È un’immagine preoccupante, che purtroppo sta diventando sempre meno inusuale nei centri per la cura del diabete di tutto il mondo: sono sempre più numerosi i giovani e persino gli adolescenti ai quali viene diagnosticato il diabete di tipo 2, una condizione una volta definita dell’adulto, se non addirittura dell’anziano. E i dati presentati agli ultimi congressi di diabetologia internazionali, da quello americano (ADA) a quello europeo (EASD) descrivono un quadro allarmante: l’incidenza del diabete di tipo 2 in età giovanile è in aumento esponenziale in tutto il mondo. E l’Italia non fa eccezione.
I rischi
«Stiamo assistendo ad una traslazione dell’incidenza verso età sempre più giovani che non ha precedenti – commenta la professoressa Raffaella Buzzetti, Presidente della Società Italiana di Diabetologia e Ordinario di Endocrinologia alla Sapienza Università di Roma -. Se non invertiamo questa tendenza, rischiamo di avere generazioni future con una aspettativa di vita inferiore a quella dei propri genitori a causa delle complicanze croniche del diabete. Di vedere cioè nei prossimi anni dei trentenni con complicanze tipiche della mezza età, come retinopatia, nefropatia e malattie cardiovascolari. Il diabete di tipo 2 pediatrico è infatti ancora più aggressivo di quello dell’adulto».
Le cause
E le cause di questo fenomeno, in crescita in tutto il mondo, anche se con picchi particolarmente accentuati in alcune minoranze etniche, come denuncia l’International Diabetes Federation che il 14 novembre celebra in tutto il mondo la Giornata Mondiale del Diabete, sono sotto gli occhi di tutti. Il diabete di tipo 2 in età giovanile è il risultato di una tempesta perfetta: l’epidemia di obesità infantile che a sua volte si nutre di cibi ultra-processati, junk food e di sedentarietà digitale.
«I dati del Global Burden of Disease Study – ricorda la professoressa Buzzetti – mostrano una correlazione diretta tra l’aumento dell’indice di massa corporea (BMI) nei bambini e l’incidenza del diabete di tipo 2. Il tessuto adiposo in eccesso, specialmente quello viscerale, promuove uno stato di infiammazione cronica e insulino-resistenza. Il consumo elevato di cibi ultra-processati, bevande zuccherate, grassi saturi e carboidrati raffinati è molto diffuso tra i giovani e i giovanissimi. Uno studio presentato al congresso dell’ADA e pubblicato su JAMA Pediatrics ha evidenziato che anche un modesto consumo quotidiano di bevande zuccherate aumenta significativamente il rischio di insulino-resistenza negli adolescenti».
L’impatto dei cellulari
All’alimentazione ‘diabetogena’ si somma l’aumento del cosiddetto screen time, cioè del tempo trascorso davanti al cellulare, che ha sostituito il gioco attivo all’aria aperta. «Una serie di ricerche presentate all’EASD – ricorda l’esperta – hanno evidenziato che, oltre che ridurre il dispendio energetico, questo si associa a pattern di sonno irregolari che a loro volta correlano con un’alterazione del metabolismo degli zuccheri».
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