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Gaia Piccardi, inviata a Torino

Jannik e Carlos sono i Big Two che paragoniamo costantemente agli Immortali. Nel gioco delle parti stasera tocca all’azzurro riprendere in mano l’inerzia della rivalità dopo l’Open Usa. E Milano studia il passaggio di consegne del torneo

La strada per entrare nella testa della propria nemesi a volte passa da pertugi imperscrutabili. Jannik Sinner si è messo a studiare spagnolo. Non tutti i giorni, non con un professore: frequenta Duolingo, piattaforma online, e qui a Torino si è lanciato — tra facce buffe e sudori freddi — nelle prime interviste nella lingua di Alcaraz. Ancora tu, Carlitos? Per la prima volta tre finali Slam e il Master hanno per protagonisti gli stessi due tennisti, quei due, i Big Two che paragoniamo di continuo agli Immortali. Una circostanza che spiega meglio di qualsiasi statistica — 16° confronto diretto a livello Atp, sesto stagionale — l’ombra lunga dei predestinati sul circuito.

Sinner-Alcaraz, Torino ha la finale che sognava

Loro in vetta, alternandosi al comando. Il terzo del ranking, Zverev, oggi è staccato di oltre 6 mila punti; il quarto è un dinosauro, Djokovic, sopravvissuto alla pioggia di meteoriti. Sinner e Alcaraz sono gli unici abitanti di una galassia lontana, dove la rarefazione dell’ossigeno impedisce qualsiasi insediamento terrestre. Alieni sul pianeta tennis, dominatori dall’Australia (S) a New York (A), passando da Parigi (A) e Londra (S). Tutto il resto è noia. Torino ha la finale che sognava. L’impazzimento in città (alberghi sold out, biglietti alle stelle) sarà argomento nella negoziazione di un trasferimento a Milano, dal 2028, che appare necessario: l’indotto generato dalla premiata ditta Sinner&Alcaraz ha bisogno di espandersi, i circa 50 mila posti in più della nuova arena a Santa Giulia (3 mila biglietti per due sessioni al giorno per otto giorni), quasi completata per l’Olimpiade, fanno gola all’Atp, proprietaria del torneo, e alla Federtennis, che lo organizza. L’inseguimento tra Jannik e Carlitos fa intravedere dieci anni di duopolio, nel gioco delle parti stasera tocca all’azzurro riprendere in mano l’inerzia della rivalità dopo l’Open Usa: nel 2025 Spagna-Italia 4-1 (purtroppo la gita a Riad per fare il bancomat a Six Kings non conta).



















































Jannik allarga il portfolio degli idiomi, Carlos ha fatto la patente («All’esame ero così teso che non ho messo la freccia prima di accostare»); è arrivata mamma Alcaraz ma non la signora Siglinde: «C’è qui mio fratello Mark — ha detto ieri il campione in carica con spirito —, mamma e papà non credo che verranno. Hanno un po’ di cose da fare a casa, evidentemente più importanti…». Il box Italy è illuminato da Laila, il profilo di fidanzata ufficiale che Alcaraz non ha ancora sdoganato. Eppure sul fatto che ci sia vita oltre il tennis, Carlitos ha idee chiarissime: «La mia paura più grande? Rimanere incastrato in un loop, in un’esistenza nella quale faccio cose che non voglio fare». Il suo sfogo si chiama Ibiza, però ancora una volta ha ceduto al fascino dei soldi facili dell’esibizione: da domani Jannik andrà in vacanza, poi dritto in ritiro per edificare le fondamenta della stagione 2026, l’anno della riconquista del n.1; Carlos, invece, il 7-8 dicembre sarà negli Usa (con Tiafoe e Fonseca), sbagliatissimo. Quest’anno ha vinto otto tornei. Poteva andare meglio, gli hanno chiesto i colleghi spagnoli ai quali si concede, ehm, quotidianamente. «Certo — ha risposto —, andrà meglio se chiuderò a dieci vincendo Finals e Davis».

Il veloce indoor è Haus Sinner. In semifinale con il povero De Minaur, 13ª sconfitta in 13 incroci, è stato spietato. Nel primo set l’australiano ha eretto un catenaccio trapattoniano, correndo come una lepre per sfuggire al cacciatore, che l’ha impallinato non prima di aver sprecato dieci palle break e averne offerte quattro. È un Sinner generoso, qui alle Finals, decima finale (5 titoli), abile a ripianare ogni grinza del velluto granata con il servizio, salito a livelli d’eccellenza: 39 turni tenuti nel torneo, zero palle break concesse in quattro match. L’ultimo a portargli via un set a Torino è stato Djokovic nel 2023, prima nel girone e poi in finale, quell’arco spaziotemporale nel quale Sinner ha ribaltato il suo destino, decollando per l’iperuranio e spalancando la vecchiaia sotto le suole del Djoker, da allora sempre ko.

Non stupiamoci se, durante la finale con Alcaraz — che ha passeggiato con Auger-Aliassime nuovo n.5 Atp («Domenica mi aspetto 3 o 4 persone che tifano per me!») e tirato un dritto a 178 km all’ora — , Jannik seppellirà la testa sotto l’asciugamano al cambio di campo («Lo faccio per cercare la concentrazione»), comincerà a fare il pugno verso i coach dal primo quindici e chiederà al servizio la miglior performance della settimana. In palio alle Finals non c’è più il ranking, ma molto di più. La firma in calce alla stagione, l’ultimo ricordo da portarsi nell’annuo nuovo. E da cui ricominciare.

16 novembre 2025 ( modifica il 16 novembre 2025 | 07:04)