Dopo i recenti decessi fatti registrare anche in Italia, si parla sempre di più di West Nile, un virus della famiglia dei Flaviviridae isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda, proprio nel distretto West Nile, da cui prende il nome. Lo segnala l’Istituto Superiore di Sanità che specifica come il virus sia particolarmente diffuso in Africa, Asia occidentale, Europa, Australia e America. E come i serbatoi del virus stesso siano principalmente gli uccelli selvatici e le zanzare, “più frequentemente del tipo Culex, le cui punture sono il principale mezzo di trasmissione all’uomo”. Ma quali sono i sintomi da non sottovalutare e quando è necessario effettivamente recarsi in ospedale?
Il contagio
A rispondere a queste ed altre domande sul tema, intervistato dal “Corriere della Sera” è stato Carlo Federico Perno, responsabile dell’Unità di Microbiologia all’Ospedale Bambino Gesù di Roma, secondo cui l’aumento recente dei casi può essere dovuta ad una “serie di casualità che non riguardano il caldo o la quantità di zanzare, ma piuttosto la presenza di uccelli selvatici, serbatoi naturali del virus”. Come sottolinea anche l’Iss, “la febbre West Nile non si trasmette da persona a persona tramite il contatto con le persone infette” ed è particolarmente difficile questo processo possa modificarsi anche perché “il virus ha una trasmissibilità non fortissima, al contrario di Sars-CoV-2. Serve una buona quantità di sangue infetto per provocare un contagio attraverso la zanzara-vettore. O attraverso, per esempio, una trasfusione”, ha riferito ancora Perno, spiegando anche che, ad oggi, “non c’è evidenza della trasmissione attraverso rapporti sessuali”.
I sintomi e quando effettuare accertamenti in ospedale
Sempre secondo l’Istituto Superiore di Sanità “la maggior parte delle persone infette non mostra alcun sintomo”. Fra i casi sintomatici, circa il 20% invece “presenta sintomi leggeri come febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati, sfoghi cutanei”. Si tratta di sintomi che possono durare “pochi giorni, in rari casi qualche settimana, e possono variare molto a seconda dell’età della persona”. Nei bambini è più frequente una febbre leggera, nei giovani la sintomatologia è caratterizzata da febbre mediamente alta, arrossamento degli occhi, mal di testa e dolori muscolari. “Negli anziani e nelle persone debilitate, invece, la sintomatologia può essere più grave”, spiegano gli esperti. E nei soggetti sani, si può sviluppare una forma grave? Secondo Perno non si può escludere l’eventualità, “anche se l’evoluzione della malattia con encefalite è molto rara e colpisce di preferenza i soggetti fragili. Finora la mortalità ha riguardato persone anziane immunodepresse o con patologie, ma bisogna restare vigili”, ha ribadito ancora. Nella maggior parte dei casi, conferma anche l’esperto del Bambino Gesù, “i sintomi sono assenti o molto lievi, ma in presenza di febbre alta o sintomi neurologici centrali, come convulsioni, sonnolenza, disturbi della vista, bisogna andare in ospedale e sottoporsi al test. Questo vale per adulti e bambini, anche se finora non risultano casi infantili gravi”. Possono verificarsi “gastroenterite, disturbi respiratori o cutanei”. Se si hanno sospetti, aggiunge Perno, “è bene sottoporsi ad accertamenti negli ospedali, che poi inviano il campione ai Centri abilitati”.
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