Report di Maurizio ‘morrizz’ Borghi
Vengono dalla Slovenia e dagli esordi slam/deathcore hanno diversificato la loro proposta con contaminazioni nu metal, trap ed elettronica, per aggiungere ultimamente una fortissima estetica anime: i Within Destruction si sono saputi ritagliare il proprio spazio anche con un’intensa attività live, con molti passaggi anche nella penisola.
Dopo la pubblicazione dell’ultimo “Animetal”, che ha fatto innamorare molti e li ha resi bersaglio di altrettanti, i WD dedicano un intero minitour di cinque date al nostro paese, titolato in maniera cafona “The Slamborghini Tour”. In ogni data, il quartetto è accompagnato da opener locali, che per la tappa milanese sono Embrace The Suffering, Hollow Skies, Sharks In Your Mouth e Defamed.
Davanti ai cancelli dello Slaughter Club ci accoglie una stupenda Nissan sportiva anni ’90 che sembra uscita da “Tokyo Drift”: qual miglior modo per introdurre i presenti nello spirito della serata?
La serata è iniziata presto con il deathcore degli EMBRACE THE SUFFERING e le sonorità alternative degli HOLLOW SKIES, ma lavoro e traffico in questo martedì sera ci concedono di arrivare solamente quando stanno per salire sul palco gli SHARKS IN YOUR MOUTH.
La band dimostra presto di aver molta confidenza nei propri mezzi: il loro metalcore cattura presto l’attenzione di tutti i presenti ed è evidente da subito l’alto livello di professionalità e di esperienza di una formazione che ha calcato diversi palchi facendo una lunga gavetta.
La loro qualità migliore è probabilmente quella di inserire un livello di tecnica strumentale abbastanza elevato in canzoni quasi sempre fruibili ed assimilabili, che contengono anche una certa dose di ironia visti i contenuti più immediati nelle cover di “Lose Yourself” di Eminem e dell’iconico pezzo della colonna sonora del videogioco “Need For Speed”, “Nine Thou”.
Scelta azzeccata e ottimo concerto insomma, gli SIYM si confermano tra i migliori esponenti della scena in Italia.
Come ultimi opener arrivano i DEFAMED, che virano in maniera violenta verso il deathcore: il quartetto oscilla infatti tra partiture groovy e iperviolente che ricordano i Despised Icon ed i loro pig squeal, ma anche la wave più recente e ‘cinematografica’ degli idoli Lorna Shore.
Anche qui ci troviamo davanti ad una formazione con un livello tecnico e una maturità artistica molto elevata, come testimoniano le svariate apparizioni a supporto di artisti blasonati ed il passato di alcuni di loro nei Drown In Sulphur, quindi anche la presenza scenica del quartetto è completamente fuori discussione, con il pubblico che partecipa in maniera divertita.
Purtroppo, le parti più intricate e quelle che prevedono basi registrate vengono inghiottite da un mix insoddisfacente e da volumi sballati, che non troveranno miglioramenti nel corso della scaletta.
Sdrammatizza il frontman Mattia Maffioli, con la sua bella maglietta delle Huntrix (la band di fantasia protagonista del film d’animazione “K-Pop Demon Hunters”), cercando la battuta col pubblico e portando lo show a livello più fisico, ovvero saltando direttamente al centro del circle pit per concludere la loro breve setlist.
Il turno dei WITHIN DESTRUCTION arriva in tarda serata e nel cambio palco, sulle note della musica di Ghostmane, viene svelato un palco molto anni ’80, con colonne di luci colorate oblique, rialzi e un immancabile backdrop di ispirazione anime.
Salta all’occhio come la formazione slovena si porti dietro una crew di tecnici molto giovani, che si fanno notare per una stilosa jersey del gruppo accompagnata da tute e scarpe rigorosamente Adidas.
Quando il trio entra sul palco, accompagnato da un bassista ancora non noto, scopriamo che il marchio delle tre strisce è prerogativa anche dei musicisti, inoltre il link con gli anni ’80 è perpetrato dalla pacchianissima chitarra coperta di glitter argentei di Howard Fang, in grado di garantire un colpo d’occhio memorabile. Aprono la scaletta un paio di pezzi dell’ultimo “Animetal” (la title-track e “Demon Child”) ma da subito c’è qualcosa che non va: nonostante i tecnici siano quelli del gruppo il mixaggio è una mezza tragedia, con le basi e le chitarre praticamente assenti.
Un bel problema per un gruppo come i WD, che all’impatto deathcore unisce influenze nu metal, rap ed elettroniche, ed un fattore che francamente non ci aspettavamo vista la numerosa crew del gruppo (tecnico luci, tecnico del suono, cameraman e altre figure non identificate).
Nonostante gli sforzi del chitarrista la situazione non andrà a migliorare per il pubblico – la band probabilmente sentiva bene con gli in-ear – col risultato di una resa fortemente ed indubbiamente compromessa. Il frontman Rok Rupnik fa finta di niente e si esibisce lo stesso come se fosse davanti a mille persone, quando in realtà solo un centinaio popolano lo Slaughter.
La band intrattiene e il pubblico è coinvolto, mentre scorre in maniera veloce una setlist basata sugli ultimi due lavori in studio, ma nonostante il buon lavoro sulle voci melodiche e gli sforzi per rendere lo show dinamico, l’assenza delle chitarre in cassa risulta uno scoglio davvero troppo pesante da poter essere ignorata.
Non il migliore degli inizi per questo tour, dobbiamo essere onesti, ma i Within Destruction lasciano comunque intravedere le loro potenzialità come performer, la personalità originale e l’attitudine contagiosa.
Sperando la situazione non si ripeta nei prossimi appuntamenti, li aspettiamo alla prossima.
