Da anni gli utenti degli smartphone vivono con il timore costante che la ricarica rapida possa rovinare la batteria, accorciarne la vita o danneggiare in modo irreversibile il dispositivo. È un’idea così radicata da condizionare la quotidianità: chi collega il telefono solo quando scende al 30 per cento, chi teme i caricatori da 100 watt, chi evita qualsiasi rabbocco veloce perché “stressa le celle”. Proprio per capire quanto queste convinzioni siano ancora valide nel 2025, il canale YouTube HTX Studio ha messo in piedi un test mastodontico durato due anni, mettendo a confronto ricarica rapida e ricarica lenta su quaranta smartphone monitorati ventiquattro ore su ventiquattro. I risultati, presentati in un video di otto minuti, raccontano una realtà molto diversa da quella che molti utenti continuano a immaginare.
Due anni di ricariche controllate: come è stato realizzato il test e perché i dati ottenuti mettono in discussione anni di “consigli tecnici”
Lo studio di HTX Studio non è una semplice prova empirica, ma una vera infrastruttura costruita per registrare ogni parametro legato alla salute della batteria, dalle statistiche energetiche al calcolo preciso dei cicli completi. Per due anni consecutivi sono stati utilizzati iPhone 12 e iQOO 7, modelli scelti per rappresentare sia il mondo Apple sia un dispositivo Android dotato di ricarica ultraveloce da 120 watt. I telefoni sono stati divisi in tre gruppi, impostati su scenari diversi: ricarica rapida fino all’80 per cento, ricarica lenta dal 5 al 100 per cento e un gruppo di controllo pensato per validare l’intero esperimento. Tutta la procedura è stata coordinata da un software sviluppato internamente, chiamato Discharge Loop, che monitorava numero di cicli, temperatura, assorbimento e soprattutto il livello di degrado delle batterie.
Quello che emerge dalla raccolta dati è più sorprendente del previsto, perché le due modalità di ricarica, veloce e lenta, non mostrano differenze tali da giustificare l’allarmismo diffuso. I telefoni caricati rapidamente hanno evidenziato un degrado quasi identico a quelli caricati lentamente, ribaltando tutte quelle abitudini nate negli anni in cui la tecnologia delle batterie era meno avanzata e più vulnerabile. Lo stare “ore attaccati alla presa”, la paura dei watt elevati, l’idea del rabbocco che danneggia la chimica interna, tutte dinamiche che oggi appaiono superate. I creator hanno evidenziato come la gestione software, la dissipazione termica e il controllo intelligente della potenza influiscano ormai più del caricatore stesso. E in ogni caso, dopo 500 cicli, l’impatto reale è stato sorprendentemente contenuto, molto più basso rispetto alle previsioni.

Il verdetto dopo 500 cicli completi: quanto degrada davvero una batteria e quali miti vengono definitivamente superati
La fase conclusiva dello studio ha rivelato la parte più attesa: il confronto diretto tra i valori finali. Gli iPhone 12 caricati con ricarica rapida hanno perso il 12,3 per cento della capacità complessiva, una cifra davvero vicina all’11,8 per cento registrato con la ricarica lenta. Il divario è così minimo che non può essere considerato un danno, quanto piuttosto una variazione fisiologica. Ancora più sorprendente il comportamento degli iQOO 7, che con ricarica fino a 120 watt hanno mostrato un degrado dell’8,5 per cento, addirittura leggermente inferiore all’8,8 per cento della ricarica lenta. Un risultato che mette in discussione l’idea secondo cui la potenza elevata acceleri sempre l’usura.
Lo studio ha inoltre toccato due credenze molto diffuse. La prima riguarda l’abitudine di lasciare lo smartphone collegato quando si è già raggiunto il 100 per cento. Nei modelli analizzati, anche lasciando il telefono sotto carica per una settimana continua, non si è registrato alcun danno significativo, perché i sistemi moderni interrompono e riprendono l’alimentazione in modo intelligente per evitare stress inutili. L’altra riguarda il famoso consiglio di mantenere la batteria tra il 30 e l’80 per cento considerato il “range perfetto”. In realtà il risparmio di degrado è stato appena del 2-4 per cento, un margine troppo piccolo per giustificare rinunce e limitazioni quotidiane che molti utenti impongono a sé stessi.
Alla fine del test, quello che rimane è un quadro più chiaro: i moderni sistemi di gestione energetica sono molto più sofisticati e permettono agli smartphone di affrontare tranquillamente ricariche rapide, frequenti e anche ad alta potenza, senza compromettere in modo significativo la durata delle batterie. Le abitudini nate dieci anni fa, in un contesto tecnologico completamente diverso, oggi sembrano perdere senso di fronte a dati concreti e verificabili.