di
Gabriele Fusar Poli

Roberto De Vogli: prove documentate di questa catastrofe. Gli accademici rispondono: alziamo la voce

«È ora di rompere il silenzio». Parte da Padova l’appello mondiale rivolto alle istituzioni e alle associazioni professionali e accademiche nei settori dell’assistenza sanitaria, della sanità pubblica e delle scienze sociali, a cui viene chiesto in maniera formale di riconoscere pubblicamente il genocidio a Gaza e di rivedere quindi le loro posizioni ufficiali. A lanciarlo è il professore Roberto De Vogli del Dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’ateneo patavino, che ha redatto insieme a tre colleghi (il riminese Jonathan Montopoli nonché Ghassan Abu-Sittah e Ilan Pappè, rispettivamente delle Università di Glasgow ed Exeter, nel Regno Unito) una lettera aperta pubblicata su «The Lancet», la più prestigiosa rivista scientifica al mondo.
 
Un’iniziativa che ha già consentito di raccogliere 3.700 firme – circa il 10% delle quali in Veneto – tra giuristi, epidemiologi e accademici ma anche semplici cittadini. Il tutto con il professor De Vogli (che fa parte anche del Centro Diritti Umani dell’Università di Padova) che sottolinea come ci siano «prove sostanziali e ben documentate che indicano una catastrofica emergenza sanitaria a Gaza. Soprattutto i giovani palestinesi sono stati colpiti in modo sproporzionato: dal 7 ottobre 2023 a Gaza, che già possiede il più alto numero di bambini con amputazioni pro capite al mondo, si sono verificate più morti infantili di qualsiasi altra zona di conflitto. 

Negli ultimi 19 mesi, inoltre, ci sono stati 720 attacchi documentati contro obiettivi sanitari, tra cui 34 ospedali e 186 ambulanze. Non solo: a Gaza è stato registrato il computo più alto di vittime tra gli operatori sanitari (oltre 1.400 morti), personale delle Nazioni Unite (295) e giornalisti (212), e come se non bastasse la fame viene utilizzata ripetutamente e senza sosta come arma di guerra». C’è poi un dato pressoché inedito che fa ulteriormente rabbrividire: «Nel solo 2024 – evidenzia De Vogli – l’aspettativa di vita alla nascita in Palestina è diminuita di circa 35 anni: ciò rappresenta un crollo della longevità maggiore di quello registrato durante il genocidio in Ruanda, dove l’aspettativa di vita alla nascita è scesa dai 42,9 anni nel 1993 ai 12,2 anni nel 1994».



















































Il riconoscimento pubblico del genocidio, la richiesta di un immediato intervento internazionale per un cessate il fuoco permanente e un accesso umanitario sono solo alcuni dei punti salienti contenuti nella lettera aperta, che si conclude con parole tutt’altro che fraintendibili: «Il genocidio a Gaza è una prova etica decisiva per la comunità sanitaria globale, gli scienziati sociali e le associazioni accademiche. Come studiosi e professionisti della salute ci troviamo di fronte a una scelta difficile: o difendiamo la nostra responsabilità etica collettiva e alziamo la voce per prevenire ulteriori violenze di massa e fame, oppure saremo ricordati per il nostro silenzio e la nostra inazione durante uno dei momenti morali più urgenti». Non è la prima iniziativa che interessa Padova: a inizio mese il Bo ha infatti approvato una mozione in cui condanna il perpetuarsi dell’azione militare condotta dallo Stato di Israele a Gaza denunciando la gravissima emergenza umanitaria impegnandosi nel contempo a non intraprendere nuovi accordi istituzionali e a non rinnovare quelli in essere con le istituzioni e gli enti israeliani che contribuiscono al prosieguo delle gravissime violazioni in atto.


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31 luglio 2025