Ligabue guarda Jannik, ed è dura che per lui s’immagini una “vita da mediano”. Ma se in realtà del bomber Sinner ha fama e risultati che fanno concorrenza al calcio, dietro c’è il lavoro di “giocare generoso”, proprio come canta il rocker reggiano. Inseguendo la vittoria, oltre il numero 1 del mondo, conta sempre e solo il successo, in questo caso il titolo di ’maestro’. Oggi in palio contro Alcaraz (alle 18, con dirette su Rai 2 e Sky) c’è una tempesta di record: Jannik proverà a far 31, non solo un detto, ma il numero di vittorie consecutive indoor sul veloce (non perde dalla partita delle Finals di 2 anni con Djokovic). Lui che ha piantato un’altra bandierina nel monte degli dei quest’anno: tutte le finali Slam più quella del master, roba che era riuscita solamente a Roger Federer (2006, 2007) e a Novak Djokovic (2015, 2023). Ma a muovere l’altoatesino è la voglia di rivincita sulla sua nemesi perfetta, il ragazzo che gli ha appena strappato il trono del tennis e quest’anno gli ha inflitto le dolorose sconfitte a Roland Garros e Us Open. Non sarà facile contro Carlos Alcaraz (“con Jannik dovrò fare una grande partita”), che ieri si è liberato 6-2, 6-4 senza troppa fatica di Auger-Aliassime.

Sinner punta la storica doppietta alla terza finale di fila a Torino, nell’anno delle fatiche e della sospensione per il caso Clostebol. Jannik ha surfato sulle difficoltà, proprio come ha detto ieri un suo tifoso speciale, Luciano Ligabue: “Al di là del giocatore, di lui mi colpisce la capacità di gestire le pressioni, sa reggere anche le tempeste mediatiche e io lo ammiro molto per questo”. E ancora: “Ero a Wimbledon e mentre ero lì pensavo a questo ragazzo di 23 anni che lì era esposto davanti a tutto il mondo, sotto la pressione di un evento che poteva essere storico per lo sport italiano, ma soprattutto per lui che stava vivendo il sogno di ogni bambino che gioca a tennis”.

Il punto più alto della stagione, toccato sui campi di Church Road. Poi la delusione degli Us Open contro Carlitos e la promessa di dare una svolta al suo gioco, per togliere una fetta ad Alcaraz di quel mondo del tennis che in due stanno divorando. Ma, come dice l’azzurro, “ogni incontro è diverso. Lo abbiamo visto a Roma e a Parigi, anche se la superficie è la stessa, la partita puo’ cambiare. Sono ovviamente felice prima di tutto di aver concluso la mia stagione qui, un’altra finale, è stato un anno fantastico per me. Queste sono partite che aspetto con ansia. Anche per vedere a che livello sono realmente” dice l’azzurro, che a Torino si è portato ’solo’ la fidanzata Laila e il fratello Mark: “Mamma e papà non credo vengano, hanno cose da fare a casa. Evidentemente sono più importanti”, chiude sorridendo.

Trenta vittorie di fila indoor dicevamo, senza perdere nemmeno un set. Un cammino perfetto confermato ieri in un match non semplice contro Alex De Minaur. Il volenteroso australiano ha trascinato un Sinner imperfetto fino al 7-5 del primo set. Bravo Jannik a togliersi d’impaccio con il servizio, trovando il break all’ottavo tentativo e la zampata finale. Il resto è il racconto di una partita in discesa, con l’azzurro implacabile nei numeri: prime al 75%, otto ace e quattro palle break salvate su quattro. Ad aiutarlo è proprio il veloce al coperto: “Mi trovo bene sui campi in cemento al coperto – spiega –. Continuo a pensare che Vienna, Parigi e qui siano tre scenari diversi. Allo stesso tempo non devi fare i conti con il vento o il sole e molte altre cose. Mi sento semplicemente molto a mio agio – prosegue – allo stesso tempo, forse, questa è la superficie che meglio si adatta al mio gioco, perché sono un giocatore piuttosto piatto e ho un gioco ritmico, che mi dà la sicurezza necessaria per continuare a cercare i colpi”.