voto
7.5

  • Band:
    CASKETS
  • Durata: 00:41:52
  • Disponibile dal: 07/11/2025
  • Etichetta:
  • Sharptone Records

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Tre i tanti sottogeneri del metalcore negli ultimi anni sta sempre più prendendo piede una versione ‘pettinata’: riconoscibile a partire dal look curato dei musicisti – con facce da bravi ragazzi e dolcevita che farebbero venire l’orticaria ai frontman palestrati d’inizio secolo – che poi trova un perfetto compendio nelle trame musicali; esse risultano infatti meno ammiccanti rispetto al baddiecore di fenomeni da social come Bad Omens o Sleep Token, ma sempre in perfetto equilibrio tra velleità pop, frammenti elettronici e qualche riff e breakdown tale da giustificare il suffisso -core.

Tra Annisokay, Imminence e Resolve, in questo variegato pacchetto di mischia da filiale ‘dandy-core’ dell’Eurovision inseriamo anche i Caskets, band inglese che nel giro di un paio d’album ha saputo ritagliarsi un ruolo di primo piano – come confermato dalla posizione alta nel bill dell’ultimo Slam Dunk Festival – anche se a nostro avviso è mancato loro finora quel tratto distintivo tipico delle band sopra citate.
Sarà “The Only Heaven You’ll Know”, terzo lavoro per la band di Leeds, a giustificare l’accesso al club?
L’inizio è invero piuttosto promettente e variegato: “Lost In The Violence” cattura subito con un loop elettronico degno del Jordan Fish d’annata e non molla la presa come i Bring Me The Horizon di “Doomed”, mentre “Our Remedy” mostra le notevoli capacità vocali di Matthew Flood sul pulito con i Make Them Suffer a fungere da contraltare sulle parti più brutali.
Particolarmente azzeccata anche la title-track, con una cassa dritta dal piglio quasi dance che funge da trampolino di lancio ad un ritornello particolarmente immersivo, così come “Closure” riesce a tenere testa agli ultimi Architects grazie ad un altro chorus decisamente ficcante.
Detto che il poker d’assi iniziale rappresenta il meglio del disco, il resto della scaletta si conferma altresì di ottimo livello: “What Have I Become” spinge trainata dalla forza dei synth, “Make Me A Martyr” è un perfetto esempio di puntinismo armonico ed elettronico e “Save Me” galleggia nelle nostre orecchie come un piacevole ricordo riaffiorato nell’inconscio; “In Vein” infine alza i giri del motore, prima del gran finale corale di “Broken Path”.

Levigato come uno specchio e rifinito in ogni dettaglio, “The Only Heaven You’ll Know” rappresenta il classico disco della maturità per la band inglese e ne certifica lo status di giovani promesse del metalcore con un lavoro finalmente all’altezza delle aspettative.