Il racconto del pilone azzurro nella settimana che porta alla supersfida contro il Sudafrica

Italia, Marco Riccioni: “Lavoro con una mental coach da mesi. Affrontare gli Springboks in estate ci ha dato convinzione” (Ph. Sebastiano Pessina)

La vittoriosa partita contro l’Australia è alle spalle. Ora per l’Italia del rugby è arrivato il momento di pensare alla seconda prova delle Quilter Nations Series 2025: che vedrà gli Azzurri ricevere allo Juventus Stadium di Torino, sabato 15 novembre alle ore 13.40, i campioni del mondo del Sudafrica, che nel frattempo si sono imposti a Parigi contro la Francia (17-32) al termine di una partita giocata in 14 per ben 40′.

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A toccare diversi temi, di squadra e personali, è stato il pilone destro della formazione di Gonzalo Quesada, quel Marco Riccioni che è intervenuto nell’appuntamento in videoconferenza con la stampa.

Su alcuni atteggiamenti e “diavolerie” Rassie Erasmus: “Sappiamo che lui è un tecnico a cui piace vivere le provocazioni, metterti dei dubbi: è successo in passato anche con noi. All’inizio rimani un attimo basito per certe cose, poi capisci che fa parte del gioco. Dal nostro punto di vista invece parliamo della grande squadra che sono e del gioco che vogliamo fare per provare a metterli in difficoltà”.

Battaglia – annunciata – in mischia: “Sarà una grande sfida. Contro l’Australia abbiamo lavorato bene, ma ci sono molte cose su cui stiamo lavorando: guardando dei video ci siamo resi conto che c’erano degli aspetti su cui avremmo potuto fare molto meglio. Non esiste un test migliore di questo per capire a che punto siamo: vedremo in campo come andranno le cose”.

Poi, stuzzicato sulla questione “in-avanti si o no”, rispetto alla meta australiana firmata da Gordon con la compartecipazione del “contrasto” fra Zuliani e Wilson, Riccioni spiega: “Su queste cose alla fine, in campo, non è che si può fare chissà che cosa – spiega -. L’arbitro non si può controllare: succede. Direzione di gara contro l’Italia nei casi dubbi? Non è vero, ci sono anche delle situazioni dove ci ha premiato. Voglio dire una cosa: io ho rivisto più volte la situazione Zuliani-Wilson, non è facile. Pensate di mettervi nei panni di un arbitro internazionale, in una partita di questa importanza: sei chiamato a fare bene, prendere decisioni quasi immediate, in un modo giusto. Non è mai facile, dobbiamo ringraziare gli arbitri che dirigono le gare, Gli errori: possono capitare”.

Sul suo rendimento personale, in questo momento meglio da subentrante – almeno in azzurro – rispetto che da titolare: “E’ una cosa su cui sto lavorando molto, anche in Inghilterra con i Saracens. Sto facendo un percorso psicologico – racconta che l’ha intrapreso dopo l’ultimo Sei Nazioni – con Nicoletta Romanazzi, mental coach di Marcell Jacobs. Mi sono reso conto che a volte non riuscivo a performare o ero “bloccato”: avevo tanti blocchi legati agli infortuni, alle aspettative. Ci sto lavorando tanto: ora sono in un momento nel quale non faccio distinzione fra l’essere titolare o a disposizione dalla panchina, penso a performare, quello è l’importante. Le aspettative sono state il mio tallone d’Achille: a volte le attese sul mio rendimento, anche personali, poi magari non corrispondenti a quello che pensavo mi hanno buttato giù. Ora sono in un buon momento: voglio dare il mio contributo al gruppo”.

Con Gonzalo Quesada: “A proposito di aspetto mentale. Quesada ci mette sempre nelle condizioni di rendere al meglio, anche l’incontro con Julio Velasco, ad esempio: per noi è stato incredibile. Sta a noi prendere quello che arriva, lavorarci e trasformarlo in qualcosa di importante”.

I tanti precedenti recenti con il Sudafrica: “Misurarci con i più forti, alla fine, è quello che vogliamo. Giocare con avversarie di un livello inferiore ti può portare a risultati più positivi, ma è chiaro che se alzi l’asticella ne hai qualcosa in più indietro e cerchi di capire come colmare il gap. Quest’estate, anche se non le ho giocate per un infortunio, abbiamo vissuto due sfide molto fisiche: un buon metro per capire a che punto eravamo e per far capire anche come allargare un gruppo che ora è più ampio. Avere competizione interna, con tanti giovani pronti a farsi vedere, è un vantaggio: inoltre i veterani hanno avuto un po’ di respiro, questo non è un aspetto da sottovalutare”.

Poi conclude: “Dopo le due partite di quest’estate contro il Sudafrica, abbiamo acquisito tanta convinzione in generale: ora sta a noi cercare di andare in campo sempre al meglio per ottenere tutto quello che possiamo raccogliere. Quando fai una vittoria così “grande” come quella contro l’Australia, poi diventa difficile ricalibrarsi immediatamente, ma non possiamo abbassare la guardia perché arriva il Sudafrica: nelle ultime due settimane ci siamo spremuti. Quesada e lo staff ci stanno dando un po’ meno carichi di lavoro negli allenamenti, affinché si recuperi mentalmente per esser focalizzati al 100%”.

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