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Silvia M.C.Senette

Niederkofler è l’avvocato di parte civile nel procedimento contro il presunto pusher del 28enne di Brunico, padre di due bambine, stroncato nel settembre 2024 dalla prima overdose accertata in Italia della nuova droga

«Una dose minima può uccidere». Il legale altoatesino Hannes Niederkofler è l’avvocato di parte civile — la compagna e i genitori — nel procedimento contro il presunto pusher del 28enne di Brunico, padre di due bambine, stroncato nel settembre 2024 dalla prima overdose accertata in Italia da nitazeni, oppioidi sintetici cento volte più potenti del Fentanyl. La notizia è di fine ottobre: dopo un anno di incertezze sulla causa del decesso, l’arresto di un 30enne pusterese ha squarciato il velo del silenzio, consegnando alla famiglia una verità atroce. Il legale, pur con il riserbo dovuto alla fase d’indagine, anticipa la complessa «avventura giuridica» che lo attende per avere giustizia.

Avvocato, cosa può dirci sull’inchiesta?
«È un fascicolo unico in Italia. L’arrestato, un giovane di Brunico come la vittima, è in carcere con l’accusa di aver cagionato la morte come conseguenza di altro delitto: lo spaccio. Sappiamo con certezza che i due si conoscevano, ma la natura e la durata del loro rapporto è uno dei nodi che le indagini dovranno chiarire».



















































Perché ci è voluto più di un anno per risalire alla causa del decesso?
«Trattandosi della prima vittima di una sostanza sconosciuta e difficile da accertare, è stato necessario un lavoro scientifico molto accurato dal punto di vista tossicologico e chimico per identificare i nitazeni nel sangue».

I nitazeni sono una sostanza di «nuova generazione». Da dove provenivano?
«Potevano essere ordinati molto semplicemente online, non era necessario accedere al dark web, e arrivavano spediti in buste anonime. L’acquisto sarebbe avvenuto dai Paesi Bassi o dal Belgio. Queste nuove sostanze chimiche sono sintetizzate in laboratorio e tecnicamente sono dichiarate come farmaco».

È lecito attendersi una sentenza di condanna?
«Sì, è un esito che rientra nel quadro legale italiano. La questione centrale sarà, tuttavia, più scientifica che giuridica. I consulenti e i periti dovranno accertare in modo inequivocabile il nesso causale tra l’assunzione della sostanza spacciata e il decesso».

L’imputato potrà sostenere di non essere stato a conoscenza della letalità dei nitazeni?
«Non credo che potrà avvalersi di questa difesa. Chi acquista e rivende una sostanza di tale natura avrà certamente letto in precedenza qualcosa su internet per conoscerne gli effetti, non penso sia stata un’idea improvvisa. Allo stesso modo, non sappiamo se la vittima fosse consapevole di cosa stesse assumendo, se l’avesse richiesta o se gli fosse stata proposta. Che io sappia, non aveva precedenti di dipendenze».

Quali sono gli aspetti più insidiosi di queste sostanze?
«Hanno effetti devastanti. Il decesso è avvenuto per collasso del sistema cardiocircolatorio e arresto dell’apparato respiratorio. Questo ci fa supporre che non sia una droga eccitante, ma piuttosto sedativa, che intontisce. È cento volte più forte del Fentanyl e la quantità letale è infinitesimale: lo dicono chiaramente i dati scientifici forniti dal Ministero, basta “un granello di sabbia” di dose pura per uccidere».

Come sta affrontando tutto questo la famiglia?
«È stato un sollievo immenso capire finalmente cosa sia successo: per un anno la causa del decesso è rimasta un grande punto interrogativo. Il dramma resta, ma si è chiusa l’angoscia del non sapere».

16 novembre 2025 ( modifica il 16 novembre 2025 | 09:51)