Negli anni Ottanta il cinema americano cominciava a interrogarsi sul rapporto tra tecnologia e potere, in un’epoca in cui i computer entravano nelle case e l’idea di una rete globale sembrava ancora fantascienza. Erano anni di Guerra Fredda, di paura nucleare e di crescente fiducia nella scienza come arma di difesa. Ma dietro quell’entusiasmo per il progresso si nascondeva un dubbio: cosa succede quando le macchine imparano a pensare da sole, e l’uomo non ha più il controllo?
Nel 1983, un film riuscì a dare forma a questa domanda come nessun altro. WarGames – Giochi di guerra, diretto da John Badham e interpretato da Matthew Broderick, raccontava la storia di un ragazzo che, per sbaglio, si introduceva nei sistemi informatici della difesa statunitense e rischiava di scatenare una guerra nucleare. Quarant’anni dopo, il film appare come un’anticipazione inquietante di molte delle sfide del nostro presente: la diffusione di internet, la vulnerabilità delle reti e l’idea stessa di una guerra combattuta non più con le armi, ma con la tastiera.
All’epoca l’informatica era un mondo per pochi. I modem a linea telefonica, le prime reti locali, la curiosità verso i computer casalinghi erano segnali di un futuro ancora nebuloso. Eppure WarGames metteva già in scena un concetto che oggi ci appare ovvio: la connessione tra macchine in grado di comunicare, scambiarsi dati e, soprattutto, essere violate. Il protagonista David Lightman entra nel sistema militare credendo di aver trovato un gioco, ma in realtà si collega a un supercomputer, il WOPR, progettato per simulare scenari di guerra. È il primo grande racconto cinematografico di un accesso remoto, di un “login” ante litteram che diventa incidente globale.
Il film introduce anche un tema che negli anni successivi avrebbe dominato il dibattito tecnologico: la sicurezza informatica. L’hacking, rappresentato come curiosità e gioco, si rivela un atto potenzialmente catastrofico. Oggi, quando si parla di cyberattacchi, di infrastrutture sensibili e di spionaggio digitale, è impossibile non riconoscere in WarGames la radice culturale di quella paura collettiva. La macchina che impara da sola, che calcola scenari e sostituisce l’uomo nelle decisioni strategiche, è una prefigurazione diretta del dibattito attuale sull’intelligenza artificiale e sull’automazione militare.
L’impatto del film non fu solo cinematografico. Fonti ufficiali raccontano che persino il presidente Ronald Reagan, dopo averlo visto, chiese un rapporto sulle vulnerabilità dei sistemi informatici nazionali, un passo che portò alla stesura del Computer Fraud and Abuse Act del 1986, prima legge federale americana sulla sicurezza digitale. Rivisto oggi, WarGames è più che un classico della fantascienza tecnologica: è il primo avvertimento sul potere delle reti e sulla fragilità della nostra dipendenza dai computer. Nella sua semplicità da teen movie anni Ottanta, il film aveva già intuito che il futuro non sarebbe stato una guerra tra nazioni, ma tra uomini e le macchine che loro stessi avevano costruito.
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