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Gaia Piccardi, inviata a Torino
Intervista a Omar Camorese: «Jannik al chiuso è ingiocabile, non vedo chi possa scalfirlo. L’unico che sa farlo è Alcaraz, che però è depotenziato dalla superficie: l’indoor non è la sua priorità»
Con la sua doppia fucilata, servizio e dritto, Omar Camporese da Bologna si fece largo nel tennis di Lendl e poi Becker e Ivanisevic fino ai top 20, diventando uomo Davis. Il suo habitat, come nel caso di Sinner, era il veloce indoor.
Contro Aliassime, Jannik ha realizzato il 100% di punti sulla prima. Notevole.
«Impressionante. Come la velocità a cui si è giocato fino all’infortunio del canadese. Ed era l’esordio da detentore, in casa. Un filo di tensione sarebbe stata normale. Invece ha trovato subito sensazioni e ritmo. E crescerà».
Al chiuso è ingiocabile?
«Io dico di sì: non vedo chi possa scalfirlo. Impensierirlo, magari, ma batterlo no. Devi prendergli due set. Come fai? È straripante».
Lei come preparerebbe un match contro Sinner?
«Reggere il suo ritmo è improponibile: devi essere tu a fare la partita, togliendogli l’iniziativa. L’unico che sa farlo è Alcaraz, che però è depotenziato dalla superficie: l’indoor non è la sua priorità».
Il servizio di Jannik, dal ko a New York, è trasformato.
«Ore di cesti, non c’è altra strada per crescere. È un colpo che non sente ancora suo del tutto, lo deve metabolizzare. Quando ti prendi facile il game al servizio, puoi giocare tranquillo in risposta».
Con il servizio, devono salire anche gli ace, che sono punti gratis.
«Arriveranno anche quelli. Intanto, se mette in campo l’80% di prime, poi ha il colpo in uscita dal servizio che fa paura. E nel momento topico, la battuta non lo abbandona. Non credo sarà mai un Ivanisevic o un Sampras, cioé una macchina da ace. Jannik si esprime meglio da fondo, come Djokovic. E non è nemmeno vero che il servizio sia il colpo più facile da migliorare perché si tira da fermi: dietro il movimento c’è una catena cinetica impressionante. Devi essere coordinato dall’unghia del mignolo alla punta dei capelli».
Qual è, dal suo punto di vista, il talento più grande di Sinner?
«Come sa stare in campo. Non c’è nessuno con la sua personalità, che è enorme e costringe l’avversario a subirla. Nemmeno Alcaraz. Jannik morde da subito, a Carlos ogni tanto si spegne la luce. È successo sia con De Minaur che, a un altro livello, con Fritz. Io ho affrontato i più forti: l’aura di Sinner l’aveva Boris Becker. Mi faceva sentire piccolo, secondo».
Lei ha trenta presenze in Davis, Omar. Giustifica l’assenza di Jannik a Bologna?
«La Davis ha perso tutta l’eleganza e il fascino che aveva ai miei tempi ma Jannik lo capisco, santo cielo. L’obiettivo è tornare numero uno, ha bisogno di riposo e poi di una pre-season come si deve. E ci riuscirà, a tornare in vetta: se non in Australia, nei tre mesi successivi».
Chi è il più forte con cui abbia mai giocato?
«Di testa Boris Becker, tecnicamente Pete Sampras».
Poteva vincere di più? Ha rimpianti?
«Uno, che ancora mi tiene sveglio la notte. Il gomito del tennista che mi costrinse a smettere nel 2001 con le cure di oggi sarebbe guaribile. Potevo entrare nei top 10, invece non ce l’ho più fatta».
12 novembre 2025
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