La posizione del tecnico è forte, gli ultimi mesi hanno provato il condottiero azzurro. La pausa basterà a ricomporre il vaso di cristallo?

Antonio Conte è segnato «assente» sul libro delle presenze quotidiane di Castel Volturno. Non c’è, non si è presentato alla ripresa degli allenamenti. L’ufficialità: è in permesso per qualche giorno, rientra lunedì. Ma c’è tutto un mondo di tristi pensieri dietro la scelta di non esserci. È una posizione, forte. Il colpo di scena è sicuramente sorprendente ma la pausa — riflessione o disintossicazione? — ha un suo senso logico nel contesto di liti, polemiche e veleni venuti fuori dopo la sconfitta di Bologna. «Non accompagno un morto», la metafora dopo la sconfitta al Dall’Ara ha avuto l’effetto di un macigno, piombato su quel Napoli che Conte allena da una stagione e mezza — appena sei mesi fa lo scudetto — e che oggi nonostante il secondo posto in classifica, appare come una squadra dissolta, stanca, evanescente, senza idee. A suo dire «senza entusiasmo, senza cuore».
 
Conte è stanco, provato dagli ultimi mesi. Se ne sta nella sua casa a Torino, in campo a Napoli c’è tutto il suo staff, c’è il suo uomo di assoluta fiducia Oriali. Il vice Stellini allena una squadra dimezzata dalle undici partenze per le Nazionali. Nessuno sapeva. In un attimo la notizia è arrivata a tutti i giocatori. Quelli che… il comandante Antonio ha discusso nelle ultime settimane. Ha ascoltato rimostranze per allenamenti troppo rigidi, infortuni, giorni di riposo ridotti al minimo e un calendario di allenamenti redatto giorno per giorno, così da non dare riferimenti, evitare cali di concentrazione.

Non gioco più, dunque. La sua generazione ben conosce la celebre canzone di Mina, ma questa assenza ha una scadenza temporale. Lunedì lo stress sarà smaltito dopo la full immersion in famiglia? Basterà per ricomporre un vaso di cristallo scheggiato un po’ ovunque e che rischia di finire in mille pezzi? Rientra prima di lui Anguissa, che si è infortunato col Camerun. Si teme uno stiramento, lo stop sarà lungo, poi c’è la Coppa d’Africa. Un’altra tegola sul capo di Antonio.
   
Lo strappo è consumato con i suoi soldati (tutti, senza differenze fra vecchi e nuovi) che in campo ma soprattutto fuori gli hanno girato la faccia. E lui lo ha fatto con loro («non vi posso più proteggere»). De Laurentiis ha parlato a lungo con il suo tecnico, lo ha blindato pubblicamente già lunedì scorso («uomo vero, generoso. È lui la garanzia per squadra, club e tifosi») smentendo categoricamente che gli fossero arrivate le sue dimissioni («favole»). Ciascuno su questo set ha interpretato la propria parte, il colpo di scena era anche già previsto («permesso concordato», dice il comunicato del club). Protagonisti destinati a camminare ancora insieme, la strada del riavvicinamento è segnata, ma Conte ha necessità di tirare il fiato. Già, anche lui. L’inossidabile, a detta di tutti quelli che ci lavorano insieme. Lui che non si fermerebbe mai, è ossessionato dalla vittoria, malato di rigore. Il comandante inflessibile si concede una pausa, smaltisce le conseguenze di un amore diventato tossico.
 
In passato è successo che abbia usufruito di qualche permesso, mai per cinque giorni. E nel giardino dove i panni sporchi sono stati lavati all’aria la sua è un’assenza che fa rumore, induce a brutti pensieri, a ricordi passati — quando è andato via dall’Inter, dalla Juve, quando ha lasciato il Tottenham — rimanda a quella intransigenza, cifra dell’uomo e dell’allenatore che vive di principi. Col Napoli ha un contratto fino al 2027, il club è con lui (e non se lo fa sfuggire), con la squadra serve però un chiarimento definitivo, una nuova alchimia. Conte è in permesso, rientra lunedì 17. C’è la sfida con l’Atalanta dopo la sosta. Sul set sono previsti altri ciak.



















































13 novembre 2025