di
Sara Gandolfi

Presentato a COP30 il Climate Risk Index: tra il 1995 e il 2024 gli eventi estremi hanno causato 832mila morti e 4.500 miliardi di danni. Il Sud globale in cima alla lista, ma le nazioni ricche non sono immuni

Dal 1995 al 2024, più di 832.000 persone hanno perso la vita in tutto il mondo a causa di oltre 9.700 eventi meteorologici estremi, che hanno causato danni economici per un totale di 4.500 miliardi di dollari (al netto dell’inflazione). L’Italia è al 16° posto tra i Paesi più colpiti. È quanto emerge dal Climate Risk Index, il rapporto sul grado di impatti del cambiamento climatico nei singoli Paesi, presentato alla COP30 di Belém dall’organizzazione Germanwatch. Ondate di calore, tempeste, inondazioni, incendi boschivi incontrollabili colpiscono prevalentemente i Paesi più poveri del Global South, che sono anche i meno attrezzati per affrontare il loro impatto. Le nazioni sviluppate, però, non sono immuni. 

Il rapporto cita le mortali ondate di calore che nel luglio 2024 hanno colpito Grecia, Italia, Spagna, Portogallo, Francia e Marocco, con temperature estreme che hanno causato oltre 23 vittime, incendi diffusi e gravi disagi alla vita pubblica. I ricercatori hanno concluso che questa ondata di calore mediterranea non si sarebbe verificata senza i cambiamenti climatici. Eventi di questo tipo, un tempo praticamente impossibili, ora non sono rari e sono in genere più caldi di 1,7-3,5 °C rispetto all’epoca preindustriale. 
In Italia, l’ondata di calore estiva, è stata seguita da una grave siccità che, nel settembre dello scorso anno, ha colpito Sicilia e Sardegna, con ripercussioni sull’agricoltura e sul turismo. I cambiamenti climatici indotti dall’uomo hanno aumentato la probabilità di questa siccità  di circa il 50%, segnala il rapporto.



















































Circa il 40% degli abitanti del pianeta – oltre tre miliardi di persone – vive  negli undici Paesi che negli ultimi 30 anni hanno subito l’impatto più forte per eventi climatici estremi.  Al primo posto c’è la piccola isola caraibica di Dominica, colpita più volte da uragani devastanti. Nel 2017, l’uragano Maria ha causato danni per 1,8 miliardi di dollari, quasi tre volte il prodotto interno lordo dello Stato insulare. Segue il Myanmar, colpito nel 2008 dal ciclone Nargis e l’Honduras. E poi Libia (4°), Haiti (5°), Filippine (7°), India (9°) e Cina (11°).

Non sfuggono agli eventi meteorologici sempre più intensi e frequenti i Paesi sviluppati, che però hanno mezzi migliori per recuperare dopo il loro impatto. Oltre all’Italia, nella hit parade del Climate Risk Index “occidentale”, ben cinque Paesi europei e gli Stati Uniti figurano tra i primi 30. La Francia è al 12°, gli Usa al 18°. 

Nel trentennio che va dal 1995 al 2024, le inondazioni sono l’evento che ha provocato più morti (48%), seguito dalle ondate di calore (33%) e dagli uragani (33%). Questi ultimi sono quelli che hanno provocato le perdite economiche maggiori (il 58%) pari a 2.640 miliardi di dollari. 

«Le ondate di calore e le tempeste rappresentano la più grande minaccia per la vita umana quando si tratta di eventi meteorologici estremi», afferma Laura Schäfer, una delle autrici del Climate Risk Index. «Le tempeste hanno anche causato i danni monetari di gran lunga maggiori, mentre le inondazioni sono state responsabili del maggior numero di persone colpite da eventi meteorologici estremi». 
Alcuni Paesi che si sono classificati molto in alto nell’indice hanno sofferto principalmente di singoli eventi meteorologici, ma estremamente devastanti, mentre altri sono stati colpiti ripetutamente da condizioni climatiche estreme. «Paesi come Haiti, le Filippine e l’India – tutti tra i dieci Paesi più colpiti – devono affrontare sfide particolari. Sono colpiti da inondazioni, ondate di calore o tempeste con una tale regolarità che intere regioni riescono a malapena a riprendersi dagli impatti fino all’evento successivo», spiega Vera Künzel, coautrice dell’indice. «Quando in sede di COP si negoziano maggiori finanziamenti per far fronte alle perdite e ai danni, l’attenzione si concentra su Paesi come questi. Senza un maggiore sostegno a lungo termine – anche per l’adattamento alla crisi climatica – dovranno affrontare sfide insormontabili». 

Il Climate Risk Index ha condotto anche una valutazione individuale dell’anno passato. L’arcipelago caraibico di St. Vincent e Grenadine e Grenada, devastati da un uragano di categoria 5 nell’estate del 2024, si posizionano al primo e al secondo posto di questa classifica. Il Ciad segue al terzo posto, colpito da devastanti inondazioni durate mesi. Nella classifica c’è anche la Spagna, al ventesimo posto, per l’inondazione che ha colpito i sobborghi di Valencia.

11 novembre 2025 ( modifica il 11 novembre 2025 | 23:17)