di
Guido Olimpio

Pronte unità con missili cruise e navi da assalto anfibio. Almeno 70 morti negli attacchi contro gli scafi coinvolti nel traffico di droga. Molti ritengono che il presidente Usa voglia la rimozione di Nicolas Maduro

La portaerei Ford è arrivata nei Caraibi ed è sotto l’autorità del Comando Sud americano, a disposizione della Joint Task Force creata per agire contro i narcos e, eventualmente, il Venezuela. Non è chiaro se Donald Trump abbia intenzione di scatenare un nuovo conflitto: il presidente ha negato ma intanto ha schierato l’Armada con la quale può iniziarlo in qualsiasi momento.

E l’avvicinarsi della grande unità di guerra alle coste sudamericane ha provocato l’immediata reazione di Caracas che ha innalzato il livello di allarme militare. In Venezuela sono iniziate le operazioni del Comando di difesa integrale



















































Cosa potrebbe colpire l’«armata» americana?

Il Washington Post ha indicato una «scala» di target. Il dispositivo aeronavale – composto da unità con missili cruise e navi da assalto anfibio – può agire su molti livelli. Il primo è il contrasto degli scafi coinvolti nel traffico di droga: già 20 gli strike (anche nel Pacifico), almeno 70 i morti. È un’azione di pressione graduata ma che ha già provocato forti proteste. La Colombia, dopo la morte di alcuni connazionali che erano a bordo dei battelli, ha interrotto la collaborazione diretta. Anche la Gran Bretagna ha preso le distanze annunciando uno stop allo scambio di informazioni di intelligence. Gesto significativo da parte dell’alleato più fedele. 

Il secondo gradino è rappresentato dalle installazioni a terra dei trafficanti: le piste clandestine nelle regioni di Apure e Catatumbo, i laboratori per la coca, gli approdi lungo la costa. 

Il terzo è più militare e in questo caso coinvolge i venezuelani. Nella mappa redatta dal quotidiano entrano le basi sulle isole La Ochila e Margarita, quindi la grande caserma El Libertador (definito il principale hub logistico) e il forte Tiuna, che ospita il ministero della Difesa. 

Sono probabili incursioni per neutralizzare radar e scudo missilistico, una minaccia per i caccia. Caracas ha alcuni S 300 anti-aerei di produzione russa ed ha ricevuto di recente da Mosca sistemi Pantsir S1 e BUK M2E con analoga funzione. Mentre i reparti terrestri dispongono di migliaia di apparati portatili e molti droni-kamikaze

APPROFONDISCI CON IL PODCAST

Le attività coperte della Cia e le dozzine di caccia

Nelle scorse settimane si è ipotizzato il ricorso ad attività coperte della Cia, a tattiche cyber, fino ad arrivare ad omicidi mirati di alti dirigenti. Ed ecco perché il Pentagono ha mobilitato un contingente misto: i cacciatorpedinieri e almeno un sottomarino nucleare sono dotati di centinaia di Tomahawk con i quali raggiungere bersagli in profondità; le navi da assalto anfibio con 4500 marines danno la possibilità di sbarchi o operazioni elitrasportate per assumere il controllo di alcuni siti petroliferi; la Ocean Trader, mercantile che svolge il ruolo di base per le forze speciali, permette colpi di mano, magari con il supporto degli elicotteri dell’unità Knight Stalker. 

A chiudere dozzine di velivoli: F 35, F 18 imbarcati, cannoniere volanti, droni Reaper, aerei per la guerra elettronica mentre i bombardieri strategici B 52 e B 1 hanno già eseguito missioni di prova partendo direttamente dagli Usa. Snodo strategico è Portorico, dove è stata riattivata la Roosevelt Base a Ceiba, ma gli americani hanno anche sponde a Trinidad e Tobago.

L’obiettivo di Trump e la mobilitazione dei guerriglieri

L’interrogativo se ci sarà l’attacco sarà accompagnato dalla domanda quale sia il gioco finale: molti ritengono che The Donald voglia la rimozione di Nicolas Maduro. Tanti gli scenari o sarebbe meglio dire gli auspici di Washington. Deposto da qualche colonnello, costretto all’esilio, dimissionario. Il leader venezuelano ad oggi ha reagito con qualche segnale distensivo e una progressiva mobilitazione dell’esercito e dei volontari. Ha parlato di 200 mila uomini pronti a lottare mentre stime ufficiose soni più caute. 

Il ministro della Difesa Vladimir Padrino Lopez, figura chiave del regime, ha dichiarato lo stato d’allerta generale. mentre è stato attivato il piano di difesa integrale con la protezione di infrastrutture, comunicazioni, distributori, impianti idrici ed elettrici. Mossa scontata che, da un lato, ha un risvolto propagandistico ma, dall’altro, indica timori concreti.

Sono poi in allarme le formazioni di guerriglieri colombiani presenti all’interno dei confini del Venezuela. L’ELN e le Farc (coinvolte a piene mani nell’export di cocaina) rischiano di finire nel banco-bersagli, per questo alcuni gruppi di ribelli avrebbero lasciato i loro rifugi.

C’è infine il nodo importante della legittimità della «campagna», con esperti di diritto internazionale decisi nel denunciare la violazione. Ma siamo ormai in un’epoca dove le regole sono spazzate via ad ogni latitudine.

12 novembre 2025 ( modifica il 12 novembre 2025 | 15:24)