
voto
7.5
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Quale mese è più doom metal di Novembre?
A sottolineare il connubio tra uno dei mesi più tremebondi dell’anno e certa musica tanto triste quanto tetragona ci pensa quest’anno “Latitudes Of Sorrow”, succulento split tra i nostrani Shores Of Null e i finlandesi Convocation, sotto l’egida attenta di Everlasting Spew.
Usiamo l’aggettivo ‘succulento’ non a caso, visto che per entrambe le band si tratta di nuova musica dopo qualche anno: due per i Convocation, il cui “No Dawn for the Caliginous Night” si era fatto apprezzare per soluzioni tanto pachidermiche quanto varie e vagamente psichedeliche; due, ma in realtà quasi cinque, per gli Shores Of Null, visto che il materiale contenuto in “The Loss Of Beauty”(2023) risulta scritto ancor prima dell’ottimo “Beyond the Shores (On Death and Dying)”(2020).
Il marchio di entrambe le band è solido e ben riconoscibile, e si apprezza come le due declinazioni diverse dello stesso genere non entrino in conflitto o in contrasto, anzi, trovano una inedita sintesi in “The Year Without Summer”, che porta la firma sì della formazione romana, ma con la voce soffocante e polverosa di MN dei Convocation a donare una sfumatura aspra e miasmatica alle aperture melodiche delle chitarre di Gabriele Giaccari e Raffaele Colace.
Le altre due canzoni degli Shores Of Null risultano in linea con il percorso costruito dalla band negli anni: musica plumbea, carica di quella malinconia dolente e desolata tanto cara a certa scuola nordeuropea (Saturnus su tutti), con i punti di luce nel già citato lavoro di chitarre e nel cantato pulito di Davide Straccione (si ascolti in merito il refrain di “An Easy Way, non a caso scelta come singolo) e quelli di confortevole crepuscolo nelle parti in cui la voce si sporca e la sezione ritmica della premiata ditta Cantiano/Capozucca si lancia in cavalcate tirate quasi in odore di black metal, come succede nella parte centrale di “The White Wound”.
Per quanto riguarda i due brani dei Convocation, invece – dal minutaggio più corposo, in piena tradizione del genere – ritroviamo certo doom abissale e ipogeo, qui più vicino alla tentacolarità spigolosa del death metal (alla Mortiferum, per capirci), ma con quella vena sperimentale capace di striare di onirica follia i brani, in un panorama ideale in cui le esperienze di Esoteric e Ahab si fondono: tale attitudine è particolarmente apprezzabile nei risvolti quasi orientaleggianti che punteggiano “Abbadon’s Shadow”, in cui ritroviamo la capacità di LL nel tessere un arazzo strumentale denso e stratificato senza mai perdere la bussola. Questa capacità garantisce varietà in un tipo di musica che ha nella monolicità di riff e pattern di batteria il proprio cuore pulsante: “Empty Room”, in chiusura, si dipana lentamente tra tutto questo e partiture d’organo o sintetizzatori, con un assolo dal vago afflato epico ad ornarne il corpo centrale.
In linea generale, lo split permette di testare lo stato di salute tanto delle band quanto di quella particolare porzione del genere in cui funeral doom e melodie si anneriscono o fanno sferzanti: non c’è da temere, in entrambi i casi i soggetti godono di ottima salute.
Quasi trentotto minuti di musica ci lasciano con una duplice sensazione: da una parte, lo split risulta comunque un lavoro completo, con un equilibrio generale delle due band coinvolte all’interno del lavoro, e siamo sicuri soggiornerà negli stereo degli adepti del genere con costanza; dall’altra, se “Latitudes Of Sorrow” è da considerarsi un preludio per nuove uscite di entrambi i gruppi, rimaniamo comunque moderatamente impazienti di foderarci le orecchie con due album completi.