voto
5.5
- Band:
KADAVAR (Ger) - Durata: 00:42:00
- Disponibile dal: 07/11/2025
- Etichetta:
- Clouds Hill
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Ci sono dischi dove il contesto ha un tale peso da essere importante tanto quanto la musica stessa. Prendiamo ad esempio il caso dei Kadavar: band tedesca dalle sonorità vintage, dopo un lento allontanamento dal proprio sound delle origini, lo scorso maggio si presentò al pubblico con un disco completamente diverso, “I Just Want To Be A Sound”, fortemente indirizzato verso il pop/rock mainstream.
Una scelta radicale, accompagnata da comunicati stampa roboanti che parlavano di libertà e della necessità di uscire dai confini per esprimere finalmente la vera essenza della band.
Sfortunatamente per loro, il risultato di questa operazione era un lavoro goffo, incapace di imboccare davvero la strada del pop, risultando semplicemente fuori luogo.
Nella nostra recensione, sottolineavamo come questa scelta rischiasse di alienare il pubblico storico della band, senza riuscire davvero a guadagnarne di nuovo. A quanto pare, non ci eravamo sbagliati nel fare questa previsione, perché ad appena cinque mesi di distanza (pochissimi, per la discografia odierna), i Kadavar si rimangiano tutto e si buttano in una delle più plateali giravolte carpiate che riusciamo a ricordare.
Il nuovo album, “K.A.D.A.V.A.R.” – acronimo di “Kids Abandoning Destiny Among Vanity And Ruin” – cerca di cancellare quanto fatto con il precedente lavoro, provando a recuperare quello spirito vintage che ha fatto la fortuna della band.
Quindi, largo alle sonorità degli anni Sessanta e Settanta, chitarre fuzz, registrazione analogica, barbe, cappellacci e pantaloni a zampa.
La comunicazione, intanto, cerca di adeguarsi alla nuova narrazione, raccontandoci che “I Just Want To Be A Sound” non era un nuovo inizio, era una fase, un bisogno momentaneo che serviva alla band per ripartire con slancio.
Sarà stato anche così, ma “K.A.D.A.V.A.R.”, alla luce di tutto ciò, sembra più falso di una moneta da tre euro: sembra solo un “mea culpa” realizzato in fretta e furia per mettere una pezza dopo una scommessa finita peggio di quanto si potesse immaginare.
Ci spiace infierire nuovamente su una band in evidente difficoltà, ma esiste una credibilità nei confronti del proprio pubblico e i Kadavar la stanno dilapidando ad una velocità preoccupante.
Se almeno questa marcia indietro fosse supportata da un disco di valore, saremmo anche stati propensi a soprassedere, invece “K.A.D.A.V.A.R.” è un lavoro anonimo, poco ispirato, che si limita a riciclare idee e stilemi del passato, senza riuscire davvero a lasciare il segno. La media del disco, quindi, si assesta su episodi come “Lies”, in cui la band prova a recuperare lo spirito dei Sabbath più fumosi, ma senza coglierne lo spirito selvaggio e la cupa pesantezza, inframmezzato da episodi più catchy e inutilmente ammiccanti come “Stick It”. Perfino “Total Annihilation”, presentata come uno slancio della band in territori thrash (!), finisce per sembrare solo una pallida imitazione di una materia che palesemente non gli appartiene.
Se questa crisi non porterà alla dissoluzione della band – cosa che al momento non ci stupirebbe – la speranza è che il trio possa prendersi una pausa di riflessione, cancellare questo brutto 2025 e ripartire davvero con un nuovo slancio, mettendo da parte le dichiarazioni altisonanti degli uffici stampa, per tornare finalmente a mettere in primo piano la musica.