Dura 54 minuti, molto meno di quella notte. E immortala pareti asciutte, in cui l’acqua ormai si è ritirata. Ma le voci, gli occhi arrossati di paura fanno pensare ancora a una storia viva, quasi infinita. È la trama di “Ravone”, il documentario proiettato questa sera, alle 18 al Modernissimo nell’ambito di “Visioni Italiane” per la sezione “ambiente”, e che ha per protagonista il torrente imbizzarrito del 20 ottobre 2024, esondato con l’alluvione.
La regista è Giuliana Fantoni, che vive tra il Madagascar e l’Italia, e che dopo l’evento si è catapultata sotto le Torri per raccogliere le prime impressioni dei “sommersi”, di chi abitava in case che non ci sono più o di chi a fatica si salvato. Ma anche di chi conosce questo corso fin da bambino. Seguendo infatti il passo di un contadino esperto, si è messa in ascolto dalla sua foce, a Parco Cavaioni, alla sorgente: risalendo tutto il Ravone e i suoi vecchi paesaggi, «negli anni ‘60, nelle colline attorno, le coltivazioni erano a regola d’arte», spiega.
E poi è andata a sentire i ricordi di chi, anziani, giovani mamme, da via Andrea Costa a via Brizio, si è salvato. Grazie ai mobili usati come salvagente o ai 10 cm di ossigeno rimasti, come Gisella Arlotti di via del Ravone 10.
«Ho voluto fare diventare, ad un anno esatto dall’evento, il torrente da locale a universale attraverso storie uniche, indagando il rapporto tra uomo e natura, sempre più fragile», dice Fantoni, che per spiegarlo ha attinto agli archivi fotografici di I Movies, come a quello di Fausto Malpenso dove è impresso il volto di una Bologna un tempo molto più in armonia con i suoi canali.
Mentre le musiche inedite che accompagnano il lavoro sono di un giovane talento del conservatorio di Bologna, Chiara Troiano. Il documentario, che girerà anche nelle scuole, è prodotto da Rozifims, in collaborazione con il comitato Ravone sicuro, Canali di Bologna ed è realizzato anche con il contributo del Comune, EmilBanca, Consorzi Agrari.