Imposta più che dimezzata per chi farà “emergere” fiscalmente lingotti, placchette e monete gelosamente custoditi senza averli dichiarati. Un patrimonio stimato fino a 1.500 tonnellate. Il “condono” farebbe recuperare fino a 2 miliardi nella manovra calcolando un’adesione di appena il 10%

Non si riescono a far emergere gli evasori fiscali e allora perché non provare a fare cassa facendo emergere lingotti e monete d’oro promettendo agli italiani un affare imperdibile come quello assicurato a Pinocchio dal gatto e la volpe – la moltiplicazione dei cinque zecchini piantati nel campo dei miracoli?

Ma questa non è una favola. È in “soldoni” la proposta presentata dai deputati Giulio Centemero (Lega) e Maurizio Casasco (Forza Italia) nell’ambito della legge di bilancio, una proposta niente affatto «tutta da vedersi» come ha fatto intendere il ministro per gli Affari europei, Tommaso Foti, il quale incalzato dai giornalisti a margine dell’Assemblea dell’Anci, ha detto che «non si può commentare qualsiasi iniziativa senza che ci sia un testo da esaminare».

L’iniziativa, al contrario, è già stata ampiamente studiata nei dettagli al punto da essere trasformata in un emendamento con tanto di relazione di accompagnamento: trattasi di una tassazione agevolata al 12,5% per il cosiddetto oro fisico da investimento, ossia quello che soddisfa specifici requisiti (riguardo a purezza e forma) e riconosciuto a livello normativo come asset finanziario esente da Iva e utilizzato principalmente come bene rifugio.

Un “tesoretto” letteralmente nascosto nelle case degli italiani poiché non dichiarato e che il governo punta a stanare attraverso una misura straordinaria pari a tutti gli effetti a un “condono” – ma attenzione temporaneo come tutti i condoni, quindi bisogna approfittarne subito altrimenti si rischia di perdere l’occasione.

Due miliardi di gettito?

Già si sono fatti i calcoli sul potenziale introito per lo Stato, un gettito fino a 2 miliardi di euro nell’ipotizzare un’adesione del 10%: la conta è stata fatta calcolando che nelle mani degli italiani ci sarebbero fra 4.500 e 5.000 tonnellate d’oro, per un controvalore fino a 550 miliardi (circa 111.000 euro al kg), e che di queste il 25-30% farebbe capo alla categoria oro da investimento, quindi siamo nell’ordine delle 1.200-1.500 tonnellate che a una valutazione ai prezzi attuali si collocherebbero tra i 133 e i 166 miliardi.

Lingotti, placchette e monete

La misura riguarda: lingotti o placchette dal peso superiore a un grammo, di purezza pari o superiore a 995 millesimi e le monete coniate dopo il 1800, in purezza pari o superiore a 900 millesimi, che hanno o hanno avuto corso legale nel Paese di origine, e normalmente vendute a un prezzo che non supera dell’80 per cento il valore sul mercato libero.

Quindi in sostanza chi custodisce gelosamente le suddette tipologie – ma non detiene la documentazione che ne attesti il relativo costo o il valore di acquisto – potrà presentare dal primo gennaio 2026 ed entro il 30 giugno istanza di rivalutazione fiscale pagando un’imposta agevolata del 12,5% anziché quella attualmente in vigore pari al 26% applicata a chi cede oro, in assenza di documenti d’acquisto, e calcolata sull’intero valore e quindi non sulla sola plusvalenza (il guadagno effettivo).

Non solo: per chi aderirà, l’imposta sostitutiva potrà essere versata oltre che in un’unica soluzione anche in tre rate annuali (con un interesse del 3% su seconda e terza). A gestire la rivalutazione sarebbero intermediari e operatori professionali iscritti al registro dell’Organismo agenti e mediatori.

Un condono per gli evasori

La proposta ha già scatenato un putiferio, sul piede di guerra le opposizioni. «Si introduce una tassa ridotta per incentivare l’emersione e la vendita dell’oro, con due effetti devastanti: da un lato un vero e proprio condono per chi ha evaso o – in alcuni casi – riciclato capitali attraverso il metallo prezioso; dall’altro una pressione subdola sui cittadini a vendere beni spesso legati a storie familiari gioielli, collane, bracciali trasformando un patrimonio affettivo in uno strumento di gettito fiscale», scrive in una nota il senatore Mario Turco, vicepresidente del M5s e componente della Commissione d’inchiesta sulle banche.

Ma il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri puntualizza che l’imposta si applicherebbe a «chi ha investito in oro non all’oro di famiglia». Un chiarimento che non è bastato a sopire i malumori. Per Elisabetta Piccolotti di Avs «sarebbe l’ennesimo regalo per gli evasori. Si favorisce, ancora una volta, la regolarizzazione di capitali e patrimoni che vengono dall’evasione fiscale. E fa il paio con la riduzione della tassazione sulle stablecoin, valuta digitale che viene utilizzata anche per fare grandi operazioni speculative».

E peraltro un emendamento a firma Gasparri prevede la soppressione dell’articolo 18 sui dividendi introducendo come copertura proprio un’imposta del 13 per cento per l’oro da versare entro il 30 settembre.

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