Oro e Rosa. Come i colori del tramonto e dell’aurora. Come il titolo del nuovo album di Irene Grandi, in uscita il 14 novembre. “Un disco di cui sentivo il bisogno, che racconta la mia voglia di fare cose nuove, di cimentarmi con inediti e con persone della mia storia ma anche con nuovi autori – racconta all’ANSA Irene Grandi -. Un lavoro in cui c’è molto colore, a partire dal titolo: volevo portare luce, anche dove la luce è nascosta ed è solo una promessa”.
Oro e Rosa rappresentano anche momenti di trasformazione, “quelli che passano dal buio alla luce e dalla luce al buio. E i temi che affronto nel disco sono legati a questo concetto: qualcosa che finisce è allo stesso tempo preludio di qualcosa che inizia”. La stessa trasformazione che Grandi ha vissuto sulla sua pelle negli ultimi tempi. “Ho cambiato staff, casa, ho vissuto esperienze di vita che mi hanno fatto riflettere, arrivando alla conclusione che tutto va vissuto con fiducia, sincerità e speranza. Ed è questo il messaggio che vorrei trasmettesse l’album”, racconta ancora l’artista toscana che non pubblicava un disco di inediti da cinque anni, durante i quali ha compiuto lunghi tour recuperando le sue radici e i primi amori musicali con “Io in Blues”, celebrando i trent’anni di carriera con la tournée “Fiera di Me”, e partecipato a progetti internazionali come il musical The Witches Seed, con le musiche di Stewart Copeland. “Era arrivato il momento di svecchiare il mio repertorio con musica nuova e di sentirmi nuovamente in partenza. Anche se poi, a guardare bene, cinque anni non sono così tanti per un lavoro fatto come si deve. Ma oggi tutto va veloce e invece di un album si fa un singolo. E in tempo di algoritmi, che regolano i nostri ascolti, per i più giovani diventa difficile anche crearsi una propria identità. C’è molta scelta ma anche molta dispersione”.
Ogni brano di Oro e Rosa sembra guardare il confine tra due stati emotivi, il punto di passaggio dove la percezione cambia; come guardiamo le cose cambia in un attimo, e quel mutamento trasforma la storia che raccontiamo a noi stessi. Il fil rouge che lega le undici tracce, che si muovono tra pop, ballate, elettro pop anni 80, suggestioni blues e la irrinunciabile attitudine rock, è quello dell’amore: trovato, perduto, con le quotidiane fatiche per cercare un baricentro stabile, e la necessità a volte, di lasciarlo andare. “Oggi sono più introspettiva, più matura rispetto a Bum Bum o a In vacanza da una vita. C’è un desiderio di essere intimisti: mi muovo tra la gioia nella musica e l’introspezione nei testi”.
Fra le tracce anche Colorado con il featuring di Carmen Consoli (“mi piace la sua forza artistica”) e Fiera di Me, con la supervisione ritmica di Stewart Copeland (“lavorare con lui è stato molto stimolante: durante il musicale ha apprezzato che mi sia messa in gioco. Diceva che da boss – come sono – ero passata a fare il soldato”).
Tra gli autori che hanno collaborato con lei molti nomi (anche Francesco Bianconi), ma non i soliti noti. “Non ho mai molto amato gli autori che usano tutti. Io sono orgogliosa e non mi piace fare quello che fanno tutti. E poi mi fa piacere dare delle possibilità, come è stato fatto con me agli inizi. Mi piace esplorare persone che non sono particolarmente conosciute.
Un circoletto della musica? Be’, sì, esiste. E forse è anche normale e fisiologico”.
Come è fisiologico, di tanto in tanto frequentare il palco del festival di Sanremo. “Quest’anno no, perché tra quelle che avevo non mi sembrava ci fosse quella giusta. Avevo provato lo scorso anno, ma il tentativo non andò a buon fine. Quella canzone per ora è rimasta in un cassetto. Comunque anche Sanremo è cambiato e magari non è più tanto il mio mondo: negli ultimi anni si è tanto spinto verso la dance e l’elettronica”, spiega ancora Irene Grandi, che a maggio partirà nuovamente con un tour, come da 30 anni a questa parte. Ma ne vale ancora la pena? “Ci sono giorni in manderei tutto all’aria, ma poi basta poco per riaccendermi. La musica ti restituisce sempre tanto e il pubblico ti aiuta a crederci ancora. È sempre la luce a salvarci”.
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