Il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, ha citato un’intervista al giudice Giovanni Falcone che non esiste, durante la puntata della settimana scorsa di DiMartedì su La7. Gratteri lo ha fatto per sostenere che Falcone fosse, come lui, contrario alla separazione delle carriere dei magistrati, a cui invece Falcone era favorevole. La separazione è prevista dalla riforma costituzionale della giustizia su cui la prossima primavera ci sarà un referendum confermativo: la campagna elettorale è già iniziata e Gratteri è uno dei principali e più visibili sostenitori del “No”.
In tv Gratteri aveva esordito dicendo che voleva citare Falcone per «sfatare questa leggenda sulla separazione delle carriere», e cioè che il giudice era favorevole, prima di leggere dal suo smartphone: «Una separazione delle carriere può andare bene se resta garantita l’autonomia e l’indipendenza del pubblico ministero ma temo che si voglia, attraverso questa separazione, subordinare la magistratura inquirente all’esecutivo. Questo è inaccettabile».
La magistratura inquirente è composta dai pubblici ministeri, i magistrati che dirigono le indagini: con la separazione delle carriere ciascun magistrato dovrebbe decidere se fare quello oppure il giudice che emette le sentenze (la magistratura giudicante) senza possibilità di passare da una categoria all’altra (cosa che adesso è possibile fare ma con molti limiti). Secondo chi è contrario alla norma, come Gratteri, questo metterebbe in pericolo l’indipendenza della magistratura.
Gratteri ha sostenuto che fosse un’intervista del 25 gennaio 1992, di cui però non c’è traccia. È una dichiarazione falsa che viene periodicamente utilizzata, soprattutto sui social, dai contrari alla riforma e dai sostenitori della campagna per votare No al referendum. Come detto Falcone, invece, era favorevole. In una celebre intervista a Repubblica del 1991 disse per esempio: «Chi, come me, richiede che [giudici e pm] siano, invece, due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell’indipendenza del magistrato, un nostalgico della discrezionalità dell’azione penale, desideroso di porre il pm sotto il controllo dell’esecutivo». Cioè il contrario di quanto letto da Gratteri.
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