
voto
7.5
- Band:
URANIUM - Durata: 00:35:56
- Disponibile dal:
- Etichetta:
- Sentient Ruin
Sebbene il metal venga spesso considerato come il vertice assoluto della violenza sonora e dell’inaccessibilità, esistono territori ancora più estremi, dove il suono diventa qualcosa di primordiale e incontrollabile. Raggiungere quel livello di caos significa toccare una forza che può facilmente sfuggire di mano a chi non ne comprende la natura.
In questo senso, il mondo gelido, caotico e contorto delle avanguardie industriali rappresenta perfettamente questo confine: un suono difficile da definire, ma irresistibile per chi cerca di guardare oltre.
Con il suo nuovo album, il misterioso progetto Uranium spinge questa idea fino all’estremo.
La combinazione tra metal e industrial non è certo una novità, ma quando qualcuno riesce davvero a fonderli, il risultato non può che essere devastante: un assalto sonoro che evoca la follia di un inferno urbano fatto di cemento, fumo e urla, un’esperienza tanto disturbante quanto magnetica. Dimenticate l’industrial metal di Fear Factory, Ministry, o Strapping Young Lad, quello che esce da questi trentacinque minuti è un qualcosa che si avvicina al rumorismo puro.
Dal conto alla rovescia dell’iniziale “Bliss And Void” che, col suo andamento meccanico figlio dei primi Godflesh fatto di ritmiche marziali e voci in growl iper-filtrate, si spinge fino ai limiti del power electronic, passando per le fangose chitarre ricoperte di pece e distorsioni di una “Traffic Warden” che mantiene una vaga parvenza death metal, il muro creato dagli Uranium è asfissiante e spesso insostenibile.
Come dei novelli Swans del primissimo periodo (quello di “Cop” e “Filth” tanto per intenderci) il fine ultimo sembra quello di destrutturare un genere – il metal estremo, nel caso di “Corrosion Of Existence” – facendone rimanere in vista soltanto le sue viscere, in una visione ripugnante e rivoltante.
Il nichilismo intrinseco di un progetto come Uranium ne rappresenta però proprio l’unico limite e, per chiunque non sia abituato al rumorismo come forma d’arte, il tutto apparirà come un informe massa di suoni e ritmi.
“Descent Into Entropic Death” accenna qualche interessante incursione elettronica nascosta tra il delirio di base, mentre “Concrete Tombs”, col suo mood apocalittico e mortifero, sembra uscita da un disco a caso di fine anni Novanta della Cold Meat Industry.
Chiudono il lavoro i dodici minuti della traccia che dà nome all’album, e che fonde l’illbient di Scorn e Techno Animal alla furia del grindcore, coi suoi blast beat digitali ed un andamento molto più convulso.
Sebbene possa risultare indigesto e parossistico ai più, non si può restare indifferenti di fronte ad un lavoro di confine come “Corrosion of Existence”: un viaggio estremo nell’oscurità assoluta, un rituale di distruzione che si nutre di carne, metallo e disperazione , capace di fondere le tinte più cupe del metal con un’anima industrial pulsante, creando un suono che divora, dissolve, e trasforma il sangue in pietra fredda, illuminata solo dalle fiamme di una civiltà autodistrutta.