La rinuncia di Musetti alla maglia azzurra non ha prodotto la grandinata di indignazioni che aveva suscitato, pochi giorni prima, l’analoga decisione di Jannik Sinner. Non solo quasi nessuno gli ha rinfacciato la residenza a Montecarlo, ma molti sono apparsi comprensivi nei confronti della sua scelta («è stanco», «gli sta per nascere un figlio»), facendo finta di non ricordare che anche i motivi addotti da Sinner erano strettamente personali. Certo, dal punto di vista tecnico, la mancanza del campionissimo pesa di più. Ma si potrebbe obiettare che proprio la sua assenza rende ancora più grave quella del nostro secondo miglior tennista: senza entrambi, difendere la Coppa Davis sarà un’utopia, o quantomeno un’impresa.

Allora da che cosa dipenderà questa marchiana differenza di trattamento? 



















































Credo dal fatto che Musetti si chiama Musetti e non Musetten. A un toscanaccio come lui nessuno chiede continuamente l’esame del sangue per certificare la sua italianità. Invece dall’altoatesino Sinner, come dall’afrodiscendente Egonu, si pretende ogni volta la prova d’amore. Tradotto: se Musetti rinuncia alla Nazionale è perché è stanco. Mentre se vi rinuncia Sinner è perché è straniero

Per sentirsi accettato come connazionale, a un italiano di confine o di seconda generazione non basta essere italiano. Deve dimostrare continuamente di esserlo. 

Eppure, l’Italia è stata fatta da un fuoriclasse che di cognome faceva Cavour, e che parlava, e addirittura pensava, in francese. 

Il Caffè di Gramellini vi aspetta qui, da martedì a sabato. Chi è abbonato al Corriere ha a disposizione anche «PrimaOra», la newsletter che permette di iniziare al meglio la giornata. Chi non è ancora abbonato può trovare qui le modalità per farlo e avere accesso a tutti i contenuti del sito, tutte le newsletter e i podcast, e all’archivio storico del giornale.

15 novembre 2025, 06:38 – modifica il 15 novembre 2025 | 09:09