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Diabete: si può prevenire? Sintomi, cure, complicanze (e come evitarle). Come sono assistiti i malati e cosa manca
SSalute

Diabete: si può prevenire? Sintomi, cure, complicanze (e come evitarle). Come sono assistiti i malati e cosa manca

  • 14 Novembre 2025

di
Maria Giovanna Faiella

Si stima che circa 4 milioni di italiani convivano col diabete e almeno un milione di persone ne soffrano senza saperlo. Sane abitudini utili a contrastare i principali fattori di rischio come sovrappeso/obesità, alimentazione scorretta, sedentarietà

È insidioso il diabete; se non curato, può provocare conseguenze gravi a carico di organi quali  cuore, reni, occhi, sistema nervoso. Eppure, il più diffuso (90% dei casi) ovvero il diabete di tipo 2 si potrebbe in parte
prevenire con corrette abitudini di vita. 
Si stima che nel mondo convivano col diabete oltre 540 milioni di persone, sette su dieci sono in età lavorativa. Ed è proprio il lavoro, quest’anno, il focus della giornata mondiale del diabete, che ricorre il 14 novembre, con l’obiettivo di far crescere la consapevolezza su questa malattia cronica in continuo aumento, di cui soffrono in Italia circa quattro milioni di persone, ma si stima che almeno un milione di connazionali siano malati senza saperlo. 

In aumento le persone che si ammalano: i motivi

Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), nel mondo i malati potrebbero superare i 600 milioni entro il 2050.
La prevalenza del diabete mellito è in crescita, in parte a causa dell’invecchiamento generale della popolazione ma anche per la diffusione di condizioni a rischio, come sovrappeso e obesità, alimentazione scorretta, sedentarietà e diseguaglianze socio-economiche.
Attualmente nella Regione europea dell’Oms, quasi 66 milioni di persone convivono con il diabete. 
Nel 2024, in Europa, oltre 1,1 milioni di decessi sono stati causati dal diabete, che rappresenta la quarta causa di morte nell’Unione Europea.
Si prevede che entro il 2050 la prevalenza  e il numero di persone con diabete nella Regione europea aumenteranno del 10%.
In Italia si stima che circa quattro milioni di persone convivano col diabete, ma molti (almeno un milione) non sanno ancora di avere la malattia. 
Nel 90% dei casi si tratta di diabete di tipo 2, che interessa prevalentemente adulti sopra i 45 anni con una frequenza più elevata tra le persone oltre i 65 anni; circa 300mila persone – in prevalenza bambini e giovani adulti – hanno il diabete di tipo 1.



















































La malattia e le differenze tra diabete di tipo 1 e di tipo 2

I due tipi di diabete più frequenti sono:
il diabete di tipo 1, che colpisce prevalentemente bambini e giovani adulti
ed è una malattia autoimmune che comporta la distruzione delle cellule del pancreas che producono insulina (cellule beta) con la conseguente carenza assoluta di insulina, ormone che regola i livelli di glucosio (zucchero) nel sangue;
il diabete di tipo 2 (o diabete dell’adulto), caratterizzato da elevati livelli di glucosio nel sangue, è dovuto a un’alterazione della quantità o del meccanismo d’azione dell’insulina.
Questi due tipi di diabete più frequenti – come si spiega nella Relazione sullo stato delle conoscenze e delle nuove acquisizioni in materia di diabete mellito, di recente presentata dal ministero della Salute al Parlamento – si differenziano anche per l’età in cui compaiono (bambini-adolescenti nel tipo 1; adulti nel tipo 2), per la sintomatologia di esordio (acuta nel tipo 1; più sfumata e graduale nel tipo 2), per le terapie (insulina dall’esordio nel tipo 1; correzione degli stili di vita e principalmente farmaci ipoglicemizzanti nel tipo 2) e, soprattutto, per la possibilità di prevenzione primaria poiché il diabete di tipo 2, a differenza di quello di tipo 1, in parte è prevenibile modificando gli stili di vita.
Altre forme includono il diabete autoimmune dell’adulto (LADA); sindromi da diabete monogenico (come il diabete neonatale e il diabete ad esordio precoce dei giovani- MODY); forme seconda­rie legate a farmaci o altre malattie endocrine; diabete mellito gestazionale non presente prima della gravidanza.

Come prevenire il diabete (di tipo 2)

Come si ribadisce nella Relazione del ministero della Salute al Parlamento, la prevenzione del diabete di tipo 2 è possibile adottando sane abitudini di vita, quali:
– alimentazione equilibrata e varia, con riferimento alla dieta mediterranea,
prediligendo il consumo di cereali integrali, verdura e frutta (5 porzioni al giorno), pesce (2-4 volte la settimana), preferendo come condimento l’olio extravergine d’oliva, riducendo il consumo di grassi saturi, sale e cibi ad alta densità calorica come dolci, dolciumi e snack;
– svolgere regolare attività fisica (si legga qui), ogni giorno per almeno 20-30 minuti, per esempio camminare, scegliere le scale invece dell’ascensore, ecc (si legga qui); 
– non fumare e cercare supporto per smettere (il fumo può aggravare le complicanze della malattia, soprattutto quelle cardiovascolari; le sostanze tossiche  danneggiano le pareti delle arterie, favorendo la formazione di placche aterosclerotiche, con maggior rischio di ictus, infarto, disfunzione erettile, malattie renali); 
– evitare un consumo eccessivo di alcol (non dovrebbe mai superare una unità alcolica al giorno, cioè un bicchiere di vino, tra le donne maggiorenni e gli ultra65enni (maschi e femmine),  le 2 unità alcoliche al giorno per i maschi di età compresa tra i 18 e i 65 anni, mentre minorenni e donne in gravidanza o allattamento non devono consumare bevande alcoliche);
– fare controlli periodici della glicemia, con l’aiuto del proprio medico, soprattutto in presenza di fattori di rischio quali sovrappeso, obesità e/o storia familiare di diabete mellito.
La prevenzione, insieme alla diagnosi precoce e a un’adeguata gestione della malattia, sono importanti anche per ritardare o evitare le complicanze del diabete.

Screening pediatrici per il diabete di tipo 1

Per il diabete giovanile la legge n. 130/2023 ha dato il via, nel nostro Paese, alla sperimentazione degli screening pediatrici per il diabete di tipo 1 e per la celiachia al fine di identificare, nella popolazione pediatrica sana, le persone a rischio di sviluppare una o entrambe queste malattie, in modo da poter offrire loro un trattamento precoce. 

Sintomi della malattia

Nei bambini e adolescenti i sintomi iniziali possono essere: stanchezza, sete intensa, perdita di peso rapida, bisogno frequente di urinare.
Negli adulti inizialmente i sintomi del diabete mellito di tipo 2 sono meno evidenti; si sviluppano in modo graduale, quindi può essere più difficile individuarli. I più frequenti sono: 
-sete intensa e frequente bisogno di urinare,
-perdita di zuccheri nelle urine (glicosuria),
-senso di affaticamento,
-aumento dell’appetito,
-vista sfocata,
-aumento delle infezioni dei genitali e delle vie urinarie (per esempio cistiti),
-piccoli tagli o ferite che guariscono più lentamente,
-nei casi più manifesti, disfunzione erettile nei maschi e secchezza vaginale nelle donne.
Se sono presenti alcuni di questi sintomi è bene parlarne col medico di famiglia che potrà prescrivere gli esami necessari per individuare la malattia.

Complicanze

Il diabete di tipo 2, se non curato e tenuto sotto controllo, può causare complicanze anche gravi. Gli organi maggiormente interessati sono cuore, occhi, reni, sistema nervoso.
In particolare, il rischio di malattie cardiovascolari (come infarto, angina pectoris, vasculopatia periferica), responsabili di oltre la metà dei decessi per diabete, è da due a quattro volte più alto nelle persone con diabete rispetto al resto della popolazione. 
La malattia può provocare la perdita progressiva della funzione dei reni; se non trattata in modo adeguato, è tra le principali cause di insufficienza renale terminale che rende necessario il ricorso alla dialisi o al trapianto renale.
Il diabete può danneggiare i piccoli vasi sanguigni della retina (retinopatia diabetica) provocando la perdita progressiva della vista, fino alla cecità. Di solito insorge dopo almeno dieci anni di malattia, soprattutto se la glicemia non è tenuta sotto controllo per lungo tempo. Le persone che hanno il diabete, poi, sono più esposte anche al rischio di sviluppare cataratta e glaucoma.
La malattia può provocare neuropatie con danni a carico dei nervi stessi o degli organi interni da essi innervati  (si legga qui); inoltre, la neuropatia e/o la vasculopatia periferiche, aggravate da uno scompenso glicemico di lunga durata, possono causare ulcere ai piedi  (piede diabetico) che, in caso di infezione, diventano più profonde e difficili da curare. 

Monitoraggio del diabete

Per prevenire l’insorgere o il progredire delle complicanze del diabete è fondamentale il suo monitoraggio,sia attraverso l’autocontrollo della glicemia che può essere eseguito periodicamente, utilizzando un piccolo apparecchio che legge il valore da una striscia reattiva sulla quale si pone una goccia di sangue prelevata da un dito della mano, sia attraverso un monitoraggio continuo mediante l’uso di apparecchi muniti di “sensori” in grado di leggere automaticamente i valori di glicemia anche a distanza di  pochi minuti, attraverso un ago sottile, inserito sotto la cute.
In base alle prescrizioni del diabetologo, poi, vanno eseguiti i controlli periodici: dall’emoglobina glicosilata e microalbuminuria, ai livelli di colesterolo e creatinina nel sangue, dai valori della pressione arteriosa alla visita cardiologica e oculistica.

Terapie 

Negli ultimi anni si sono registrati enormi progressi nelle terapie del diabete, con l’arrivo di farmaci innovativi (si legga qui) e dell’insulina settimanale (si legga qui). 
Come si sottolinea nella Relazione ministeriale al Parlamento, le recenti innovazioni in diagnostica e terapia, come le nuove tecnologie di monitoraggio continuo e le opzioni terapeutiche avanzate, tra cui l’insulina settimanale, offrono nuove prospettive per una diagnosi precoce e una gestione più efficace della malattia. Questi strumenti innovativi consentono di migliorare la qualità della vita dei pazienti, favorendo un’aderenza terapeutica più semplice e riducendo il rischio di complicanze a lungo termine, come malattie cardiovascolari, nefropatia e neuropatia. 

Come sono assistiti i malati in Italia 

Nel nostro Paese si può contare sulla diffusione capillare dei Centri di diabetologia, alcuni gestiti da diabetologi singoli, altri dotati di team multiprofessionali composti oltre che dal diabetologo, da infermiere, dietista e altre figure professionali come cardiologo, nefrologo, oculista.
Secondo i dati della sorveglianza Passi coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità, nel biennio 2023-2024 circa un terzo dei pazienti diabetici era seguito esclusivamente dal centro diabetologico (32%), ancor meno solo dal proprio medico di medicina generale (26%) e poco più di un terzo da entrambi (36%). 
Solo tre persone su cento hanno riferito di essere seguite da altri specialisti e due su cento hanno dichiarato di non essere seguiti da nessuno. 
Quasi il 69% delle persone con diabete ha effettuato il controllo dell’emoglobina glicata nei 12 mesi precedenti l’intervista, ma «il dato non è molto rassicurante» secondo gli esperti dell’ISS, poiché solo il 36% riferisce di aver controllato l’emoglobina glicata nei 4 mesi precedenti l’intervista, il 32% di averla controllata tra i 5 e i 12 mesi precedenti l’intervista e meno del 9% riferisce di aver fatto l’esame da oltre 12 mesi. 
Dato ancora più preoccupante: il 16% delle persone con diabete non sa cos’è l’emoglobina glicata.

Lacune nell’assistenza

Sul fronte dell’assistenza rimangono aspetti critici da superare, soprattutto in alcune aree del Paese. Modalità e strumenti di gestione della patologia risultano molto variegati, come sottolinea Manuela Bertaggia, presidente dell’Associazione Italiana Diabetici (FAND): «A fronte di un aumento di pazienti con diabete in particolare al Sud, si registra una carenza di specialisti soprattutto in alcune aree. Ci segnalano anche difficoltà ad accedere ai Centri di diabetologia per le lunghe liste d’attesa e poi sono carenti un po’ dappertutto i team multidisciplinari. A fronte di esempi virtuosi in cui è lo stesso diabetologo a fissare, per esempio, l’appuntamento col cardiologo, in altri casi bisogna rivolgersi al CUP per prenotare, trovando posto anche a distanza di mesi dalla data indicata dal diabetologo per la visita. Così, però, si saltano i controlli regolari, fondamentali per il monitoraggio della malattia e per prevenire le complicanze del diabete – fa notare la presidente di Fand –. Chi invece ha già una o più complicanze (per esempio una malattia cardiovascolare o renale o piede diabetico) deve poter usufruire dei Pdta, Percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali che permettono di ricevere un’assistenza mirata in base ai bisogni di salute» sottolinea Bertaggia. 
Va ricordato che per visite e accertamenti di controllo, successivi alla prima prestazione, vanno prescritti direttamente dallo specialista diabetologo sulla ricetta del Servizio sanitario nazionale e prenotati «contestualmente», pianificando i controlli, dalla struttura che ha preso in carico la persona con malattia (si legga l’articolo sotto). 

«È necessario continuare a migliorare l’assistenza per le persone con diabete, anche attraverso farmaci e device sempre più innovativi – sottolinea la professoressa Raffaella Buzzetti, presidente della Società Italiana di Diabetologia –. La SID è fortemente impegnata a rendere le cure sempre più accessibili e vicine ai pazienti. Ma accanto a questo, bisogna continuare a ricercare nuove soluzioni, anche e soprattutto sul fronte della prevenzione, occuparsi della formazione degli addetti ai lavori e fare informazione al pubblico».

Disagi nei luoghi di lavoro, l’indagine IDF

Sette persone con diabete su dieci sono in età lavorativa. Secondo una recente ricerca dell’International Diabetes Federation, un dipendente con diabete su tre ha preso in considerazione l’idea di lasciare il lavoro a causa del modo in cui le persone colpite da questa malattia sono trattate sul posto di lavoro. 
Più di un lavoratore su quattro ha riferito di essersi visto negare pause o permessi per occuparsi della gestione del diabete. E la gestione quotidiana del diabete è fonte di ansia per molti dipendenti: un intervistato su quattro non si sentiva a suo agio nell’auto-somministrarsi insulina al lavoro, mentre uno su cinque si sentiva a disagio nel controllare i livelli di glicemia. 
Oltre all’impatto emotivo e professionale, i risultati dell’indagine evidenziano che lo stigma legato al diabete può anche limitare le opportunità di carriera.  
Dice la professoressa Giuseppina Russo, presidente eletta di AMD, Associazione Medici Diabetologi: «Quest’anno la giornata mondiale pone l’accento sulle implicazioni sociali del diabete, in particolare sulla necessità di ambienti lavorativi più sani e inclusivi. È un’ulteriore conferma del fatto che, col suo impatto crescente su costi sanitari, qualità della vita e produttività del Paese, il diabete non è più solo una patologia con risvolti clinico-assistenziali, ma una sfida sistemica in cui sono coinvolte sanità, scuola, lavoro, welfare e finanza pubblica».

14 novembre 2025

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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