di
Lorenzo Cremonesi
Si dimettono gli ultimi due ministri dell’Energia di Kiev, Grynchuk e Galushchenko
La «mani pulite» ucraina scuote il Paese e le fondamenta del governo di Volodymyr Zelensky come mai era avvenuto dall’inizio della sua presidenza nel 2019. Vi sono coinvolti alti ufficiali delle agenzie governative facenti capo alla Energoatom, la compagnia che gestisce le centrali atomiche, oltre a ministri e personaggi molto vicini al presidente. Uno scandalo di mazzette e affari illegali per valori di centinaia di milioni di euro che delegittimano la macchina statale proprio mentre l’esercito russo avanza nel sud-est e larga parte del Paese è al buio a causa dei continui bombardamenti sui gangli del sistema energetico.
«Come possiamo rischiare, soffrire e combattere in prima linea se poi scopriamo che a Kiev i corrotti conducono esistenze da nababbi alle nostre spalle?», ci dicevano poche settimane fa alcuni ufficiali nel Donbass, quando era già evidente che il giro di mazzette sarebbe venuto a galla. Per ora gli incriminati «eccellenti» sono una decina, ma il numero pare destinato a crescere.
Un terremoto
Gli sviluppi delle ultime ore hanno portato alle dimissioni della ministra dell’Energia, Svitlana Grynchuk, che le ha annunciate ieri sera su Facebook, mentre il ministro della Giustizia, German Galushchenko (fino a luglio all’Energia, ndr), aveva lasciato l’incarico già in mattinata. La stampa ucraina, che negli ultimi mesi ha abbandonato la politica del silenzio passivo in nome dell’unità nazionale e in sostegno dell’esecutivo mobilitato a combattere l’invasione, offre dettagli e inchieste al vetriolo contro i «responsabili degli scandali», come scrive tra gli altri il sito del Kyiv Independent. Il terremoto è di proporzioni così vaste che Zelensky abbandona il suo tradizionale atteggiamento difensivo a protezione dei suoi collaboratori e adesso si prodiga in dichiarazioni pubbliche in cui chiede con forza il proseguimento delle inchieste. Motore primo della caccia ai corrotti sono il National Anti-Corruption Bureau (Nabu) e lo Specialized Anti-Corruption Prosecutor’s Office (Sapo), gli stessi organismi investigativi pubblici che proprio Zelensky aveva cercato di far chiudere in luglio, prima di venire contrastato dalla reazione rabbiosa dell’opinione pubblica.
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La lista dei sospetti
Uno dei punti deboli del presidente è sempre stata l’accusa di non fare abbastanza contro la tradizione del malgoverno ereditata sin dai tempi dell’amministrazione sovietica.
Ancora secondo Ukrainska Pravda e Kyiv Independent, al centro della rete di mazzette e brogli ai danni dell’erario ci sarebbe Timur Mindich che per Zelensky è sempre stato una figura quasi paterna. Fu infatti lui a guidarlo ai suoi esordi nella carriera di attore e assieme fondarono la Kvartal 95, la compagnia di produzione di film, eventi e spettacoli che lo rese famoso tra il pubblico di Mosca e Kiev. Mindich ha avuto una soffiata poco prima di essere arrestato ed è riuscito a fuggire all’estero mentre la polizia gli era già alle calcagna.
La lista degli indagati comprende l’ex vice-premier Olekiy Chernyshov e specialmente l’ex ministro della Difesa Rustem Umerov, che sino a ieri ricopriva la carica di segretario del Consiglio per la Difesa e la Sicurezza nazionale. Il Napu nomina nello specifico otto dirigenti con l’imputazione di corruzione, abuso d’ufficio e arricchimenti illeciti. Le accuse sono corredate da registrazioni in cui gli imputati utilizzano linguaggi in codice per discutere di mazzette e azioni criminose.
Dalle registrazioni emerge il nome di Ihor Myroniuk, il cui nome in codice è «Rocket», che nel passato fu assistente di Andrii Derkach, un ex avvocato ucraino accusato a sua volta di «alto tradimento», fuggito in Russia e oggi membro del Senato a Mosca. Gli accusati avrebbero tra l’altro versato 1,2 milioni di dollari e 100.000 euro a Chernyshov, noto come «Che Guevara». Questi era già stato incriminato in giugno e costretto alle dimissioni. A ieri sera degli otto incriminati almeno cinque sono stati arrestati.
La mancata protezione
Pare che il piano generale comprendesse la riscossione annuale del 10-15 per cento delle entrate delle compagnie fornitrici della Energoatom, che ha un fatturato annuo pari a circa 4,7 miliardi di dollari. Dalle registrazioni emerge tra l’altro che i complici fossero in un primo tempo riluttanti a costruire misure protettive per le centrali energetiche contro gli attacchi russi e poi abbiano deciso di installarle tramite compagnie disposte a pagare le bustarelle. Un dettaglio quest’ultimo destinato a creare ulteriore indignazione tra gli ucraini.
13 novembre 2025 ( modifica il 13 novembre 2025 | 08:16)
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