di
Timothy Ormezzano

Adriano Panatta analizza il duello tra Sinner e Alcaraz, elogia la crescita mentale dell’azzurro e commenta con ironia la sua nuova sobrietà in campo: «Meno pugnetti, meglio così»

I pranzi al Pastificio Defilippis di via Lagrange, le cene da Casa Fiore in via della Rocca, le serate all’InalpiArena e le notti all’Hotel Majestic di corso Vittorio Emanuele II. Ecco la Torino ai tempi delle Nitto Atp Finals di Adriano Panatta, la grande celebrità della racchetta che in questi giorni sta prestando la sua voce alla Rai e le sue parole al Corriere della Sera. «Torino respira tennis. Ogni anno di più. Vedo una città completamente coinvolta dalle Finals, che continua a dimostrare l’impegno e la passione verso questo grande evento. Le strade sono piene di turisti, non soltanto le piazze auliche del centro. E tutti parlano di tennis», dice il primo italiano a qualificarsi agli allora Masters (1975) e a conquistare una prova del Grande Slam nell’era Open (il Roland Garros del 1976, anno in cui Panatta vinse anche gli Internazionali d’Italia).

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Sinner riuscirà a confermarsi Campione dei Campioni? Oppure questo è l’anno di Alcaraz?
«Difficile indicare chi è il favorito, per me sono alla pari. E per la concorrenza c’è ben poco da fare, il loro è un confronto a parte. Chi vuole partecipare alla disputa, è chiamato a compiere un’impresa enorme contro Jannik e Carlos. Penso che Sinner in campo sia semplicemente perfetto. E parlo anche dell’atteggiamento, non solo dei colpi che sfodera. Sono contento che abbia diminuito il numero di pugnetti, quell’esultanza a pugno chiuso dopo ogni punto. Lo trovo un fatto molto positivo».

Bolelli e Vavassori hanno vinto il loro girone e oggi giocano la semifinale nel doppio. Avere meno pressioni rispetto agli anni scorsi può essere un vantaggio?
«Non credo, parliamo di due tennisti di grande esperienza: avere o meno i favori del pronostico per loro non è un fatto così importante. Di certo, abbiamo un’ottima coppia su cui puntare. Ma il doppio spesso si gioca su uno o due colpi, può davvero succedere di tutto».

C’è qualcosa del tennis dei suoi tempi che oggi le manca? I gesti bianchi, la tecnica prima di tutto, il polso più dei muscoli….
«Al tennis moderno non manca davvero niente. Il mondo va avanti, anche quello dello sport. E non deve guardare troppo il passato».

Quali sono i punti di forza di Torino per tenersi stretto un grande evento come le Nitto Atp Finals?
«Penso che Torino e i torinesi stiano facendo tutto molto bene. Si dice sempre che i piemontesi siano molto riservati. Ma, ripeto, questa città sta vivendo a pieno le Finals. E non riesco proprio a trovare un aspetto negativo o comunque migliorabile».

I calciatori di Toro e Juve apprezzano proprio la riservatezza dei torinesi, che vivono e lasciano vivere anche i vip.
«Già, ma in questi giorni quell’aspetto tipico sabaudo si nota molto poco. Basta andare davanti all’hotel Principi di Piemonte per vedere gli assalti della folla di tifosi ai migliori tennisti del mondo».

Quali sono i suoi posti torinesi del cuore?
«Vado molto volentieri a pranzare al Pastificio Defilippis. E, con Paolo Bertolucci, a cena a Casa Fiore. Nel mio menu non possono mancare i piatti tipici locali: vitello tonnato, insalata russa, agnolotti del plin, brasato e carne cruda di Fassona. No, qui la carbonara non la ordinerei mai…».

Torino in tre parole?
«Organizzata, discreta, vivibile». 


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15 novembre 2025 ( modifica il 15 novembre 2025 | 18:47)