Quello tra OnePlus e OPPO è un legame strettissimo, e non vi nascondiamo che se non avessimo visto il OnePlus 15 prima di recensire il Find X9 Pro, smartphone eccellente sotto tutti i punti di vista, avremmo raccontato quest’ultimo con ancora più entusiasmo.

Quello che non abbiamo trovato infatti nell’OPPO lo abbiamo trovato nel OnePlus 15, che rappresenta un punto di vista differente di un progetto che ha radici comuni.

OPPO aveva bisogno di differenziare il OnePlus 15 dal suo Find X9 Pro, e se per il primo ha scelto come focus principale la fotografia, nel caso del OnePlus 15 ha scelto il gaming. Ogni azione ha ovviamente una reazione, e ogni scelta ha vantaggi e compromessi: il Find X9 Pro, per avere fotocamere di qualità, ha un gruppo ottico molto grosso, forse non perfettamente bilanciato nella sua proporzione e anche abbastanza spesso. La qualità fotografica richiede spessore.

OnePlus, che ha fatto un passo indietro sulle fotocamere, ha dal canto suo un blocco più piccolo, più simmetrico, sicuramente meno potente ma anche più sottile. Però, essendo uno smartphone che guarda al gaming, è spinto al massimo sul fronte delle prestazioni, ha un processore Snapdragon 8 Elite Gen5, un sistema di dissipazione che usa materiali particolari come l’aereogel, uno schermo che è identico a quello dell’OPPO ma per qualche motivo può arrivare a 0.5 nits di luminosità minima e a 165 Hz di refresh massimo, oltre ad una serie di accorgimenti per massimizzare la sua reattività.

L’utente viene messo di fronte ad una scelta difficile, e probabilmente quello che vorrebbe è quel telefono che unisce il meglio del OnePlus 15 con il meglio del Find X9 Pro, telefono che però non esiste.

In mezzo a questa incertezza OnePlus si gioca la carta alla quale gli utenti sono più sensibili, quella del prezzo: non viene venduto nei negozi, quindi non deve riconoscere i margini alla distribuzione, non ha pubblicità che non sia quella online e riesce ad arrivare con un listino di 1029 euro al pubblico nella versione da 16 GB di RAM e 512GB di storage, quella migiore. Anche meno se una persona ha preso il pre-order, perché ci sono ulteriori 50 euro di sconto (oltre ad una serie di regali che però non abbassano la cifra che l’utente deve tirare fuori). La versione da 12 GB / 256 GB costa ancora meno.

Fin dal primo meno in cui abbiamo toccato questo OnePlus ci siamo detti che questo smartphone ha davvero una marcia in più ed è probabilmente uno dei più riusciti dell’anno. Ecco i motivi.



Più resistente del titanio e con retro in fibra di vetro

Esistono tre OnePlus 15, e sono tutti diversi: c’è la versione Infinite Black, la versione Sand Storm e la versione Ultra Violet. Sappiamo cosa state pensando: ovvio che sono diversi, cambia la finitura.

In realtà cambia molto di più della finitura e la versione da noi provata, Sand Storm, è un qualcosa che non abbiamo mai visto nel settore degli smartphone (ricorda il Ceraluminium di Asus).

La scocca è ovviamente IP69, massimo livello di protezione da polvere e acqua, ma quello che le fotografie faticano a trasmettere è la sensazione di un materiale opaco che non sembra un metallo, sembra quasi una ceramica. Tutta la scocca interna e la cornice sono trattate con un particolare processo chimico che secondo OnePlus la rende 1.3 volte più dura del titanio.

Quella che OnePlus chiama Micro-Arc Oxidation (MAO) viene chiamata anche Plasma Electrolytic Oxidation (PEO) ed è un processo elettrochimico avanzato utilizzato per creare rivestimenti ceramici molto duri e resistenti sulla superficie di metalli leggeri come alluminio, magnesio e titanio.

Il metallo viene immerso in un elettrolita e collegato a una sorgente di corrente elettrica ad alta tensione: quando la tensione supera una certa soglia, si generano micro-scariche (micro-archi) sulla superficie del metallo che fanno reagire il metallo con l’ossigeno presente nell’elettrolita.

Il risultato è la formazione di uno strato ceramico di ossido fortemente aderente al metallo di base che garantisce altissima durezza (simile a quella della ceramica industriale), elevata resistenza all’usura e alla corrosione, buona stabilità termica possibilità di modificare spessore, colore e proprietà del rivestimento, motivo per il quale sembra sabbia.

L’intera scocca è in alluminio, ma è stata ossidata con un trattamento particolare.

Attenzione però: la Micro-Arc Oxidation non serve per rendere il metallo più resistente strutturalmente ma a migliorare drasticamente la durezza superficiale, la resistenza all’usura e la protezione termica: sembra effettivamente un guscio ceramico ultrasottile.

Non sappiamo se sia davvero così, servirebbero test distruttivi, ma sappiamo che il feeling che offre, a livello tattile, è sorprendente.

Come è sorprendente che OnePlus abbia deciso di mettere sul retro un pannello in composito di fibra di vetro leggero che oltre ad essere robusto e anti-graffio non si rompe come un normale vetro lasciando le classiche crepe, ma si “scheggia” solo nel punto in cui subisce l’urto.

Questo vale solo per la versione Sand Storm, perché la Infinite Black è una finitura più tradizionale, classico alluminio e vetro nero. L’unica particolarità è quella di essere riusciti ad ottenere un vetro che sembra nerissimo grazie ad uno strato inferiore che annulla ogni tipo di riflessione.

Ancora più classica Ultra Violet: ha un rivestimento ottico a doppio strato che reagisce alla luce con un suggestivo passaggio dal viola allo zaffiro, ma è sempre il classico alluminio con vetro, e se dobbiamo essere onesti il bordino che riflette non è neppure bellissimo.

L’aspetto forse più paradossale è che nonostante i materiali diversi e nonostante la versione Sand Storm venga dichiarata come molto più robusta il prezzo di listino è lo stesso per tutte le versioni. È soggettivo, ma Sand Storm è a nostro avviso OnePlus 15. Gli altri colori sono molto più banali.



Il primo schermo 1.5K a 165 Hz

OnePlus 15 adotta uno schermo simile a quello di Oppo Find X9 Pro, uno schermo 1.5K con una risoluzione di 2772×1272 spalmati su 6.78”. La risoluzione non è altissima, non è il 2K che molti si sarebbero aspettati dallo schermo OLED di un top di gamma, ma la scelta è sensata: distinguere i pixel su questo schermo è praticamente impossibile e aumentare la risoluzione non avrebbe molto senso, comporterebbe solo un maggiore carico computazionale.

Abbiamo detto che il pannello OLED LTPO usato da OnePlus sembra lo stesso del Find X9 Pro perché i dati di targa sono gli stessi, ma OnePlus lo ha leggermente migliorato probabilmente modificando il firmware del controller: su OnePlus 15 questo schermo arriva a 0.5 nits di luminosità minima, quindi un valore più basso di quello dell’OPPO, ma soprattutto arriva a 165 Hz di refresh, frequenza questa supportata nativamente da molti giochi Android.

La parte a nostro avviso già interessante è il modo in cui OnePlus ha gestito la cornice inferiore, solitamente più spessa: iniettando un polimero dietro lo schermo (LIPO, Low Injection Over Molding) OnePlus è riuscita a stabilizzare la connessione dello schermo con la mainboard in una zona piccolissima, e il risultato sono cornici più sottili di quelle di un iPhone, siamo a 1.15 mm su tutti e quattro i lati.

Abbiamo fatto il paragone con Apple perché questa tecnica è stata usata proprio per ridurre le cornici su iPhone 15 Pro. OnePlus ha aggiunto anche un processore per gestire il touch screen con un sampling rate altissimo, 3200 Hz, ma onestamente è difficile percepire una differenza nell’uso pratico.

Ci dovrebbe essere anche un trattamento anti-riflesso che tuttavia non fa miracoli.



Il primo in Europa con Snapdragon 8 Elite Gen 5

OnePlus 15, rispetto a Find X9 Pro che adotta un processore Mediatek, è il primo che arriva in Europa con Snapdragon 8 Elite Gen 5, il processore a 3 nanometri di Qualcomm con core Oryon di terza generazione. Il processore lo conosciamo: la CPU, che raggiunge la frequenza di 4.6GHz, offre un guadagno di prestazioni del 20% e una maggiore efficienza energetica del 35% rispetto al modello precedente e la nuova GPU Adreno 840, che opera a 1.2 GHz, porta l’aumento al 23%. A questo si aggiunge anche una NPU più veloce del 37%, utile perché come vedremo OnePlus ha qualche funzione IA che usa un approccio ibrido, inference locale e elaborazione in cloud.

Il processore lo conosciamo, abbiamo già avuto modo di misurare le sue prestazioni quando Qualcomm lo ha lanciato a settembre e anche nella scocca del OnePlus 15 conferma gli stessi valori. Siamo davanti ad un processore sovradimensionato per quelli che sono gli applicativi di uno smartphone di oggi, anche se la possibilità di toccare i 165 Hz di refresh, e quindi la richiesta di 165 fotogrammi al secondo alla GPU, ne giustificano un po’ il senso.

Grazie ad un ottimo sistema di dissipazione il processore mantiene le prestazioni per ore senza mai scendere di frequenza

Quando siamo andati nelle scorse settimane alla presentazione dello smartphone, e abbiamo potuto parlare un po’ con gli ingegneri che hanno lavorato sulla parte di ottimizzazione, ci hanno spiegato che in realtà si sono resi conto che il solo processore non bastava per fare quello di cui avevano bisogno loro in termini di performance in gioco, e sono stati costretti a lavorare direttamente sul kernel di Android per cambiare il modo in cui lavora lo scheduler.

OnePlus dice di aver scritto 25.641 linee di codice originale che lavorano direttamente sul kernel Android per sostituire il Completely Fair Scheduler (CFS), ovvero l’algoritmo di pianificazione standard del kernel Android/Linux che assegna il tempo CPU ai processi in modo equo e dinamico, basandosi su quanto ciascun processo ha già usato la CPU. Su Android funziona bene, ed è ottimizzato per bilanciare prestazioni, fluidità e consumi energetici, ma secondo OnePlus questo scheduler può lasciare fino al 10% delle risorse CPU inutilizzate durante il gioco perché non conosce bene il gioco.

Grazie a un’analisi approfondita dei carichi tipici di alcuni videogiochi OnePlus è riuscita inoltre a ridurre le istruzioni CPU non necessarie del 22,74%, tagliare i tempi di attesa dei task del 66% e migliorare l’efficienza di calcolo del 49%. Questo ha permesso con alcuni titoli di raggiungere 120fps costanti senza cali di frame per oltre 60 minuti, risultato senza dubbio notevole.

Fortnite al massimo dettaglio gira a 90 fps costanti

Per quanto in certi paesi, come la Cina e l’India il gaming sia un tema caldo capace di attrarre i consumatori, in Europa la situazione è ben diversa e sarebbe sbagliato dire che questo è uno smartphone pensato solo per i videogiochi: è uno smartphone incredibilmente veloce perfetto per tutto.

OnePlus 15 sarà disponibile in Europa in due versioni, quella da 12+256 GB a 979 € e in quella da 16+512 GB di RAM. Questa variante utilizza quelle che OnePlus chiama LPDDR5X Ultra+, che non è un nuovo standard ufficiale JEDEC, ma è semplicemente una selezione di moduli LPDDR5X di qualità più alta che quindi possono essere gestiti con tensioni e timing più aggressivi: si arriva così a 10667 Mbps di velocità, il valore più alto mai visto su uno smartphone.


Interessante anche il modo in cui è stata gestita la dissipazione del processore: il calore non può sparire, e ovviamente dopo un uso intenso il retro è tiepido, ma OnePlus ha canalizzato il calore in modo intelligente posizionando strategicamente un quadrato di circa 2 cm per lato di aerogel per isolare efficacemente il calore superficiale, impedendo il trasferimento del calore del SoC allo schermo.

L’aerogel usato per evitare che il calore si propaghi allo schermo OLED

L’areogel è uno dei migliori solidi isolanti al mondo, è incredibilmente costoso ed è il motivo per il quale ne viene usato pochissimo, ma da quanto abbiamo visto funziona: anche se la scocca è tiepida lo schermo resta tutto sommato fresco e la luminosità di picco non cala.

Al centro della struttura c’è una grande camera di vaporeda 5.731mm² per la dissipazione del calore centrale affiancata ad una una cover posteriore in grafite bianca, a contatto con il pannello in fibra. Con il classico test di throttling termico il OnePlus 15 riesce a mantenere prestazioni costanti nel tempo senza alcuna incertezza.



La connettività Wi-fi è da primo della classe

Sono ben 15 le antenne che gestiscono wi-fi, 5G e bluetooth disposte attorno alla scocca “ceramica” del OnePlus 15, e questa non è la sola novità: OnePlus ha deciso di non usare il classico controller FastConnect che viene usato per gestire i moduli radio degli smartphone con piattaforma Qualcomm sostituendolo con un processore sviluppato in casa, il G2. Siamo sempre davanti ad un processore Wi-fi 7, provando a spostarci di piano in piano in una abitazioni con pareti spesse e sistema wireless Wi-fi 7 mesh Netgear abbiamo mantenuto per tutto il tempo una connessione con velocità elevatissima, nei limiti del Wi-fi 7, e con latenza minima.

OnePlus pubblicizza la sua piattaforma di connettività wireless come la soluzione perfetta per chi gioca in mobilità, ma la realtà è che ne beneficiano tutti: in posti dove una rete wireless prende poco, e male, il OnePlus 15 ci ha sorpreso.

Come si ha sorpreso sulla classica ricezione telefonica: Qualcomm è una garanzia e non tradisce le aspettative: nel nostro classico percorso Milano – Lodi sul passante ferroviario abbiamo tenuto la comunicazione dati attiva anche nella tratta dove con altri telefoni è difficile agganciare la portante dati, si riesce solo a fare una telefonata. Il modem supporta inoltre doppia eSim, anche se questa feature verrà introdotta con un update software previsto a gennaio.



La batteria da 7300 mAh dura un po’ meno di quanto ci aspettavamo

OnePlus lo aveva già annunciato: in Europa avrebbe usato la stessa batteria della versione cinese ed ecco quindi che sotto la scocca di OnePlus 15 c’è una batteria da 7300mAh progettata sulla base di un sistema dual-cell in serie, dove ogni cella ha una capacità tipica di 3650 mAh. Questo è il motivo per il quale OnePlus 15 può essere venduto in America, dove le norme per il trasporto su strada delle celle al litio sono più rigide rispetto all’Europa.

Ci troviamo davanti ad una batteria al silicio carbonio che incorpora un contenuto di silicio del 15% nell’anodo, ingegnerizzata secondo l’azienda per mantenere oltre l’80% della sua salute anche dopo 4 anni di utilizzo.

Nonostante la capacità notevole dobbiamo dire che non abbiamo visto differenze enormi nell’autonomia quotidiana di questo OnePlus 15 rispetto ad un iPhone 17 Pro Max: dura leggermente di più, ma non si sente quella differenza di oltre 2000 mAh. L’OPPO ha una autonomia decisamente maggiore, merito probabilmente del processore meno spinto e di una gestione anche meno aggressiva del refresh del display. Probabilmente è anche “colpa” della doppia cella, meno efficiente di una cella singola. Crediamo che OnePlus abbia sacrificato leggermente l’autonomia per le prestazioni, anche se c’è una modalità risparmio energetico che porta l’autonomia ad un giorno e mezzo abbondante.


Per quanto riguarda la ricarica OnePlus 15 supporta ricariche cablata e wireless: con il caricatore proprietario può essere caricato in circa 40 minuti a 120 Watt, tramite carica wireless, sempre proprietaria, arriva a 50 Watt. C’è come per l’OPPO una custodia che abilita anche la ricarica magnetica. Usando un caricatore power delivery si dovrebbero raggiungere i 36 Watt, ma abbiamo misurato qualcosa meno.

Come per l’OPPO c’è il bypass Charging che permette di alimentare il dispositivo direttamente dalla presa di corrente mentre si gioca, bypassando la batteria. Ricaricare la batteria comporta un aumento del calore interno che si somma al calore generato dal processore: evitando la ricarica nel momento in cui lo smartphone è già caldo per il lavoro del processore si salvaguarda un po’ la salute della cella al litio.



Sulle fotocamere un passo indietro ricercato

OnePlus ha tre fotocamere da 50 megapixel ma non sono le fotocamere di un cameraphone. L’azienda ha fatto una scelta ben precisa: non voleva un camera bump troppo spesso ed è convinta che ormai usando la fotografia computazionale possa dare una resa che soddisfa a piano la quasi totalità delle persone.

One-plus sa che esistono persone che sono molto esigenti dal punto di vista fotografico, ma è anche consapevole che non tutti sono in grado di sfruttare a pieno poi un hardware sovradimensionato, oltre alla componente tecnica serve anche un certo talento.

Il OnePlus 15 è comunque caratterizzato da un array di fotocamere da 50MP che copre focali da 14 mm a 170 mm circa, dove la camera principale è una Sony IMX 906 da 1/1.56” stabilizzata con apertura ƒ/1.8. Più piccolo il sensore wide: è un Omnivision OV50D con autofocus, quindi capace di scattare foto macro, con apertura ƒ/2.0 e campo visivo di 116°, equivalente ad un 14 mm circa. C’è poi il tele, 3.5x ottico con zoom lossless tramite crop a 7x. È stabilizzato, ma ha una apertura molto ridotta e soffre un po’ in condizioni di bassa luminosità.


OnePlus ha preso una strada difficile, ha scelto il miglior sensore che poteva scegliere per ogni lente guardando soprattutto alla risoluzione e allo spessore del sensore stesso, ma si tratta di tre sensori da tre fornitori diversi (Sony, Samsung e Omnivision) per i quali può essere difficile trovare una calibrazione cromatica coerente.

Il risultato, vedremo poi, è comunque buono. A questi tre si aggiunge una fotocamera frontale da 32MP che utilizza un sensore personalizzato Sony IMX709 dotato di un filtro RGBW: si perde un po’ di coerenza cromatica rinunciando ad uno dei due filtri verdi, ma questo filtro viene sostituito da un elemento bianco che fa passare il 60% in più di luce per selfie in condizioni di scarsa illuminazione. Questa camera è dotata di autofocus e ha una lunghezza focale equivalente a 21 mm, quindi un grandangolo molto spinto.

Come abbiamo detto OnePlus si affida molto alla fotografia computazionale, ormai lo fanno tutti, ma quello che fa il DetailMax Engine (questo il nome del sistema di elaborazione) merita di essere citato perché anche lui, un po’ come Apple e come OPPO, fonde più fotogrammi da 12MP (per un’ampia gamma dinamica) con un fotogramma da 50MP (per l’alta risoluzione), producendo una foto finale da 26MP in una dimensione di file non eccessivamente grande per la condivisione e l’archiviazione. Questa funzione non è attiva di default, ma attivandola insieme all’HEIC una persona si trova una libreria di foto a 26 megapixel che occupano quanto le classiche foto Jpeg a 12 megapixel.

Apri originale

Apri originale

Apri originale

Apri originale

Apri originale

Apri originale

Apri originale

Il sensore non è grandissimo, ma è dotato di Dual Analog Gain (DAG), quindi da un solo scatto riesce ad avere due immagini con due livelli di sensibilità differente grazie al convertitore, e questo elimina il divario temporale tra i fotogrammi che si ha solitamente quando si scattano più foto di notte con le modalità notte classiche, che catturano più pose ma devono poi essere allineate. Qui la foto è una sola, le immagini due e se le condizioni non sono terribili (buio totale) si recupera lo stesso dinamica e si ripulisce un po’ di rumore.

La fotocamera come si può vedere dalle foto sopra è comunque una buona fotocamera. Certo, è un passo indietro ma c’è chi preferisce uno smartphone più sottile: si tratta di scelte, e c’è comunque l’opzione OPPO che guarda proprio alla fotografia. Da segnalare qualche piccolo bug che crediamo verrà corretto alla prima release software: qualche incertezza nella modalità manuale, il bilanciamento del bianco nelle foto notturne, la coerenza cromatica delle diverse lenti che può essere migliorata ulteriormente. 


OnePlus 15 ha anche una sezione video ben curata, è tra i primi smartphone Android in grado di registrare video 4K a 120fps con HDR Dolby Vision e grazie all’ISP dello Snapdragon ha anche il Tone Mapping in real time. Volendo c’è anche il supporto per la registrazione video Log che usa il formato proprietario O-Log. Si registra il classico video flat con dinamica esagerata, da “colorare” in post produzione, ma il player dello smartphone fornisce un’anteprima live LUT (Look-Up Table) che mostra agli utenti un’anteprima con gradazione di colore in tempo reale nel mirino. Può essere usata la LUT di default o caricata una LUT con un gradino personalizzato.





OxygenOS, ColorOS con un nome diverso

OxygenOS è praticamente la ColorOS di OPPO con due differenze, nome a parte: di default le icone sono tonde, e quindi assomiglia meno ad iOS nel primo impatto, e c’è meno bloatware (manca ad esempio Temu) anche se vengono preinstallate ugualmente app come TikTok o Instagram.

OxygenOS 16 si basa su Android 16 ed è velocissima, fluida, piena di possibilità di personalizzazione anche se a tratti manca un po’ la coerenza stilistica, alcune trasparenze andrebbero sistemate e alcuni elementi rivisti nel layout. C’è un po’ di lavoro da fare. Lato aggiornamenti vengono promessi 4 anni di sistema operativo e 6 anni di sicurezza, con patch bimestrali.

Come sull’OPPO anche sul OnePlus ci sono funzioni IA utilizzi e ben pensate: usando il tasto laterale Plus Key si possono prendere screenshot o note vocali e tutte le informazioni vengono memorizzate in Mind Space.

L’obiettivo è eliminare il caos digitale, fungendo da repository unificato e ricercabile per tutte le memorie digitali (articoli, scontrini, piani di viaggio, messaggi) che altrimenti verrebbero dispersi in innumerevoli app.

Plus Mind (questo il nome dell’IA, Mind Space è il contenitore) è in grado di comprendere il contenuto da ogni elemento salvato: se si vede un poster di un concerto OnePlus 15 estrarrà automaticamente la data e l’ora, suggerendo di aggiungerla al calendario. Grazie alla collaborazione con Google e ad una estensione dedicata Gemini può accedere alle informazioni salvate in Mind Space, ottenendo così un assistente veramente personalizzato che fornisce suggerimenti su misura per l’utente.


Il tasto laterale richiama l’IA

Esempio: un utente deve organizzare un viaggio a Barcellona e salva un po’ di screenshot da siti di viaggio tramite il tasto Plus dedicato a sinistra. Successivamente, premendo il tasto di accensione, può fare la richiesta a Gemini, vocalmente: “Ci sono alcuni dei miei luoghi salvati a Barcellona in Mind Space che sarebbero visitabili con il tempo di domani?”.

Gemini incrocerà le note personali, controllerà le previsioni del tempo online e genererà un itinerario personalizzato.


Come nel caso di OPPO parte del lavoro, ad eccezione dell’analisi delle schermate che viene fatta in locale, è gestito in cloud e i dati vengono gestiti all’interno di un Private Computing Cloud (PCC) crittografato rendendoli inaccessibili a chiunque. Secondo OnePlus nemmeno lei è in grado di accedervi.


Non mancano poi altre funzioni IA di base: AI Recorder può trascrivere riunioni e interviste, distinguere tra i diversi oratori e generare riassunti concisi, AI Portrait Glow corregge in modo intelligente i ritratti sovraesposti o sottoespost, AI Scan trasforma documenti, come foto o lavagne fotografate dal fianco, in PDF puliti e privi di distorsioni con una semplice scansione.


Infine c’è AI PlayLab, che offre l’accesso ad alcune funzioni sperimentali. Una di queste, YumSee, è piacevole perché partendo dalla foto di un menù in qualsiasi lingua crea un menù in Italiano, con i prezzi convertiti in euro e con una foto di quello che dovrebbe essere il piatto.