«Dopo il quartetto ho detto che la pista è la mia passione, però mi piacerebbe fare un salto di qualità anche su strada. Sicuramente devo continuare a lavorarci e a prenderlo come un obiettivo, però è anche difficile avere come obiettivo un mondiale, se il percorso è proibitivo». Parole di Vittoria Guazzini, atleta della FDJ-Suez, raccolte pochi giorni fa.

Si parlava soprattutto di cronometro, ma non solo. La “Guaz” sembra avere un potenziale enorme su più fronti, a partire dalla pista. E qui, tra parquet e preparazione, entra in gioco Diego Bragato, responsabile della performance della Federazione Ciclistica Italiana e tecnico delle donne su pista.

Diego Bragato, tecnico e preparatore della Federciclismo

Diego Bragato, tecnico e preparatore della Federciclismo

Diego, partiamo innanzitutto da cosa può fare. Cosa significa per lei fare un salto di qualità su strada? Che tipo di corridora è e cosa intende?

In realtà, glielo auguro anche io un salto di qualità su strada, perché secondo me ha le sue corde. Ha già vinto alcune gare interessanti, quindi le sue caratteristiche in qualche modo le ha già tirate fuori. Però secondo me può riuscirci anche in gare di un altro livello.

Cosa intendi per gare di un altro livello?

Secondo me può iniziare a essere competitiva anche su qualche classica. La Parigi-Roubaix Femmes è la prima che mi viene in mente, viste le sue caratteristiche. Può essere una gran finisher, vista la sua accelerazione e la sua potenza. Lei è una che in gare dure, non altimetricamente sia chiaro, alla fine può fare la differenza. Può fare attacchi importanti. Se penso alle sue caratteristiche, le rivedo anche semplicemente a Parigi, nella Madison, quando dopo una corsa tiratissima, a 40 giri dalla fine, ha fatto un attacco che ci ha portato alla medaglia. Quello ti fa capire chi è Vittoria Guazzini: una che ha un motore in grado di fare la differenza su gare molto dure. Ripeto, non dure per salite o dislivelli, ma per richiesta fisica e mentale a 360 gradi.

Andiamo un po’ più sul tecnico, Diego. Come può raggiungere questo obiettivo senza però perdere in pista?

Diciamo che è stata un po’ sfortunata, perché da qualche anno non riesce ad avere una grande continuità tra infortuni e cadute. Se penso alla Roubaix, quando si è distrutta piede o caviglia, o quest’anno al campionato italiano dove è caduta… Per emergere in quel tipo di gare servono volume e continuità e secondo me è proprio quello che le è mancato su strada. Mi auguro che riesca ad avere qualche stagione piena per poter fare quel salto di qualità. Le manca solo quello… e magari anche il prendersi un po’ di responsabilità in più con la squadra.

La crescita di Guazzini su strada passa anche dall’avere più spazi per sé stessa. In squadra spesso invece è chiamata ad aiutare

La crescita di Guazzini su strada passa anche dall’avere più spazi per sé stessa. In squadra spesso invece è chiamata ad aiutare

Cioè?

Vittoria la seguo, la vedo, la sento. E’ in una squadra importante e spesso ha ruoli di supporto, da gregaria. Si occupa soprattutto della prima parte di gara, dove fa il suo. Però bisogna saper cogliere le occasioni per far vedere che si è pronti a prendersi qualche responsabilità in più.

Quindi, da un punto di vista della preparazione, non deve cambiare molto secondo te?

Di base no. Guazzini sta lavorando bene con la sua squadra. Sono in contatto spesso col team e con il preparatore, perché monitoriamo insieme il lavoro che fa su strada e su pista. E devo dire che stanno lavorando con grande responsabilità. Secondo me è mancata solo la continuità, per i troppi infortuni.

Perciò, quando parli di salto di qualità su strada, non pensiamo a una rivoluzione tecnica o di preparazione o addirittura interventi che la vedrebbero perdere massa?

No, almeno per il tipo di gare di cui parlavamo prima non è necessario. Se poi un domani vorrà puntare di più su corse a tappe o su un profilo diverso di gara, allora sì. Ma quello è un altro discorso. In questo momento, in cui sta mettendo giustamente assieme strada e pista, quella non è la priorità.

Guazzini è molto forte a crono, tanto che ha vinto il titolo nazionale. Ma per quelle più lunghe in campo internazionale serve un altro lavoro secondo Bragato

Guazzini è molto forte a crono, tanto che ha vinto il titolo nazionale. Ma per quelle più lunghe in campo internazionale serve un altro lavoro secondo Bragato

Guazzini ha un grande motore, leve lunghe e la crono le piace. Dove può arrivare in questa disciplina? In soldoni: quanto è lontana da Marlen Reusser?

Le manca ancora qualcosina in termini di volume di lavoro. Finora abbiamo lavorato di più sull’inseguimento e sui quartetti. Sulle vere e proprie crono lunghe, secondo me non ha ancora un lavoro completamente definito. Bisognerebbe costruirlo in modo mirato. Perché anche lì, sia mentalmente che fisicamente, bisogna abituarsi a quel tipo di sforzo. E per ora, anche per le richieste che arrivano dalla pista, ci concentriamo su lavori più brevi.

Un giudizio spassionato su di lei: che “corridora” è Guazzini? E che margini ha?

Deve credere un po’ di più in se stessa. E’ forte, in pista lo sa, ma si sta un po’ perdendo la responsabilità di essere un’atleta forte anche su strada. Deve fare i passaggi giusti per acquisire questa mentalità da atleta consapevole. Secondo me è tutto lì il punto.

C’è una gara in particolare che ti ha fatto capire dove manca qualcosa?

Non proprio una gara, ma quando ci confrontiamo tra strada e pista noto due mentalità diverse. E ci sta, va bene, è ancora giovane e sta maturando. Però, se parliamo di un salto di qualità, quello mentale è l’aspetto più importante.

Potenza, accelerazione: Guazzini ha tutte le carte in regola per essere un’ottima finisseur

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Domanda apparentemente banale: tutti voi preparatori parlate spesso di continuità. E basta vedere i corridori che fanno fatica a rientrare anche dopo un semplice malanno. Perché dunque oggi è così fondamentale la continuità?

Perché le prove su strada ormai richiedono espressioni di qualità e gesti di intensità molto elevati, ma dopo un determinato volume. Alcuni lo misurano in ore di lavoro, altri in watt, ma il concetto è lo stesso: serve accumulare tanto nel tempo. Fare tutto assieme è impossibile. Il volume di lavoro per la pista lo spalmiamo su tre o quattro anni, per dire. E anche sulla strada il percorso è pluriennale. Le richieste del ciclismo moderno, sia femminile che maschile, sono altissime, le gare sono tutte di livello e non ci si può improvvisare.

Non ci sono più gare “di preparazione”, insomma…

Si va sempre più forte. Le richieste specifiche oggi sono quelle di fare gesti di alta qualità dopo ore intense, dopo parecchi kilojoule. E questo si ottiene solo lavorando con continuità.

Chiarissimo. Chiudiamo con uno slogan, Diego: dove l’aspetti la Guaz dopo questa crescita?

L’aspettiamo al velodromo… quello della Roubaix! Direi che quel velodromo è il punto di congiunzione ideale tra strada e pista.