voto
7.0

Si è discusso largamente di come il black sia al tempo stesso il sottogenere del metal più pervicacemente conservatore e quello più aperto alle sperimentazioni – e di come queste nature siano più complementari che opposte.
Lo stesso conservatorismo, nel black metal, assume significati spesso non relegabili al mero gatekeeping o alla comoda permanenza in una zona di comfort: è una vera e propria scelta di campo, con implicazioni estetiche, filosofiche e talvolta politiche, spesso legata al senso di appartenenza a una ‘comunità’ di artisti e fruitori che traducono in musica estrema un’intera visione del mondo.
I The Gloomy Radiance Of The Moon ben rappresentano la profondità e i risvolti meno banali di questo attaccamento alla tradizione, che trova nel loro ultimo album, “As The Stars Shatter In Agony”, una nuova e interessante espressione.

Giunta al terzo full-length della sua breve quanto prolifica carriera, la one-man band olandese conferma la sua devozione per il black sinfonico dei gloriosi anni Novanta, quando gli Emperor pubblicavano “In The Nightside Eclipse” e i Limbonic Art “Moon In The Scorpio”: tastiere a profusione, atmosfere lugubri, voci affilate come rasoi e uno smaccato gusto per il barocchismo lo-fi.
Eppure, The Gloomy Radiance Of The Moon sfugge alla definizione riduttiva di ‘progetto-nostalgia’, dando piuttosto l’impressione di voler portare nel futuro la fiaccola di un certo modo di fare musica. L’obiettivo non sembra la contemplazione celebrativa (e un po’ stantia) di un passato ormai cristallizzato, ma piuttosto il mantenimento in vita di una creatura che ancora respira e si muove.

Questa impressione prende corpo più da un’attitudine percepita, che dall’effettivo contenuto dell’album: “As The Stars Shatter In Agony” è infatti un lavoro molto vicino, per stilemi e sound, alle band citate in precedenza. È soprattutto il tono gotico e orrorifico dei Limbonic Art, enfatizzato da synth retrò e suoni di campane, a riaffiorare con maggiore chiarezza (senza avanzare troppo nell’ascolto, “Where Serpents Slither Through Endless Night” e “Funeral March” sono sufficienti a farsi un’idea), arricchito da tastiere tridimensionali e linee vocali di particolare ferocia che guardano alla lezione di Ishahn.
Di tanto in tanto, si fa largo aperture epiche e melodiche, rivelatrici di influenze atmospheric: è il caso di “Throne Of Obsidian Flames” o di “The Fallen Light”, che a nostro parere contiene alcuni dei passaggi di tastiera più convincenti dell’intero platter.
Sempre “Throne Of Obsidian Flames”, insieme alla curiosa “Where The Pale Moon Hangs in Mourning”, aggiunge anche qualche sfumatura latamente neoclassica, retaggio di un black metal a tinte goth piuttosto in voga tra i Novanta e i primi Duemila.

Nel complesso, “As The Stars Shatter In Agony” appare come una sorta di esasperazione ispirata e passionale di tutti i canoni di un genere, piacevolissima se si è affezionati a un certo tipo di sonorità e di atmosfere.
Al contempo, l’album fatica un po’ a reggere il confronto coi suoi illustri numi tutelari, la cui forza risiedeva più nella creatività compositiva e nell’audacia degli arrangiamenti che nel ‘semplice’ spingere all’estremo i tratti distintivi del materiale. Non aiuta sicuramente, una certa monotonia dell’album, che affida la propria variabilità interna più ad espedienti occasionali (un certo suono di tastiera, la presenza di una voce femminile, la maggiore o minore presenza delle chitarre) che ad un songwriting realmente dinamico.
Nonostante questi limiti, se siete appassionati del symphonic black delle origini “As The Stars Shatter In Agony” è decisamente l’album che fa per voi.