
voto
8.0
- Band:
1914 - Durata: 00:56:56
- Disponibile dal: 14/11/2025
- Etichetta:
- Napalm Records
Streaming non ancora disponibile
“Viribus Unitis” segna un nuovo capitolo nella narrazione ossessiva e lucidamente coerente dei 1914. Il gruppo ucraino continua a scavare tra fango, acciaio e memoria, mantenendo viva la fiamma di un concept che, a dispetto dei rischi di logoramento, non accenna a perdere forza evocativa. L’immaginario della Prima Guerra Mondiale, già declinato in tre dischi precedenti, torna qui con un’intensità rinnovata, filtrata dall’esperienza di una band che, nel pieno di una guerra reale, conosce meglio di chiunque altro il peso di certe immagini.
Il disco si colloca idealmente in continuità con il precedente “Where Fear and Weapons Meet”, pur introducendo alcune sfumature che ne ampliano la tavolozza sonora. Tastiere e cori compaiono in modo misurato, mai troppo invasivo, e all’occorrenza contribuiscono a costruire un’atmosfera solenne senza sacrificare la potenza delle chitarre o il mordente della sezione ritmica. La capacità dei 1914 di gestire un’estetica sospesa tra blackened death metal e death-doom continua a funzionare grazie a transizioni calibrate tra momenti arrembanti e passaggi più riflessivi, evitando strappi troppo bruschi e mantenendo una coesione narrativa che è, in fondo, il vero cuore del concept.
Un aspetto nuovo e significativo di “Viribus Unitis” è tuttavia la maggiore attenzione al trauma psicologico della guerra: in quest’occasione non si parla più solo di battaglie sul campo, ma anche di ferite invisibili, di disturbi post-traumatici, del peso delle memorie che persistono ben oltre il fronte. Questo approccio un po’ più introspettivo si concentra soprattutto nella suite in tre capitoli “1918”, dove il mood tragico trova un amplificatore perfetto nel contributo vocale di Aaron Stainthorpe (ex My Dying Bride, High Parasite), il quale aggiunge un ulteriore strato di intensità emotiva alla parte conclusiva. Alla riflessione sulla memoria e sul trauma contribuisce poi anche “1919 (The Home Where I Died)”, una ballad in cui Jerome Reuter del progetto neofolk Rome porta il suo timbro più pulito e austero, aggiungendo ulteriore pathos e un senso di malinconia rarefatta, come se le cicatrici della guerra continuassero appunto a parlare anche lontano dal fronte.
Non mancano comunque episodi più immediati e taglienti: “1914 (The Siege of Przemyśl)” e “1916 (The Südtirol Offensive)”, ad esempio, confermano la padronanza dei 1914 nel combinare riff incisivi a melodie memorabili, creando momenti in cui l’aggressività metallica dialoga con la drammaticità storica. Al vertice dell’album si colloca però “1915 (Easter Battle for the Zwinin Ridge)”, traccia più lunga e articolata, dove un incipit serrato e furente lascia spazio a una coda corale davvero struggente. Qui il quintetto raggiunge una sintesi perfetta tra ferocia e introspezione, ricordando quasi, per atmosfere e resa emotiva, una versione guerresca dei greci The Elysian Fields.
In un tale contesto bellico, il paragone con i Kanonenfieber – oggi il lato più immediato e quasi orecchiabile di questa sorta di metallo da trincea – aiuta a evidenziare il contrasto: se i tedeschi riescono spesso a evocare l’adrenalina della battaglia e il clangore dei cannoni con un taglio molto vivace e spettacolare, i 1914 ne restituiscono mestamente il peso, il fango, la polvere e il silenzio mortale dopo l’assalto. I due mondi coesistono come estremi opposti dello stesso conflitto, e spesso “Viribus Unitis” sceglie deliberatamente la via più grigia e al contempo potente, dove ogni riff, ogni coro e ogni colpo di rullante sembra segnare il passo di soldati stanchi e feriti.
La produzione, ancora una volta curata e dal respiro molto ampio, restituisce nitidamente la profondità dei suoni e l’intensità emotiva delle composizioni. La copertina, come da tradizione, completa il quadro con eleganza e rigore storico. “Viribus Unitis” è dunque una nuova prova di solidità per i 1914: un lavoro che non cerca scorciatoie, ma consolida una visione, mantenendo intatta la forza evocativa di un gruppo che, pur parlando di battaglie passate, sa fare riferimento con lucidità anche al presente.