Caricamento player

Nell’universo di Guida galattica per gli autostoppisti, celebre serie di libri dello scrittore Douglas Adams, i personaggi utilizzano un piccolo organismo per capirsi tra loro: il Babel fish (“pesce di Babele”). È una specie di sanguisuga che, una volta applicata all’orecchio del soggetto ospite, fornisce una traduzione istantanea di parole e frasi pronunciate in qualsiasi lingua sconosciuta che l’ospite ascolta.

Oltre che un riferimento caro ai cultori della serie, ultimamente il Babel fish è citato spesso per spiegare una nuova funzione presente sugli AirPods, gli auricolari senza fili di Apple. Permette a chi li indossa di avere una traduzione simultanea di conversazioni in diverse lingue, tra cui inglese, francese, tedesco, portoghese e spagnolo. L’aggiunta di altre lingue è in programma, e anche l’efficienza e la praticità della funzione saranno presumibilmente migliorate da futuri aggiornamenti.

Ammesso sia davvero realizzabile, non è detto però che la prospettiva di un sistema infallibile di traduzione automatica delle lingue straniere – un Babel fish perfetto – sia necessariamente desiderabile. Una delle ragioni più citate è che un sistema del genere potrebbe ridurre le motivazioni a imparare nuove lingue, facendo venire meno l’esigenza di comprendere chi le parla in situazioni reali. Può sembrare un rischio trascurabile, rispetto alla comodità di chiedere spiegazioni sugli ingredienti di un piatto a un cameriere che non capisce la nostra lingua, ma ha implicazioni profonde sul modo in cui gli esseri umani interagiscono e comunicano tra loro.

– Leggi anche: La traduzione in tempo reale tramite AirPods arriverà in Italia

In una nota del suo diario postumo Il mio cuore messo a nudo il poeta francese Charles Baudelaire scriveva che il mondo va avanti soltanto grazie al malinteso: «perché se per disgrazia ci si capisse, non ci si metterebbe mai d’accordo». È un’iperbole, ma aiuta a spiegare un approccio condiviso in diversi studi sul linguaggio secondo cui il rischio costante dell’incomprensione e lo sforzo per ridurlo, condiviso tra i parlanti, sono la premessa fondamentale di ogni interazione linguistica e scambio culturale.

In un certo senso, ogni volta che due o più persone conversano – a maggior ragione se non parlano la stessa lingua – scommettono sulla loro capacità di esprimersi e dell’altro di comprendere: stabiliscono un patto di fiducia implicito e non mediato. Appaltare parte di questa fiducia a un dispositivo e cercare di eliminare in modo automatico e “universale” il rischio del malinteso, intrinseco nel linguaggio, è prima di tutto molto difficile tecnicamente. Richiede tra le altre cose di isolare rumori ambientali e altre fonti di disturbo, ed escluderli dal tentativo di comprensione: è uno dei limiti attuali più evidenti nella nuova funzione degli AirPods.

Indipendentemente da questo, un traduttore automatico universale potrebbe far venire meno un elemento essenziale della comunicazione. Come scriveva il filosofo e musicologo francese Vladimir Jankélévitch, il malinteso esclude per definizione un’«intesa trasparente» e perfetta, ma stabilisce comunque tra le persone «un certo ordine provvisorio» che permette loro di accordarsi in qualche modo. Ammesso sia possibile rinunciare a questo tipo di ordine per un’intesa automatica perfetta, questo sistema potrebbe alla lunga atrofizzare l’attitudine umana all’improvvisazione e alla comprensione reciproca nelle interazioni faccia a faccia: attitudine peraltro già adesso molto variabile, sia tra individui, sia tra culture.

Per molti turisti anglofoni, per esempio, imparare alcune espressioni di base nella lingua del paese non anglofono che stanno per visitare non è istintivo come lo è per molti turisti di altra madrelingua. «Americani e inglesi sono già ampiamente derisi per la loro eccessiva sicurezza quando viaggiano all’estero: la nostra propensione a girare per il mondo partendo dal presupposto che riusciremo a farci capire parlando inglese», ha scritto su Bloomberg la giornalista newyorkese Madison Darbyshire.

– Leggi anche: La prospettiva di un mondo in cui non si studiano più le lingue straniere

L’abuso della nuova funzione degli AirPods potrebbe «esacerbare questa indifferenza», secondo lei, perché ridurrebbe il rischio di commettere errori individuali e renderebbe superflua l’attenzione al contesto e ai segnali non verbali (gesti, tono, distanze, espressioni facciali). In altre parole, limiterebbe la possibilità di fare esperienza di una lingua diversa dalla propria. «Certo, potrai ottenere ciò che desideri più velocemente tenendo in mano il telefono», ha aggiunto, «ma non c’è forse più da guadagnare dall’imbarazzo di pronunciare male la richiesta di un tavolo per due? Almeno ci avrai provato».

Darbyshire ha scritto che un certo attrito con cose nuove, difficili e del tutto incomprensibili è fondamentale per sviluppare i «muscoli» necessari a gestirlo. Man mano che questo attrito viene rimosso dalla vita quotidiana, aumenta la dipendenza dalla tecnologia, diminuiscono le probabilità di essere inesperti, e «gli esseri umani, anziché sentirsi più rilassati e connessi, si sentono più soli e ansiosi». In parte è perché sono meno abituati a esprimersi in situazioni nuove e imprevedibili, in cui le loro risorse linguistiche sono limitate.

La disponibilità a comprendere l’altro è peraltro un argomento ultimamente molto discusso, negli Stati Uniti. Ospite in una recente puntata del programma Saturday Night Live, il cantante portoricano Bad Bunny ha pronunciato parte del suo monologo in spagnolo. Ha aggiunto che la parte del pubblico che non avesse capito cosa aveva appena detto aveva quattro mesi per impararlo: un’allusione alla sua partecipazione allo spettacolo dell’intervallo del prossimo Super Bowl.

Ross Benjamin, traduttore americano di letteratura tedesca, ha scritto sull’Atlantic che Bad Bunny e Apple propongono in un certo senso due modelli opposti di incontro interlinguistico: «uno invita le persone a confrontarsi con un’altra lingua, a immergersi in qualcosa di sconosciuto; l’altro promette loro di aggirare completamente questo sforzo».

Parlando della sua esperienza di traduttore dal tedesco, Benjamin ha premesso di non poter essere un giudice imparziale nella questione sollevata dalla nuova funzione degli AirPods. Ha elencato però una serie di attitudini fondamentali non solo per fare questo lavoro, ma per superare qualsiasi divario linguistico: «la ricalibrazione mentale, la negoziazione tra diversi modi di strutturare il mondo, l’umiltà e la curiosità che derivano dall’affrontare un contesto straniero». Attitudini descritte, tra gli altri, dalla filosofa e traduttrice italiana Laura Boella, che nel libro Sentire l’altro definisce la traduzione «l’integrazione dell’esperienza dell’altro nella propria».

Anche secondo Benjamin, tradurre non significa soltanto trasferire significato, ma «prestare attenzione alle differenze – di cultura, tempo, pensiero, espressione – che sfuggono a un perfetto allineamento». E non richiede soltanto di applicare regole conosciute, ma di familiarizzare con una certa frustrazione e limitare lentamente l’incertezza e l’ambiguità attraverso esperienza, intuizione e creatività, compiendo scelte valutate e soppesate.

Proprio rispetto a questi aspetti la tecnologia di previsione del linguaggio è più carente, ha scritto Benjamin: specialmente nella comunicazione orale, che «coinvolge le persone in un progetto condiviso di creazione di significato». È la ragione per cui esiste un intero settore del lavoro linguistico qualificato, dagli interpreti che lavorano alle Nazioni Unite agli insegnanti di lingue: persone il cui lavoro richiede capacità intellettuali e creative altamente sviluppate. Dalla diplomazia al commercio all’istruzione, «il lavoro di traduzione è silenziosamente alla base dell’infrastruttura della vita globale», ha scritto Benjamin: «quanto più è efficace, tanto più tende a scomparire dalla vista».

Il giornalista americano Matteo Wong, che ha provato la nuova funzione degli AirPods in un quartiere di Brooklyn a maggioranza ispanica, ha scritto che quando li usava appariva rigido e impacciato, nella migliore delle ipotesi, o «terribilmente maleducato», nella peggiore. Tentare di risolvere il caos e il disordine del mondo fisico – gesti, colloquialismi, espressioni facciali e altro – attraverso una traduzione simultanea automatica e un paio di auricolari Bluetooth, ha scritto, «non sta aprendo la comunicazione umana, ma piuttosto la sta appiattendo».