Elia del Grande è stato arrestato. Condannato a 30 anni per l’omicidio dei genitori e del fratello, il 30 ottobre era evaso dalla casa lavoro di Castelfranco Emilia (Modena) che lo ospitava, dopo aver scontato già 25 anni di pena. Era stato affidato alla comunità lo scorso settembre. Oggi 49enne, è stato rintracciato nel Comune di Cadrezzate, Varese, il suo paese d’origine, all’interno di un’abitazione. Portato in caserma al comando provinciale carabinieri di Varese, con ogni probabilità adesso verrà affidato alla Polizia Penitenziaria, aspettando le decisioni del magistrato di sorveglianza di Modena. Si cerca di capire se abbia avuto dei complici sia durante la fuga che durante la latitanza.

La strage dei fornai

Del Grande, sempre a Cadrezzate, il 7 gennaio 1998, a 22 anni, sterminò la famiglia uccidendo padre, madre e fratello, perché contrari alla sua relazione con una ragazza originaria di Santo Domingo. Il triplice omicidio fu ribattezzato “la strage dei fornai“: l’intera famiglia lavorava nel forno di proprietà. In fuga, fu fermato a Lavena Ponte Tresa, al confine con la Svizzera. In primo grado fu condannato all’ergastolo, in appello la pena fu ridotta a 30 anni per seminfermità di mente.

La fuga dalla casa lavoro

Dopo 25 anni di reclusione, in mezzo a cui ci fu già un tentativo di fuga, nel 2023 Del Grande entra in regime di libertà vigilata. L’ultimo periodo di detenzione lo passa in Sardegna, poi torna a Cadrezzate. Colleziona qualche problema con la giustizia, dovuto principalmente alle liti con i vicini, violando più volte le regole della libertà vigilata. Circostanza che ha convinto i giudici di sorveglianza a ritenerlo ancora “socialmente pericoloso” e a collocarlo per sei mesi nella casa lavoro di Castelfranco, struttura ibrida dove i detenuti lavorano e sono coinvolti in programmi di reinserimento. Da lì era scappato calandosi con una fune dalle mura.

L’evasione e poi la lettera: “Fuggito perché case lavoro sono del tutto inadeguate”

Il 6 novembre Del Grande aveva mandato una lettera alla testata Varese News, dove spiegava le ragioni del suo gesto. “Pago lo scotto del mio nome e di quello che ho commesso, stavo ricostruendomi una vita. Il mio gesto è dovuto alla totale inadeguatezza che ancora incredibilmente sopravvive in certi istituti, come le case lavoro, che dovrebbero tendere a ri-socializzare e reinserire con il lavoro, per l’appunto cosa che non esiste affatto, le case lavoro di oggi sono in realtà i vecchi Opg dismessi nel 2015, grazie a una legge stimolata da qualcuno che ha voluto aprire gli occhi su quello scempio che era ancora in essere, cosa che non è accaduto per le case di lavoro che in realtà sono recipiente di coloro che hanno problemi psichiatrici e che non hanno posto nelle Rems”. Le case di lavoro, sono, secondo Del Grande “delle carceri effettive in piena regole, con sbarre, cancelli e polizia, regole e doveri. Con la piccola differenza che chi è sottoposto alla casa di lavoro non è un detenuto, bensì un internato, ovvero né detenuto, né libero. Il disagio che ho visto lì dentro credo di non averlo mai conosciuto e sono scappato, anzi mi sono allontanato”.

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