Ci sono persone che hanno costruito la propria vita intorno al dolore: appuntamenti saltati, giornate bucate, luci spente, nausea, silenzio. Per milioni di italiani l’emicrania non è “mal di testa”, ma una condizione che si porta via lavoro, produttività, relazioni e normalità. Oggi, però, tutto sta cambiando. Con i farmaci di nuova generazione sette pazienti su 10 riescono finalmente a controllare gli attacchi. E, quando la terapia farmacologica non è sufficiente, l’integrazione con trattamenti non farmacologici porta l’efficacia fino all’85% dei casi. Una possibilità che fino a pochi anni fa sembrava irraggiungibile.

Dal “dolore inspiegabile” alla rivoluzione scientifica

L’emicrania colpisce circa 6 milioni di persone, pari al 12% della popolazione, con una prevalenza tre volte superiore nelle donne rispetto agli uomini. Per decenni si è pensato che fosse un disturbo sfuggente. La rivoluzione è arrivata quando la ricerca ha chiarito il ruolo del Cgrp, un peptide chiave nei meccanismi che scatenano l’infiammazione e il dolore. Da questa scoperta sono nati farmaci mirati in grado di intercettare o bloccare quel processo alla radice: prima i triptani e i ditani, poi gli anticorpi monoclonali e, più di recente, i gepanti. “Stiamo assistendo ai risultati concreti di un vero salto evolutivo nelle terapie contro l’emicrania”, spiega a margine del 39° Congresso Nazionale della Società Italiana per lo studio delle Cefalee (Sisc) che si è svolto di recente a Parma, Marina De Tommaso, presidente della Sisc e Ordinaria di Neurologia all’Università di Bari.

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Farmaci orali per prevenire l’attacco di emicrania

La novità più importante è rappresentata da due molecole, l’atogepant e il rimegepant, che possono essere assunte per via orale direttamente a casa. Non solo spengono il dolore, ma lo prevengono, riducendo la frequenza e l’intensità degli attacchi. In particolare, il rimegepant è il primo anti Cgrp orale approvato in Italia nella duplice indicazione: trattamento acuto dell’emicrania con o senza aura negli adulti, trattamento preventivo di emicrania episodica negli adulti che abbiano almeno quattro episodi di emicrania al mese. Uno studio su Lancet ha dimostrato come una singola dose di rimegepant consenta di ottenere una riduzione del dolore e dei sintomi associati all’emicrania già dopo due ore dall’assunzione rispetto al placebo, con efficacia duratura fino a 24-48 ore.

Lo studio sulla prevenzione, anch’esso pubblicato su Lancet, dimostra che il farmaco, se assunto a giorni alterni, determina una riduzione del numero di giorni mensili di emicrania rispetto al placebo. Una singola dose di rimegepant, quindi, può alleviare rapidamente l’emicrania e i sintomi associati, mentre l’assunzione a giorni alterni può ridurre significativamente gli attacchi.

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Per quali pazienti sono indicati

Sia l’atogepant che il rimegepant sono già disponibili in farmacia e rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale. “I gepanti – prosegue la presidente della Sisc – sono prescrivibili nei Centri Cefalee autorizzati dalle Regioni, ma la comunità scientifica sta lavorando perché possano essere prescritti anche dai medici di famiglia o dai neurologi del territorio, soprattutto per i pazienti che ne hanno bisogno in fase acuta”. Ma quali sono i pazienti che hanno diritto alla rimborsabilità di questi nuovi farmaci? “Questi gepanti – risponde De Tommaso – sono indicati per chi soffre di emicrania episodica o cronica con almeno otto giorni al mese di dolore e non ha ottenuto risultati dai trattamenti tradizionali come betabloccanti, antidepressivi e antiepilettici. Ma esiste anche la possibilità della ricetta bianca: chi non ha diritto alla rimborsabilità può acquistare queste molecole autonomamente”.

L’emicrania mestruale e quella in gravidanza

L’effetto dura fino a 48 ore e può essere utile, ad esempio, nelle crisi mestruali. “Rimegepant può essere prescritto anche in acuto a pazienti che hanno attacchi emicranici meno frequenti, per esempio, nell’emicrania mestruale è sufficiente che lo prendano prima del ciclo”, spiega De Tommaso. Più delicata la gestione dell’emicrania in gravidanza perché molte terapie efficaci non possono essere utilizzate per ragioni di sicurezza.

“Gli anticorpi monoclonali – prosegue la presidente Sisc – sono controindicati e i gepanti devono essere sospesi già nei mesi precedenti il concepimento”. Proprio su questo tema la comunità scientifica sta producendo nuove evidenze: secondo gli specialisti della Sisc, nelle donne in gravidanza è possibile ricorrere con buona efficacia a una combinazione di amitriptilina e betabloccanti, una terapia considerata sicura e in grado di ridurre significativamente gli attacchi senza rischi per la madre e il bambino. Questo permette alle future mamme con emicrania di affrontare la gestazione con un controllo migliore dei sintomi, evitando i giorni bloccati a letto e la compromissione della qualità di vita che la malattia può portare.

Quando i farmaci non bastano: l’efficacia delle terapie non farmacologiche

Resta una quota di pazienti più sfortunati: circa il 30% non risponde alle cure standard. Anche per loro, però, la medicina offre nuove strade. La tossina botulinica, iniettata in punti specifici della testa, del collo e delle spalle, può dimezzare numero e intensità delle crisi, con una procedura semplice e già riconosciuta dall’Agenzia Italiana del Farmaco. La neuromodulazione transcranica utilizza campi elettromagnetici per modulare l’attività cerebrale e ridurre gli attacchi di circa il 50%. Possono contribuire, con risultati concreti, anche fisioterapia mirata e tecniche di mindfulness.

“Combinando trattamenti farmacologici e non farmacologici, oggi possiamo garantire una vita normale a una percentuale molto alta di pazienti”, osserva Innocenzo Rainero, presidente eletto della Sisc e Ordinario di Neurologia all’Università di Torino. “L’obiettivo non è più solo gestire un attacco, ma restituire continuità alla quotidianità: lavoro, relazioni, attività sociali”.