L’attrice è la protagonista di «Predator: Badlands», sesto capitolo del franchise horror fantascientifico in cui interpreta una androide
In Predator: Badlands — sesto capitolo del franchise horror fantascientifico che ha debuttato nel 1987, subito in vetta al box office americano con oltre 40 milioni di dollari incassati in pochi giorni — Elle Fanning compie tante imprese eccezionali, tra cui quella di lottare contro sé stessa. E non in senso metaforico: interpreta infatti l’androide Thia, costretta ad allearsi con Dek (Dimitrius Schuster-Koloamatangi), un assassino di assassini, per sconfiggere spaventosi nemici, tra cui, appunto, sua sorella Tessa (interpretata sempre da lei).
Il film rappresenta un mondo pieno di pericoli, in cui se non sei aggressivo rischi di soccombere. È una metafora della nostra epoca?
«In un certo senso. Se non aggressivi, siamo chiamati ad essere bravi, performanti in tanti contesti differenti. Per questo trovo che la storia che raccontiamo sia bellissima: i due protagonisti per raggiungere i loro obiettivi scoprono che la strada è allearsi. Dek è l’ultimo degli ultimi, ma la mia androide deve imparare a stabilire comunque una relazione con lui e insieme devono diventare una squadra. Da soli non si va lontano, c’è sempre bisogno dell’altro».
Spesso, però, non è semplice fidarsi. Non trova?
«È un altro grande tema del film e un altro spunto che si adatta a una riflessione sulla vita reale. Serve fiducia anche per formare “il tuo clan” e quindi trovare la tua famiglia. In questo caso è interessante vedere questi due personaggi completamente contrastanti, “sbagliati” allo stesso modo, che però si uniscono su un pianeta in cui tutto cerca di ucciderti. Diciamo che, più semplicemente, può anche capitare di dover collaborare con qualcuno di molto diverso da te per portare a termine un lavoro».
Anche quando ci si affida a un regista, con lui e con il resto del cast, serve fiducia?
«Sì, esattamente. Penso che Dan (Trachtenberg) sia riuscito a creare un ottimo clima sul set: tutti ci sentivamo a nostro agio e sicuri sia per divertirci ma anche per collaborare. Non solo. Abbiamo sempre potuto esprimere le nostre idee quando ne abbiamo sentito bisogno, e riflettere assieme su come le cose dovevano essere fatte. La fiducia che c’è stata in tutto questo processo è stata una grande cosa».
Il suo personaggio è senza dubbio molto coraggioso. Lei può dire di esserlo?
«Io penso di essere coraggiosa, sì. Penso anche di essere diventata coraggiosa quando ho imparato a buttarmi di più. A volte, non sempre. Però dalle esperienze si impara e in questo modo si diventa più intelligenti e sensibili nel capire quando vale la pena prendere più rischi».
Mostrare una eroina donna ha un valore diverso?
«Dico di sì. Come donna sono convinta che dobbiamo essere coraggiose, molto spesso più degli uomini. E direi che lo siamo».
Che ruolo ha avuto per lei l’esempio?
«Fondamentale. Sono circondata da molte donne nella mia famiglia (è la sorella minore dell’attrice Dakota Fanning, ndr.) e posso dire che sono tutte con una testa molto pensante, tutte molto esposte. Sono cresciuta con questo tipo di esempio, quindi sono fortunata in questo senso. Credo sia anche uno dei motivi per cui ho capito presto quello che volevo fare, la professione che amo. Ero molto giovane. Ora il mio modo di portare avanti l’idea di emancipazione che ho respirato si manifesta producendo i miei progetti oppure avendo il coraggio di prendere strade diverse».
Come questo film, il suo primo fantasy?
«Esatto. Di certo per girarlo sono dovuta uscire dalla mia zona di confort. E’ un franchise che amo, sono una grande fan di Prey (il capitolo precedente della saga, del 2022), ma non avevo mai recitato in questo genere di film e non avevo mai avuto ruoli come questo. Ho dovuto allenarmi molto, anche fisicamente, ma oggi è senza dubbio un lavoro di cui sono molto fiera».
13 novembre 2025
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