La tolleranza coperture è stata estesa fino alla 38 millimetri, la geometria è stata resa ancor più comoda e raccolta; e ancora il telaio è stato progettato per aumentare la capacità di flettere verticalmente, assorbendo così tante delle vibrazioni che si ricevono sull’asfalto.
Sono le principali modifiche della Addict in versione 2026, quella che Scott ha presentato nel settembre 2025 e che abbiamo già avuto modo di provare bene nella sua configurazione “nativa”, ovvero con pneumatici slick e con assetto “da strada”.
Ma fin dalla prime pedalate che con questa endurance abbiamo fatto su asfalto ci era presto venuta la curiosità e la voglia di adattarla all’uso su sterrato, più che altro perché quel passaggio ruota così ampio e pure per quelle ruote Fulcrum adatte (anche) per il gravel erano per noi due impeccabili assist ad operare la conversione.
La Addict 20 di serie: set up stradistico
La Addict 20 in versione (light) gravel
È così che grazie alla collaborazione di Vittoria, che ci ha inviato un paio di Terreno T30 da 37 mm, torniamo a parlarvi di questa Addict ma stavolta in chiave gravel, appunto perché questo è l’utilizzo che ci abbiamo fato per sette uscite, per poi registrare il video che potete vedere qui.
La scelta delle gomme è ricaduta sul modello che meglio incontrava la tire-clearance della bici, ma anche su quello che a livello di tassellatura e di impronta del battistrada meglio ci sembrava assecondare la natura di una bici che non è certo una gravel nativa, piuttosto è studiata principalmente (ma non esclusivamente) per l’asfalto.
La Terreno T30 da 37 millimetri che abbiamo montato è quella con sezione più esile delle 5 disponibili di questo modello (37, 40, 45, 50 e 55 mm). Pesa 480 grammi
Tant’è: per tutte le nostre impressioni di questa conversione vi consigliamo di cliccare sul video.
Qui approfittiamo per ribadire un concetto a nostro modo essenziale nell’offerta del macro segmento road/gravel odierna: prerogative come quella della Addict non sono solo appannaggio di una bici come questa, ma in genere di tante endurance caratterizzate per un’architettura tecnica che oltre a sovradimensionare il passaggio ruota si avvale anche di “sistemi ruota” sviluppati in chiave moderna, ovvero con canali larghi adatti a pneumatici di grossa sezione, sia articolati (ma anche no, come ad esempio sta accadendo alla gommatura che in un recente passato abbiamo definito “enduro stradale”).
Solo tre, quattro anni fa, discorsi e conversione del genere erano impensabili; oltre alla maggiore convertibilità, questo da la misura di quanto oggi l’offerta di mercato permetta realmente una sovrapposizione tra i vari segmenti bici che una volta era più netta e definita, garantendo così all’utente finale possibilità di personalizzazione del mezzo che ne aumentano non poco gli orizzonti di utilizzo.
Diciamo che il segmento delle gravel ha inaugurato per primo questa tendenza, ma poi a cascata anche il settore delle endurance sta seguendo questo trend.
Vero anche che l’assetto geometrico di una endurance e di una gravel è diverso, e ci sono differenze che un semplice “cambio gomme” non può annullare, ma di sicuro con modelli di questo genere il praticante di tutti i giorni si ritrova in mano biciclette che espandono i loro orizzonti d’uso, potenziando quello che dovrebbe essere l’obiettivo principe di tutti i ciclisti positivi: il divertimento.
È logico, e aggiungiamo è anche “giusto”, che in questo contesto le bici road-race siano un po’ in affanno a livello di mercato e di vendite, proprio perché le scelte del pubblico sportivo “di massa” negli ultimi anni si è progressivamente spostata su questo genere di bici che a livello tecnico è più adatto per le sue esigenze, per le sue aspettative e non da ultimo per per sue capacità di spesa, che non sono quelle che servono per acquistare le “top-bike” da corsa che sono progettate essenzialmente per professionisti.
Ulteriori informazioni: Scott