poneva però un problema: a chi andavano ridati? Il legittimo proprietario era il governo federale nigeriano, che voleva esporli al Mowaa, o Ewuare II, cioè l’attuale Oba del regno del Benin, che invece insisteva per portarli in musei e collezioni private, anche fuori dalla Nigeria? La questione fece nascere da subito delle proteste contro il museo, soprattutto tra i sostenitori dell’Oba, che vedevano l’esposizione delle opere al Mowaa come un affronto all’eredità del regno del Benin.

Nel 2023 il presidente nigeriano decise infine di lasciare la proprietà dei bronzi all’Oba. Diverse istituzioni occidentali storsero il naso, preoccupate della fine che avrebbero potuto fare i “bronzi” in mano privata, e in alcuni paesi ci furono anche proteste organizzate dalla politica, spesso motivate da posizioni razziste. Vari governi però procedettero alla restituzione, e ora molti di questi manufatti sono tornati in mano all’Oba.

La vicenda costrinse il Mowaa a reinventare il suo scopo, concentrandosi sulla promozione dell’arte dell’Africa occidentale invece che sull’eredità artistica del popolo Edo e del suo antico Regno. Martedì per esempio avrebbe dovuto aprire con un’esposizione presentata l’anno scorso alla Biennale di Venezia, «Immaginario Nigeria: tornando a casa», con opere di artisti e artiste della diaspora nigeriana.

– Leggi anche: Di chi sono le cose antiche nei musei?

Nel frattempo però il governatore dello stato di Edo è cambiato e da Obaseki, molto favorevole alla costruzione del museo, l’incarico è passato a Monday Okpebholo, che la pensa diversamente. Politicamente Okpebholo è molto più vicino all’Oba: sostiene che il museo sia stato un’opera inutile e costosa, costruita su un terreno di proprietà pubblica dove prima sorgeva un ospedale, e che Obaseki abbia fatto troppe concessioni alla proprietà senza ottenere abbastanza in cambio. Contesta anche i fondi spesi dal governo locale per il progetto, equivalenti a circa 2 milioni di euro.

«Inizialmente il nostro piano era di demolirlo del tutto» ha detto un portavoce del governo locale al New York Times. Ora sembra che vogliano solo recuperare alcune parti del terreno per farci delle strutture sanitarie. Anche tra i residenti ci sono persone contrarie alla sua apertura, soprattutto tra i sostenitori dell’Oba e di Okpebholo.

Il curatore, Philip Ihenacho, ha detto che spera che le polemiche si placheranno quando i visitatori potranno effettivamente entrare nel museo. L’ingresso costerà l’equivalente di 2 euro per i residenti, e circa 13 per gli stranieri.