“Caro Calcio, io ti saluto. Ho deciso di smettere”. È questo l’incipit della lunga lettera con la quale Mattia Caldara ha annunciato la volontà di metter fine alla sua carriera di calciatore, a soli 31 anni. Attualmente in forza al Modena, in Serie B, Caldara ha vestito anche le maglie di Atalanta e Milan, ma ha avuto una carriera tormentata dagli infortuni. “Tutto è nato a luglio dopo una visita da uno specialista: ‘Mattia non hai più la cartilagine della caviglia. Se continui tra qualche anno dovremo metterti una protesi’. Il mio corpo mi aveva tradito in modo definitivo”, spiega l’ex difensore nella lunga lettera inviata a gianlucadimarzio.com.
“Ho deciso di lasciare per riprendere in mano la mia vita”
Caldara ripercorre le tappe principali della propria carriera e ricorda gli infortuni subiti, in particolare il primo al ginocchio: “Ricordo ancora il primo passo dopo il contrasto: ho sentito la terra cedere sotto il mio piede. Sono crollato. Prima fisicamente, poi mentalmente. Ero nel punto più alto della mia carriera, poi in pochi secondi è cambiato tutto. Con il tempo sono stato meglio, ma non sono mai stato bene. Mai più. Non sono più riuscito a tornare a essere quel Caldara. Ci ho provato, ma non era più possibile”. “Questa rincorsa a un’illusione mi ha logorato”, spiega ancora. “Vedete, a volte il tentativo di raggiungere un’utopia può aiutare a camminare. Nel mio caso, invece, mi ha distrutto. Le aspettative mie e degli altri, sperare in qualcosa di impossibile, senso frustrazione: era troppo per la mia testa, non ero pronto. Non sono stato bene. Non ero più me stesso, neanche con le persone che amavo. Non riuscivo più a camminare per strada a testa alta. Tristezza, frustrazione, buio. Non so se si chiami depressione. So, però, cos’ho provato. Ho deciso di lasciare andare. Non per dimenticare. Ho deciso di lasciare andare per riprendere in mano la mia vita”. Poi la chiusura con un saluto: “Ciao calcio, sono pronto a salutarti. L’ho fatto. Mi sento più leggero. Mi sento libero di essere me stesso, finalmente”. “Ripongo questa penna sul tavolo”, conclude Caldara. “Mi posso alzare da questa sedia e iniziare a camminare”.