Una vita libera, alternativa, a contatto con la natura o una scelta estrema, del tutto inadatta ai bambini? Per più di cinquemila persone che hanno aderito alla petizione per salvare la famiglia che vive nel bosco di Palmoli (Chieti), senza acqua corrente né elettricità con tre bambini piccoli, la risposta esatta è la prima. “Educare i figli con amore, rispetto per la natura e empatia è un esempio positivo. La loro scelta di vita dovrebbe essere rispettata, non punita”, “Stanno chiedendo solo di vivere serenamente”, “Spero realmente che il nostro paese non abbia perso completamente la propria libertà, nè il rispetto verso le persone che preferiscono fare scelte diverse da quelle imposte da un sistema eccessivamente corrotto”, “Lasciateli in pace, sono più centrati degli altri bimbi ormai lobotomizzati”.

Sono solo alcuni dei commenti comparsi su Change.org, nella pagina dedicata alla petizione avviata dall’associazione per i diritti degli animali Meta Parma e che punta alla difesa di Catherin e Nathan. Australiana lei, inglese lui, vivono in un vecchio casolare con i loro tre figli, una bambina di 8 anni e due gemelli di 6. L’acqua è quella del pozzo, la cucina è a legna, e il bagno, ovviamente senza scarico, è all’esterno dell’abitazione. La vicenda è arrivata in procura nel 2024, dopo che la famiglia era finita in ospedale per un’intossicazione alimentare dovuta ai funghi. I carabinieri avevano così scoperto le condizioni abitative, le carenze igienico-sanitarie e l’assenza di un percorso scolastico per i piccoli. Ora la decisione riguardo al futuro dei figli spetta al Tribunale per i minorenni chiamato a pronunciarsi entro fine novembre a meno che la famiglia non accetti di ripristinare nella casa almeno i servizi igienici.

La scelta di una vita unschooling

A far discutere di più è il fatto che i bambini non frequentino la scuola. In Italia l’istruzione è obbligatoria fino ai 16 anni di età e per chi sceglie l’istruzione parentale è previsto l’obbligo di sottoporre i minori a un esame di idoneità alla fine di ogni anno scolastico. Catherine e Nathan hanno spiegato di aver scelto una particolare forma di homeschooling, l’unschooling, in cui i bimbi imparano quello che vogliono grazie a esperienze quotidiane, senza un reale piano di studio. L’approccio, nato negli anni 70 negli Usa, ha alla base un rifiuto totale dell’apprendimento scolastico classico, in favore di un modello incentrato sulle emozioni. “È giusto non considerarli due metodi troppo distanti tra loro – spiega Annalisa Vincenzi, consigliera di Laif, Associazione istruzione in famiglia. Si passa continuamente dall’uno all’altro. Mettiamo semplicemente il bambino al centro del processo educativo, cercando di sviluppare le sue passioni, i suoi interessi. Con Catherine e Nathan ho parlato personalmente al telefono – continua – La loro è una scelta molto radicale ma ci tengo a dire che non hanno alcun rifiuto del mondo o della socialità. E anche se alle nostre latitudini non è usuale avere il bagno fuori casa non penso che possa danneggiare il benessere di un bambino”.

Per la coppia la società è ‘avvelenata’ e da qui la scelta di una vita lontana dalla tecnologia, a contatto diretto con la natura. Il legale della famiglia, l’avvocato Giovanni Angelucci, ha spiegato che “non c’è nessuna violenza né quel disagio o quelle devianze che caratterizzano certi nuclei familiari”. “Le vibrazioni del mondo sono troppe alte – ha detto la mamma, intervistata da Le Iene – in natura sono molto più equilibrate. Le nostre regole? Condividere, aiutarsi a vicenda, dire la verità”. “Questa è la vita più bella per noi, abbiamo fiducia che il giudice farà la scelta giusta”, ha concluso il padre”. Chissà se anche i giudici la penseranno allo stesso modo.