Dopo oltre dieci anni di rinvii, attese e annunci, il Grand Egyptian Museum – anche conosciuto come GEM – ha aperto le porte della sua galleria più attesa: quella dedicata all’immenso tesoro di Tutankhamon. Il nuovo museo, inaugurato al completo i primi di novembre, e progettato per essere il più grande al mondo dedicato a una singola civiltà, già viene chiamato dalle guide più appassionate semplicemente “il Museo di Tutankhamon”, perché è questo il motivo principale per cui venire e lasciarsi innamorare.
L’affluenza è stata da subito superiore a ogni previsione: visitatori egiziani e turisti da tutto il mondo hanno preso d’assalto le prenotazioni, tanto che è stato necessario sospendere temporaneamente la vendita dei biglietti. Già, pazientiamo un attimo, ma studiamo e pianifichiamo, perché questo museo che si affaccia direttamente sull’altopiano di Giza, con vista sulle Piramidi, è assolutamente da vedere. Noi ci siamo stati ed ecco le nostre impressioni.
Un museo nel museo
Il complesso del GEM si estende su oltre 500.000 metri quadrati complessivi (di cui 30.000 di area espositiva) e ospita dodici sale principali. A differenza del Museo Egizio del Cairo che segue un ordine cronologico (e che comunque continua a ospitare alcune delle più importanti testimonianze dell’antico Egitto), il percorso espositivo del GEM è pensato in modo tematico: la grande Scalinata d’ingresso introduce subito il visitatore a un viaggio simbolico attraverso quattro tappe dedicate alla figura del faraone in tutte le sue epoche; ai luoghi delle cerimonie con l’esposizione di colossi, colonne e sfingi, al rapporto del faraone con le divinità, e all’eternità e rinascita con i sarcofagi. Anche le altre sale sono divise in tre grandi filoni: la società, la regalità e il credo.
Di tutte le sale, la più suggestiva è senza dubbio quella dedicata al giovane faraone Tutankhamon, di 7.500 metri quadrati. L’esposizione conta più di 5.000 reperti, molti dei quali mai mostrati prima al pubblico: alcuni provengono dal vecchio Museo Egizio di piazza Tahrir; altri sono stati recuperati dai magazzini dove erano rimasti per decenni. Nella tomba di Tutankhamon nella Valle dei Re rimangono solo la mummia e il sarcofago in quarzite.
Varcata la soglia della sala del faraone bambino (chiamato così perché salì al trono d’Egitto a soli nove anni), l’atmosfera cambia completamente. Luci basse, sfondo nero e riflessi d’oro: l’allestimento è intimo, quasi sacrale. È qui che si trovano, finalmente riuniti, i reperti scoperti il 4 novembre 1922 da Howard Carter davanti alla tomba nella Valle dei Re. Le sei bighe dorate, i bastoni cerimoniali, le armi, i gioielli e gli oggetti personali raccontano la vita e la morte di un re fragile e misterioso.
Il faraone che divenne leggenda
Ma facciamo un passo indietro, per conoscere il faraone e comprendere davvero la natura di questo tesoro.
Chi era Tutankhamon
Nonostante tutta l’importanza di oggi, va detto che Tutankhamon non fu un faraone potente. Bambino, malato e fragile, morto giovanissimo probabilmente per complicazioni a seguito di una caduta, non lasciò guerre né grandi costruzioni. A renderlo immortale non fu il suo regno, ma la casualità della storia: la sua tomba fu l’unica trovata intatta nella Valle dei Re e “solo” per questo è diventato protagonista della sua dinastia e di tutto l’antico Egitto. Questo, d’altra parte, consente di affermare con una certa sicurezza che il trattamento riservato a Tutankhamon era consueto e comune anche per i faraoni “minori”: quello che noi possiamo vedere nella galleria non è un tesoro eccezionale, ma il corredo funebre che ogni faraone meritava per il suo viaggio verso il sole.
La scoperta casuale
Il nome di Tutankhamon è rimasto per anni nell’oblio. Nel 1909 fu ritrovato un vaso con inciso il suo cartiglio e questo risvegliò l’interesse degli archeologi. La vera svolta arrivò nel 1922, quando Howard Carter trovò nella Valle dei Re l’ingresso alla tomba del faraone bambino, rimasto sotto i detriti degli scavi delle tombe di Ramses V e VI.
Secondo quanto raccontano le guide, la scoperta fu casuale: un bambino con il proprio asino rovesciò dell’acqua a terra e dalla terra bagnata emerse un gradino. Fu così che Carter venne avvisato e avviò gli scavi: al gradino ne seguivano altri che portavano fino a un muro con due statue. Dietro al muro si aprì alla storia qualcosa di straordinario: un’anticamera piena di carri da parata, statue, letti rituali e scrigni d’oro. Oltre quella stanza, quattro grandi catafalchi dorati, uno dentro l’altro come una matrioska, smontabili e in legno di cedro del Libano, racchiudevano tre sarcofagi sovrapposti, l’ultimo dei quali in oro massiccio. Dentro, la mummia del giovane re indossava la celebre Maschera d’oro, realizzata con undici chili d’oro e pietre semipreziose: icona nel mondo dell’antico Egitto.
Il tesoro esposto al GEM
Entrando nella sala, lo sguardo va verso il primo dei quattro catafalchi, esposti in fila, uno dietro l’altro, come un percorso iniziatico che accompagna il visitatore. Il primo, in oro e turchese, è decorato con il Nodo di Iside (tit), simbolo del femminile e della rinascita, della protezione e della continuità della vita. Si trova aperto, rivelando un interno altrettanto prezioso, decorato con iscrizioni e immagini legate al viaggio ultraterreno del faraone.
Il secondo catafalco raffigura le divinità protettrici che accompagnano il re nel passaggio verso l’aldilà. I geroglifici dorati risplendono sotto le luci soffuse della sala, mentre figure di dèi con ali spiegate abbracciano la tomba. Proseguendo, si trovano esposte le tre bare sarcofago, realizzate in legno e oro e finemente intarsiate con lapislazzuli, turchesi e coralli. La più piccola, interamente in oro massiccio, è la più preziosa e monumentale, a detta delle guide ancora più preziosa della celebre maschera.
Nella sala si trovano anche la portantina del dio Anubi, rappresentato con testa di sciacallo, simbolo di protezione dei defunti, e il sacrario dei vasi canopi, che contenevano gli organi mummificati del faraone in piccoli sarcofagi. Poco più avanti, le statue cerimoniali del re (o statue del Ka di Tutankhamon), armato di mazza e bastone, sono disposte una di fronte all’altra a rappresentare il principio di specularità e dualità, fondamentale e ripetitivo nella cosmologia egizia.
Al centro della sala, in una teca di vetro visibile da ogni lato, brilla la Maschera d’oro di Tutankhamon. Realizzata con oltre undici chili d’oro massiccio e intarsi di lapislazzuli, quarzo, ossidiana e turchese, rappresenta il volto del giovane re con lineamenti idealizzati ma umani. Il nemes, il copricapo a strisce blu e oro, e l’uraeus — il cobra che s’innalza sulla fronte — simboleggiano il potere e la protezione divina.
Nelle vetrine circostanti si ammirano i gioielli e gli oggetti personali del faraone: pettorali decorati con lo sparviero di Horus, cinture d’oro, sandali finemente cesellati, bastoni da cerimonia, boomerang per la caccia agli uccelli. Il motivo dello scarabeo, simbolo di rinascita e movimento verso il sole, ricorre in molti ornamenti.
L’ultima parte della galleria propone una sezione multimediale che ricostruisce la figura del giovane sovrano. Qui si trova la scultura di Tutankhamon bambino che emerge da un fiore di loto — simbolo della creazione e della rinascita dal caos primordiale —, accompagnata da proiezioni che ricostruiscono il volto del faraone, dal cranio al volto umano.
Su due pannelli bassi è disegnata la mummia di Tutankhamon con focus sul suo corpo e sul processo di mummificazione: veniva aperta la parte sinistra del corpo per estrarre le viscere; il cervello era estratto dal naso, mentre il cuore veniva tolto, disidratato e ricollocato vicino al ventre; al suo posto uno scarabeo era di buon auspicio e guida nel viaggio verso il sole.
Prima di uscire, si trova il Trono d’oro di Tutankhamon, un capolavoro di oreficeria e simbolismo. Sullo schienale è raffigurata la regina Ankhesenamon mentre unge con profumi il suo giovane sposo, in una scena di rara intimità domestica; sui poggiapiedi, invece, sono raffigurati i nemici del re, schiacciati sotto i suoi piedi, a significare il dominio e la protezione del regno.
La visita e le informazioni pratiche
Visitare il GEM richiede tempo: le guide propongono anche una giornata intera per esplorare il museo, con pausa pranzo; la sola galleria di Tutankhamon merita tre ore. Il biglietto per adulti costa 1.270 EGP (23 euro circa), ridotto a 635 EGP per studenti e bambini. Le guide ufficiali sono disponibili in loco, ma solo in lingua inglese e araba.
Come arrivare
Il museo si trova a circa 14 chilometri dal centro e a 3 chilometri dalle Piramidi di Giza. Si può raggiungere il GEM dal centro del Cairo in metropolitana, in taxi o con tour organizzati in partenza direttamente dall’hotel. A breve, dal museo sarà possibile raggiungere a piedi l’altopiano delle Piramidi grazie a un lungo ponte pedonale e panoramico.
La visita al GEM può essere inserita in una due giorni al Cairo, che oggi è collegata comodamente dall’Italia. Oltre ad alcune low cost che volano sull’aeroporto di Sphinx, nelle immediate vicinanze dell’altopiano, Egyptair, la compagnia di bandiera dell’Egitto, garantisce 30 voli settimanali diretti da Milano Malpensa e Roma Fiumicino, con diverse promozioni per il fine settimana e per la visita al museo.
Come organizzare la visita
Vista la grande affluenza, il consiglio è quello di iniziare a pianificare la visita al GEM e a Il Cairo, con calma, anche per godere al meglio dei tesori finalmente svelati al pubblico. La città è in pieno fermento, a tratti ancora un po’ caotico.
Per ottimizzare i tempi negli spostamenti o nella prenotazione delle visite, ma anche per affidarsi a guide in lingua italiana o combinare il museo alla visita delle Piramidi o della città, la soluzione migliore è affidarsi a un’agenzia. La spesa vale la pena perché una visita guidata con un esperto egittologo cambia tutta la percezione che si ha del luogo.