La mostra si chiama “Alice non ha paura”, e già nel titolo c’è una promessa di resistenza. Ventiquattro artisti, ventiquattro sguardi sul dolore e sulla rinascita, ventiquattro modi diversi di dire che la paura si può trasformare in forza. Un filo rosso che attraversa le sale del Quarto della Marchesa, a Palazzo d’Avalos, a Vasto. Non è solo un’allusione simbolica: è una linea che unisce.

Curata da Ilaria Centola, l’esposizione – visitabile dal 14 al 30 novembre 2025 – nasce in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, e si inserisce in un progetto più ampio di impegno civile portato avanti dalla Città di Vasto e dall’Associazione Dafne ETS, che gestisce il Centro Antiviolenza DonnAttiva. Ma qui l’istituzione si piega alla vita. Le opere respirano. Raccontano.

C’è chi disegna il silenzio, chi scolpisce l’assenza, chi lascia che il corpo parli attraverso le ferite, la pelle, i segni del tempo. “L’arte non dà soluzioni, ma interroga, provoca, illumina ciò che spesso resta nascosto o ignorato” dice la curatrice Ilaria Centola, accompagnando i visitatori in un rito di consapevolezza. “Non credo che l’arte possa cambiare il mondo da sola – continua – ma credo profondamente che possa cambiare le persone. E le persone, a loro volta, cambiano il mondo.”

Cinque i capitoli che costruiscono il percorso: Il Silenzio e l’Invisibilità; Il Corpo Ferito, il Corpo Violato; La Voce che Rompe; Resistenza e Rinascita; L’Arte come Testimone e Azione. Sono le tappe di un viaggio che comincia nel buio e finisce nella luce.

La lista di artiste e artisti è un mosaico di talenti che, con linguaggi diversi – da Isobel Blank ad Antonella Casazza, da Florencia Martinez a Gabriella Kuruvilla, da Max Marra ai Mistiche Nutelle – offrono la propria interpretazione, la propria denuncia, la propria visione di una realtà troppo spesso taciuta. Ogni opera è un frammento di un discorso più ampio, una tessera di un puzzle che compone la complessa anatomia della violenza e, soprattutto, le strade verso la guarigione e il riscatto.

Gli artisti – Isobel Blank, Antonella Casazza, Humberto Cazorla, Carolina Cuneo, Sabrina D’Alessandro, Gianni De Paoli, Roberta Gatto, Barbara Grossato, Marc Vincent Kalinca, Gabriella Kuruvilla, Giovanna Lacedra, Max Marra, Florencia Martinez, Mistiche Nutelle (Oscar Baccilieri, Vittorio Dario Brocadello, Mauro Luccarini, Maurizio Mantovi, Adriano Tetti), Michele Penna, Quena, Paolo Saladini, Livia Spinolo, Diego Tomasoni, Federica Zianni – diventano così parte di un unico coro, un ensemble di voci che non si sovrappongono ma si amplificano a vicenda. Nel silenzio delle sale, ogni opera è una domanda lanciata al mondo. Una tela lacerata, un volto che scompare, un corpo che si ricompone.

“Sensibilizzare attraverso l’arte significa toccare corde profonde, usare linguaggi che parlano a tutti, oltre la parola e oltre la cronaca. È un modo per creare empatia, per smuovere la coscienza.”

E mentre si cammina tra le opere, si percepisce la continuità tra l’arte e il lavoro silenzioso del Centro Antiviolenza DonnAttiva, che ogni giorno accoglie, ascolta e accompagna donne che cercano di uscire dal buio. La mostra, in fondo, è anche un atto di restituzione: alla comunità, alla memoria, alla speranza.

Il 14 novembre alle 17, il percorso si aprirà con una live performance di Florencia Martinez, che trasformerà l’inaugurazione in un’esperienza condivisa, dove arte, corpo e musica si fonderanno in un linguaggio unico. Alla fine, sulla parete più luminosa, resta una frase sospesa, come una soglia da attraversare: “Libertà è vivere senza paura.” E in quel momento, ogni spettatore capisce che Alice, in realtà, siamo tutti noi.