di
Roberta Scorranese
Il giornalista, direttore editoriale di Libero: la Bonino è stata sempre attratta dai salotti di sinistra. Armani doveva fare il sindaco di Milano
Daniele Capezzone, un ricordo dell’infanzia.
«Nato a Roma, i miei avevano un negozio di abbigliamento. Ero un bambino allegro».
Prime letture?
«Papà mi fece scoprire la leggerezza di P.G. Wodehouse, che leggo in lingua originale perché parlo un buon inglese, ma da bambino leggevo anche Seneca e Pirandello».
Se Pirandello ti entra nelle vene da piccolo, poi sarà difficile liberarsene.
«Sì, perché grazie ai suoi libri ho capito che non esiste una sola verità».
Chi è il Seneca della politica italiana?
«Non c’è».
Nemmeno Gianni Letta?
«Un grande uomo, un ottimo giornalista e un intellettuale. Andrebbe studiato a scuola».
Lei ha scritto un libro contro il woke.
«Spero che sia qualcosa di più. Trumpisti o Muskisti, comunque ”fascisti” vorrebbe essere un messaggio alla sinistra: basta cercare nemici dappertutto, parlare di fascismo con leggerezza. Così si instilla l’odio».
Ma la soluzione è mettere a tacere Jimmy Kimmel?
«No e infatti lo dico chiaro: la lotta al woke non può essere una nuova forma di woke».
Lei ha studiato dai preti.
«Al Collegio San Giuseppe, dai Fratelli delle scuole cristiane, sì».
Una carriera nei Radicali deve aver fatto di lei un perfetto laico anticlericale.
«Sono laico ma non laicista. Le confesso una cosa: ogni sera, alla fine di una giornata di lavoro, io mi raccolgo in silenzio e in solitudine per qualche minuto. Rifletto molto attentamente su quello che ho fatto e sul peso delle scelte. È meditazione? È preghiera? Non so».
Perché le piace Elon Musk?
«Come scrivo nel libro, per me è un genio rinascimentale, un moderno Prometeo che ruba il fuoco agli dei per darlo agli uomini».
Per «darlo agli uomini»? Sicuro sicuro?
«Ma scusi, chi dovrebbe ispirare oggi un ragazzo o una ragazza? Uno come lui, che ha invenzioni geniali e sogna di andare su Marte o gli uccelli impagliati della politica europea?».
Ma lei, in una vita precedente, è stato europeista.
«No, mai, anzi, nei primi anni Duemila scrissi un libro, Euroghost. Un fantasma s’aggira per l’Europa. Un atto d’accusa contro l’Europa della burocrazia lenta, delle tasse, di un’idea sbagliata di uguaglianza: anche Margaret Thatcher, in un intervento poco noto, metteva in guardia contro un’idea di integrazione europea dimentica delle differenze».
Primo incontro con Marco Pannella.
«Ero un ragazzo appassionato di politica, me lo presentarono al termine di un sit-in. Era alto, capelli arruffati, geniale. Gli diedi del lei e mi presi così la prima di una lunga serie di tremende sfuriate. Odiava i formalismi. Anni magici: con lui si faceva l’alba nel correggere i testi degli opuscoli. Montagne di sigarette».
L’ultima volta che ha visto Emma Bonino?
«Siamo sempre stati molto distanti. Premessa: le faccio un augurio affettuoso e spero che le sue battaglie mediche abbiano un buon esito. Ma non ho mai condiviso la sua inclinazione a frequentare i salotti di sinistra».
Poi lei, come san Paolo, è stato folgorato sulla via di Berlusconi.
«Fu lui a cercarmi».
Racconti.
«Lavoravo in tv con Piero Chiambretti, a Markette. Scherzai sulla passione di Berlusconi per Mariano Apicella e il Cavaliere mi mandò a chiamare. Mi regalò un cd di Apicella e disse: lavoriamo assieme. Diventai il portavoce di Forza Italia e del PdL».
Anche Berlusconi era pirandelliano?
«Il più pirandelliano di tutti. Siamo abituati a immaginarlo scoppiettante, incline alla battuta, ma poche persone come lui ho visto capaci di una concentrazione quasi monacale».
Un esempio.
«Campagna elettorale del 2013, giornate sfiancanti, con Silvio ci vedevamo intorno a mezzanotte dopo lunghi viaggi e interviste o comizi. Una volta tirammo l’alba e il giorno dopo, al mattino presto, lei sa dove lo ritrovai? Stava facendo le prove con i tecnici audio e video per una diretta. Le prove: un professionista del video come lui che non smetteva mai di provare, imparare, crescere».
Ma è vero che Dudù le ringhiava sempre?
«No, facciamo chiarezza: c’è un suo collega del Corriere che ogni tanto dice che Dudù mi odiava. Poi, puntualmente, arriva una collega de La Stampa che parla di un limone che io avrei tenuto sempre in tasca per farlo giocare e in tal modo ingraziarmelo».
Dove sta la verità?
«La verità è che io e Dudù abbiamo sempre avuto ottimi rapporti diplomatici. Io poi sono gattaro».
Una gatta, Giuditta.
«Che sta a Roma, ma siccome ormai sono mezzo romano e mezzo milanese, a Milano c’è anche un maschio, Zorro».
È vero che lei si è dichiarato bisessuale?
«No, ma le rispondo con le parole di Charlie Kirk: “Mai qualificarsi, come esseri umani, per ciò che uno fa in camera da letto”. La dimensione delle scelte personali non dovrebbe avere alcun rilievo, né positivo né negativo, nella dimensione pubblica o lavorativa. Quindi, viva l’amore, viva il sesso e ognuno faccia quello che crede. In altri termini: non sono interessato a ciò che Elly Schlein fa in camera da letto, sono interessato a ciò che fa con le mie tasse».
Nel suo libro lei cita Bowie e Mercury come esempi anche per i più giovani, oggi.
«Sì, perché non hanno mai avuto bisogno di etichette, né di fare lezioncine sull’inclusione. Ma si sono trasformati in continuazione».
Vespa o Floris?
«Vespa. Ha il coraggio di fare trasmissioni senza pregiudizi sul governo».
Giuli o Sangiuliano?
«Apprezzo Giuli, ma Sangiuliano è stato un buon ministro della Cultura».
Se le dico Michela Murgia?
«Meglio lei degli eredi murgiani».
Trump le piace molto, affiora dal libro.
«Riassumo: potrebbe succedere che dentro un declino occidentale incerto solo nella sua pendenza, nella sua più o meno ripida inclinazione, sia proprio un Grande Irregolare a salvare il salvabile. Anche se ha tutti contro».
Sì, Capezzone, ma anche la destra grida sempre al nemico, su.
«Ma la sinistra, almeno in Italia, ha una macchina mediatica e culturale che è molto più allenata ad individuare dei bersagli».
Non mi dica che non ascolta grandi cantautori come De Gregori o Guccini.
«Io ascolto Bach».
Lei è spesso in tv.
«Ma faccio una proposta, diretta sia alle reti pubbliche che alle principali reti private italiane: via le liti, via i monologhi, ripristiniamo il civile faccia a faccia, un tot di minuti per ciascuno, con invitati di pareri opposti. Capezzone con Saviano, Capezzone con Santoro, eccetera».
Ma sempre Capezzone.
«Ma no, anche con altri».
Chi vedrebbe come sindaco di Milano?
«Mi pare folle che nessuno, negli anni passati, lo abbia mai chiesto a Giorgio Armani».
Ora è troppo tardi.
«Ma agli apparati politici manca anche la capacità visionaria. Un po’ come il cinema: dove sono finiti i Clint Eastwood? I film italiani dei quarantenni o dei cinquantenni che si guardano l’ombelico hanno anche rotto le palle».
Lei si è vaccinato contro il Covid?
«Ho fatto le vaccinazioni, ma ero e resto fermamente contrario all’obbligo».
Ultima domanda: ha mai desiderato di avere dei figli?
«No, perché avrebbe voluto dire una dedizione completa a qualcuno per anni. E temo che non sarei riuscito a onorare l’impegno. Non voglio evocare paternità morali, per carità. Ma penso di essere padre o fratello maggiore di tanti e tante che ogni giorno mi scrivono “Capezzone, la stimo”».
14 novembre 2025
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