Cresciuto in una famiglia cattolica e prete mancato, l’esperienza in seminario da ragazzo durò soltanto pochi mesi, Martin Scorsese ha caratterizzato il suo cinema con una dimensione religiosa presente in maniera più o meno manifesta in tanti film che ha realizzato. Basta pensare, per fare due esempi diretti, a titoli come “L’ultima tentazione di Cristo” e “Silence”. Non sorprende quindi vederlo impegnato, come produttore e anche voce narrante, nella serie “The Saints” sulle vite di alcuni santi che torna da domenica sulla piattaforma americana Fox Nation con una seconda stagione.

Tra gli episodi ce n’è uno dedicato a Carlo Acutis, il primo santo millennial della storia della Chiesa recentemente canonizzato da Papa Leone XIV, e a interpretarlo è il giovane attore di origini sarde Jacopo Iebba. Madre di Bolotana, lui è nato e residente a Tivoli, racconta di essere molto legato all’isola e di portarla simbolicamente sempre con sé tramite un ciondolo, tenuto attorno al collo da quando era un bambino, raffigurante la maschera dei Mamuthones. Un portafortuna che evidentemente ha fatto bene il suo lavoro, accompagnando Jacopo in un percorso attoriale arrivato, a soli 20 anni, a un momento importantissimo con la partecipazione a una serie dietro la quale figura il nome di una leggenda come Martin Scorsese. Un sogno nato con un self tape.

«Come spesso accade – racconta – il primo provino si fa a casa, registrandosi, e io l’ho fatto senza immaginare che la cosa sarebbe andata avanti. Invece è continuata con altri provini e alla fine mi hanno preso». A sceglierlo Francesca Scorsese, la più giovane delle figlie del grande regista americano, alla quale è stato assegnato il compito di dirigere l’episodio che lo vede protagonista. «Lei è molto solare, simpatica e mi ha lasciato libero di proporre delle idee sul set che si è sviluppato tra Roma e Assisi». Le riprese che si sono svolte a maggio non hanno visto presente il padre Martin, ma Jacopo Iebba ha avuto l’occasione di incrociarlo almeno virtualmente: «Durante la fase di preparazione in videochiamata con Francesca ogni tanto parlavano tra loro», ricorda l’attore, appassionato ovviamente delle opere del cineasta che ha fatto la storia della settima arte negli ultimi cinquant’anni.

«Ha diretto dei capolavori incredibili come “Taxi Driver”, “Toro scatenato” e “Quei bravi ragazzi”, ma amo molto anche un film spesso sottovalutato come “Hugo Cabret” che parla della nascita del cinema». L’esperienza in “The Saints” arriva dopo aver conosciuto altri set importanti. «Ho lavorato in due lungometraggi di Massimiliano Bruno, “Beata ignoranza” e “Non ci resta che il crimine”, interpretando in entrambi Marco Giallini da giovane. In “La musica del silenzio” ispirato alla vita di Andrea Bocelli, ho recitato proprio la sua parte da ragazzo. Il regista è Michael Radford che con Massimo Troisi aveva girato “Il postino”, uno dei miei film preferiti». Sin da giovanissimo ha mostrato una propensione per la recitazione.

«Già all’asilo, con gli spettacolini che facevamo davanti ai parenti. A 8 anni, assecondando questa inclinazione, i miei genitori mi hanno iscritto a una scuola di recitazione e poi ho avuto la fortuna di iniziare a fare i primi cortometraggi con gli allievi del Centro sperimentale a Roma». Una passione portata avanti insieme a quella per la danza. «Ho studiato break dance e adesso la insegno anche ai bambini, mentre cerco di realizzare i primi lavori da regista e spero di continuare il percorso da attore».