Uno dei grandi misteri – o forse scandali – del rock contemporaneo è l’assenza degli Iron Maiden dalla Rock & Roll Hall of Fame. Una mancanza che fa rumore, soprattutto se pensiamo all’enorme influenza che la band ha avuto non solo nel metal, ma nell’intera cultura musicale degli ultimi quarant’anni. Eppure, proprio nel cuore di quella leggenda, c’è un uomo che ha contribuito a scriverne alcune delle pagine più importanti: Adrian Smith.

Entrato stabilmente nella band poco prima delle registrazioni di Killers nel 1981, Smith ha attraversato i decenni incarnando un’idea di chitarrismo elegante, concreto, potente e fortemente orientato alla scrittura. Con una pausa tra il 1990 e il 1999, è ormai da 35 anni al fianco di Steve Harris & co. Ma, come spesso accade con i musicisti più profondi, non è solo nei Maiden che si gioca la sua storia: dal 2021, Adrian Smith è tornato a calcare le scene anche in veste solista, affiancato da un altro nome pesante della chitarra rock, Richie Kotzen.

Quando due chitarristi di razza si trovano nella stessa stanza, il risultato può essere imprevedibile. Ego, approcci diversi, linguaggi dissonanti… e invece Smith e Kotzen sono riusciti a creare una delle collaborazioni più ispirate dell’ultimo decennio. Uniti dalla passione per un rock venato di blues e alimentato da riff poderosi, i due hanno dato vita a un progetto che si è trasformato, contro ogni pronostico, in una vera e propria certezza. Dopo l’esordio omonimo del 2021, accolto con entusiasmo dalla critica, il duo è tornato con , uscito per BMG.

Adrian Smith è uno di quei musicisti per cui la forma della canzone è tutto. Il suo approccio parte sempre dal songwriting, non dall’idea di stupire o impressionare con la tecnica, è il brano a determinare il suono, l’energia, il tiro. Una filosofia “vecchio stampo”, che affonda le radici nel rock britannico degli anni ’70 e che ha trovato pieno compimento proprio durante il periodo di distacco dai Maiden. È lì che Smith ha riscoperto la propria voce artistica: fuori da schemi predefiniti, libero di inseguire melodie, atmosfere e parole.

Il terzo episodio di Note Sparse si concentra proprio su questo: il lato umano della musica, quella linea sottile che unisce biografia e ispirazione. Con Smith si parla di tecnologia, di social media (tema centrale in “White Noise”), del ruolo sempre più ambiguo della chitarra nella musica attuale, ma anche del passare del tempo e delle sfide di restare creativi dentro un mondo in continuo mutamento.

La chitarra elettrica – come già discusso anche con Yngwie Malmsteen nella scorsa puntata – ha avuto un ruolo fondamentale nel mutamento della società attraverso la musica. Ma oggi? Ha ancora senso parlarne come veicolo di cambiamento? Smith non ha dubbi: anche se il suo ruolo si è trasformato, la chitarra resta un pilastro, e pertanto riscoprirne il potenziale creativo, al di là delle mode e delle tendenze, è la chiave per mantenerla viva e rilevante.

Nell’intervista, Smith racconta anche delle difficoltà e delle sfide nel selezionare il materiale per un disco, del mettersi a nudo davanti alla band, del dover “farsi crescere la pelle dura” ogni volta che si porta una nuova idea sul tavolo. Sono momenti di verità, spesso invisibili al pubblico, ma centrali nella vita di ogni musicista.

Fuori e dentro i Maiden - Adrian Smith | Note Sparse EP03